No smartphone in classe, ma è una visione arretrata

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Gianfranco Scialpi – No allo smartphone, è parte di un problema più ampio che coinvolge un ruolo più attivo della scuola. Mi riferisco alla gestione formale delle informazioni nel Web. Tante, troppe!  Il futuro si gioca su chi riuscirà a produrle dal basso e a presentarle formalmente corrette.

No smartphone a scuola, un intervento inutile del Ministro

Si legge su OrizzonteScuola.it ” Il Ministro Bussetti è ritornato sul tema dell’utilizzo dei cellulari a scuola. Il titolare del Miur ha affermato che è giusto portare i cellulari a scuola ma non usarli. I telefoni devono stare spenti nello zaino.

Il Ministro Bussetti non dice nulla di nuovo. L’indicazione conferma il Decreto Fioroni del 2007 che allora vietava l’uso dei cellulari (la diffusione degli smartphone parte dal 2012).

La dichiarazione del Ministro conferma la distanza tra l’operato delle scuole e la percezione degli esponenti politici e tecnici. L’impressione è uno scollamento tra il vertice e la base, che si declina nella lezioncina che il Ministro di turno, gli esperti impartiscono  alle scuole arretrate. Non è così.

Molti istituti sono avanti e hanno sperimentato modalità di intervento condivise. E’ il caso dell’esperienza dei referenti per il contrasto al cyberbullismo.

La centralità dell’informazione nel Web

Qui però intendo riflettere sull’informazione presente nel Web, quella gestita dall’altra faccia della medaglia che accompagna il divieto degli smartphone. Mi riferisco all’uso didattico degli strumenti.

Non è errato affermare che il Web è informazione. Tanta, troppa, condizionante e sempre più punto di riferimento per quella proposta dai massmedia tradizionali (televisione, radio, giornali cartacei). Grazie all’avvento della tecnologia 2.0 questa è condivisa, integrata, rielaborata e rilanciata nel mondo virtuale.

Anche nel Web vale il primo assioma della comunicazione:  ” Non si può non comunicare” Questa avviene con un “Mi piace”, con una faccina, un turpiloquio, un commento, una riflessione, un video, una foto, un’attività illegale… L’unica differenza è il ruolo prevalente dell’impressione che contribuisce alla formazione dell’identità e alla reputazione online   E questo è dovuto in tantissimi casi  alla parziale presenza del corpo (toni, inflessioni, sguardi, prossimità…).

Sempre più proiettati fuori dal mondo reale

Tutto questo sta modificando il rapporto con il reale, tanto da far dire al filosofo Floridi che il confine tra il reale il virtuale è superato, favorendo una nuova percezione del Sè comunicativo e relazionale. La dimensione onlife non si riduce a un’operazione di contrazione di spazi, ma come afferma Francesco Morace li riconfigura, li riorganizza in modalità imprevedibili. Il risultato è  l’espansione ad elastico dello  spazio vitale.

In questi giorni è uscito un interessante lavoro di Alessandro Nardone, preceduto da questa efficace presentazione che chiarisce meglio il processo descritto da L. Floridi ” Qualche anno fa internet era una distrazione dal mondo reale. Oggi il mondo reale è una distrazione da Internet”

La gestione formale dell’informazione, una nuova sfida per la scuola

Il sistema formativo non può ignorare questo sviluppo che diverrà sempre più rapido. E’ già una realtà il conflitto tra gli Spettautori (G. Riva), e i nuovi loro referenti: i colossi del Web. Difficile ora ipotizzare lo scenario conclusivo. Sicuramente sarà significativamente diverso da quello attuale.
Ampi sono gli spazi di intervento della scuola. Qui mi limito a integrare quanto scritto in un precedente intervento. In altri termini mi soffermerò sulla confezione che si declina nella forma scritta.

Il detto “la parola ci rappresenta” vale ancora di più nel Web. La forma scritta diventa la carta d’identità virtuale, definita dalle impressioni e sensazioni che ricevono i lettori, quasi tutti sconosciuti dall’autore. Questo comporta una maggiore attenzione verso la forma, scegliendo la più efficace per veicolare i contenuti in relazione al contesto comunicativo. E’ preferibile la sintesi formale e concettuale, evitando possibilmente termini ed espressioni inglesi utilizzati spesso per non farsi capire.  Tutto questo, e non è poco, richiede almeno due controlli. E nonostante questi, qualcosa sfugge sempre! Non abusare, inoltre delle faccine e non limitarsi ai semplici “Mi piace”. All”autore piace anche un breve commento.

In alcuni casi è opportuno sfruttare il potenziale comunicativo delle immagini o dei video, come nel caso di Facebook. Meglio se si utilizzano brevi testi (100 caratteri). L’abbinamento rende più efficace la comunicazione.

Concludendo, l’avvento del Web 2.0 implica un’immutata attenzione verso gli aspetti formali, che hanno il difficile compito di creare una sintonia tra l’autore e i tanti lettori. E questo solo l’istituzione scolastica può farlo. Compito non facile, ma non impossibile!

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