Nelle classi si capisce che i bambini hanno bisogno di amore, e non sempre la “famiglia normale” lo dà. Lettera

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Cristina Fontana,  docente di Scuola Primaria – “Caro ministro Fontana, che per fortuna non è parente mio, è un po’ che volevo scrivere queste riflessioni ma il tempo lo trovo soltanto ora.

Vede, lei insiste nel sostenere che i bambini hanno bisogno di una mamma ed un papà, considerazione legittima per carità, siamo in una democrazia ed il libero pensiero una grande conquista.

Ma mi permetta di ritenerla spiccia, banale e fuori tempo. Io la vorrei invitare, perché è evidente che non c’è mai stato, in una di quelle classi che io definisco importanti.

Ci venga un giorno, se ne stia mezza giornata, o se preferisce una settimana, un mese. Le garantisco, che quando se ne sarà andato, ne uscirà con un’opinione diversa, se non altro ridimensionata.

E capirà che quello di cui i bambini hanno bisogno è amore, solo ed esclusivamente amore. Un sentimento che include tutti quei gesti e quelle attenzioni di cui spesso, noi adulti, non siamo più capaci: affetto, abbracci, carezze, cura, considerazione, ascolto, presenza.

I bambini hanno bisogno di una famiglia che li ami, serve questo non due figure dal sesso ben distinto. Hanno bisogno di figure che sappiano farli sentire importanti, che sappiano farli crescere senza caricarli di responsabilità non loro, che sappiano comprendere che ci sono problemi di cui i loro figli non vanno investiti. I bambini hanno bisogno di fare i bambini, di spensieratezza, che purtroppo spesso non hanno, hanno bisogno di regole da rispettare, hanno bisogno di un’educazione che insegni loro il confine tra ciò che è bene e ciò che è male.

Si faccia un giro, caro ministro, in una di queste classi che io chiamo “importanti” e capirà che non sempre i bambini sereni hanno un papà ed una mamma. Semplicemente hanno una famiglia che dà loro tutto ciò che ho menzionato sopra, magari con enormi sacrifici e non poche difficoltà.

Se lo faccia un giro caro ministro, venga! Le porte delle scuole sono sempre aperte, così potrà capire anche lei come quella del “papà e della mamma” non sia una verità assoluta, piuttosto l’idea di chi crede che i bambini siano oggetti su cui fare speculazioni da quattro soldi, di chi pensa che i figli siano trofei da esibire, “roba nostra” a cui appiccicare un’etichetta, specie protette da preservare a cui insegnare il bianco e il nero e non le sfumature ed i colori, personalità vuote senza anima e cuore.

Venga ministro, e capirà che ciò di cui spesso raccontano i bambini sono carezze che non vengono loro date, è tempo che non viene loro regalato, sono problemi che non vorrebbero ascoltare, sono drammi a cui non vorrebbero assistere. Sono vite da grandi che non vorrebbero vivere, perché il diritto ad essere bambini viene loro negato. Non succede lontano da lei ministro, succede in Italia. Succede, il più delle volte, in quelle che lei definisce “famiglie normali”.

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