No ai pantaloncini corti a scuola d’estate, perché? Lettera

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Inviato da Marco Mazzotti – Ho letto l’articolo “Pantaloncini corti vietati a studenti e docenti, succede nel trevigiano. Dirigente detta dress code https://www.orizzontescuola.it/?p=196598” e sinceramente non riesco a trovare la parola più adatta per definire questa singolare decisione.

Credo che siamo molto lontani dal muoverci nella corretta direzione nel mondo della scuola italiana e penso che non dovremmo investire tempo a scrivere circolari che vietano di portare i pantaloncini corti a scuola, che, se non mettono in mostra nudità o non sono la causa di atti osceni, non offendono e non mancano di rispetto a nessuno, particolarmente in estate col caldo torrido. In Australia il pantaloncino corto non è considerato una mancanza di rispetto e dato che anche gli australiani mangiano bevono, dormono e vanno in bagno come noi, ciò potrebbe valere anche per noi. A nulla varrebbe trincerarsi dietro a risposte del tipo: “eh ma è una questione di cultura, per la nostra cultura è così!” perché non sarebbe proprio per niente una risposta saggia. Sarebbe del tutto dimentica del fatto che ogni singolo secondo della nostra vita quando parliamo l’itanglese, come purtroppo succede anche a scuola, combiniamo danni sociologici irreparabili vedi: file:///C:/Users/Utente/Downloads/il-problema-itanglish-58d39fc4b1c6116389b76cc4.pdf – https://www.youtube.com/watch?v=GfRaLCs5Ylg e finora non si è sentito che nessuna scuola si sia erta a baluardo della difesa della tanto abusata lingua italiana. Anzi regolarmente a lezione, perlomeno nell’esperienza personale di un decennio, si parla l’itanglese, le circolari ministeriali e di istituto, sono redatte in tal inesistente idioma, ci sono state tracce di temi di italiano all’esame del V anno di scuola secondaria di II grado scritte in itanglish, se si chiede a un ragazzo cosa sia un panfilo probabilmente non lo sa, se si chiede cosa sia un calcolatore non lo sa, se si chiede cosa sia una svizzera non lo sa, eppure è italiano…

A mio avviso piuttosto che preoccuparsi di una trivialità quale “no pantaloncini corti a scuola”, sarebbe più importante utilizzare le proprie risorse ed energie per porsi un quesito sulla base della sottostante frase tratta da un articolo redatto dalla parte scrivente e poi lavorare al fine di risolvere il problema che esso analizza, ossia ma se la pedagogia montessoriana (che non è poi troppo distante dai concetti pedagogici steineriani e di Pestalozzi) applica nella realtà concetti importanti della pedagogia, che è la disciplina che indaga come apprende l’uomo nelle sue varie fasi della vita, perché non potremmo farlo anche noi, visto che la pedagogia non è riservata solo a Montessori, Steiner o Pestalozzi?

“Fondamentalmente, la pedagogia montessoriana applica concretamente e realmente i numerosi concetti pedagogici generali che mettono lo studente veramente al centro del suo percorso di studio, un po’ come dice l’esimio psicologo e filosofo Umberto Galimberti: creano una scuola “erotica” intesa nel senso di istituzione che stimola le pulsioni umane dell’amore, in questo caso per la conoscenza.”

Tutto sommato si tratterebbe solo di cambiare metodo di lavoro. Se ciò porta al miglioramento perché non farlo? Non si dice: “E’ del saggio cambiar parere?” A maggior ragione cambiar metodo allora…

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