Non ci resta che la “finanza creativa”

Di Lalla
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Pasquale Almirante – In una scuola del bergamasco, il preside, vedendo che coi fondi a sua disposizione mandati dal Miur non riusciva nemmeno a comprare gli spilli per le cucitrici o il toner per le stampanti, ha pensato bene di promuovere una lotteria fra le famiglie dei suoi alunni e gli abitanti del paese. E così ha chiesto ad alcune aziende del territorio e a dei negozi particolarmente generosi di dargli dei prodotti, raccogliendone in tutto 23 di varia natura e foggia. Fatto questo ha avviato la lotteria.

Pasquale Almirante – In una scuola del bergamasco, il preside, vedendo che coi fondi a sua disposizione mandati dal Miur non riusciva nemmeno a comprare gli spilli per le cucitrici o il toner per le stampanti, ha pensato bene di promuovere una lotteria fra le famiglie dei suoi alunni e gli abitanti del paese. E così ha chiesto ad alcune aziende del territorio e a dei negozi particolarmente generosi di dargli dei prodotti, raccogliendone in tutto 23 di varia natura e foggia. Fatto questo ha avviato la lotteria.

Qualche paio di euro il costo del biglietto e poi ha sguinzagliato ragazzi, comprese mamme un po’ più disinvolte, e professori un po’ dovunque, ma raccogliendo alla fine ben 9mila euro, tutti a disposizione della sua scuola per comprare il necessario di cancelleria e pure per pagare qualche ora a dei supplenti.

La ministra della istruzione, Mariastella Gelmini, non pare si sia pronunciata su questo fatto specifico, ma ha fatto dichiarazioni in merito alle tasse che le scuole fanno pagare alle famiglie per mandare avanti la baracca. La scuola pubblica è del tutto gratuita e i presidi non possono imporre balzelli, ha dichiarato.

E poi ha pure aggiunto che avrebbe stanziato 10milioni di euro per le loro necessità: zitti tutti e mosca, era il commento che faceva fra le righe delle dichiarazioni. Per chi ha pensieri di diversa sopravvivenza saranno sembrate parole sagge e opportune, però a guadare bene i numeri c’è un grumo inestricabile di contraddizioni e pure di poca conoscenza del dicastero che lei stessa dirige. 10 milioni di euro per le scuole italiane significano solo 1.000 euro per istituzione e che praticamente equivalgono a un pugno di penne, a delle risme di carta e a qualche matita. Una inezia per scuole dove ci sono anche 7/8 cento alunni, una trentina di personale Ata (applicati e bidelli) e oltre qualche centinaio di insegnanti.

E come se non bastasse tanta presuntuosa generosità, ha pure inveito contro i dirigenti che impongono tasse alle famiglie all’atto della iscrizione, anche perché non possono farlo. Applausi per questa nobile uscita a favore del popolo indigente? Neanche per sogno, perché le scuole, con la legge del 1999, in piena autonomia didattica e amministrativa, possono benissimo stabilire di fare pagare dei servizi ai loro iscritti, come appunto la cancelleria o altro, benché giustamente è poco grazioso, visto l’obbligo di istruzione e vista la norma della costituzione del diritto dovere alla cultura di ogni cittadino.

Ciò che però depone a sfavore della Gelmini è, sia questa assoluta sconoscenza della norma di legge sulla autonomia, e sia lo stillicidio goccioloso di soldi per le scuole. Dovrebbe dunque mettersi d’accordo con sé stessa: o manda più finanziamenti, rendendosi conto di ciò che dice sugli insignificanti 10 milioni di euro stanziati dal suo ministero, oppure prima di accusare i presidi di fare pagare troppe tasse si informa bene sulle leggi dello Stato che lei rappresenta.

La ministra in ogni caso non ha fatto nessuna delle due cose. Ma soprattutto non ha chiesto nemmeno scusa (e neanche ci pensa a farlo) per i disagi che sta provocando in tutta Italia coi tagli imposto dal suo collega al Tesoro, Tremonti. Se infatti da quasi ogni angolo della Nazione si leva il grido di dolore della povertà scolastica, significa che qualche problema c’è e non si può dare sempre la colpa al “68, ai docenti politicizzati, ai presidi fannulloni, agli sprechi, a chi rema contro. Il malessere finanziario esiste ed è drammaticamente reale se sta diventando difficile organizzare perfino la didattica e l’insegnamento quotidiano.

E per questo ci aspettiamo, giorno dopo giorno, che vada in Tv e chieda scusa alle istituzioni scolastiche e alle famiglie (ai professori ne può pure fare a meno) per i forzosi tagli, per il licenziamenti (precari e no con la nuova riforma e Ata), per le classi sovraffollate, per l’edilizia carente e fatiscente. Hanno del paradossale le parole di perenne accusa, mentre le responsabilità, come si vede, partono sempre dall’alto. Ma sa la ministra, per esempio, che quando qualche docente si assenta, per mancanza di supplenti (che non si possono pagare) i ragazzi vengono distribuiti fra le classi? Tre quattro ad aula e il problema si risolve, ma non la didattica, né la disciplina, né l’immagine della scuola. E ha pure saputo che mancano i soldi per i corsi di recupero e i presidi sono costretti a chiedere un contributo alle famiglie? E’ sempre meno di ciò che darebbero per le ripetizioni private, ma l’esborso è sostanzioso, anche se l’industria delle lezioni private ha ripreso quota e le cifre lievitano sensibilmente.

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