Nativi digitali, analfabeti informatici ma social dipendenti. Lettera

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Inviato da Maria Papagni – Gentilissimo ministro dell’Istruzione, 
sono un’insegnante di lettere della scuola secondaria di primo grado, animatrice digitale, formatrice e responsabile dei laboratori di informatica.

Ho pensato di scriverle questa lettera aperta per esporle alcune mie riflessioni sui così-detti nativi digitali.

Com’è noto,  il termine digital native è  stato coniato da Mark Prensky in un articolo pubblicato nel 2001  intitolato Digital Natives, Digital Immigrants e si è diffuso in Italia grazie alla pubblicazione del saggio Nativi digitali di Paolo Ferri. Si tratterebbe di una persona  cresciuta e, di conseguenza, abile, a maneggiare le tecnologie digitali; computer, internet e smartphone.  Negli anni  sono state sollevate diverse critiche a questa definizione che hanno messo in evidenza la mancanza di effettive competenze digitali in molti giovani.
Di conseguenza lo stesso Prensky ha proposto il concetto di saggezza digitale e, successivamente quello di residente digitale e visitatore digitale.

Come insegnante delle scuole secondarie di primo grado ho un costante contatto con questi così-detti nativi digitali e ho rilevato un’enorme criticità: non sanno usare la tastiera, non la conoscono, non sanno aprire e spostare un file, non sanno salvare su una chiavetta, non trovano la chiocciola per scrivere l’indirizzo e-mail…

La mia analisi non ha alcuna pretesa di essere scientifica ed oggettiva, si basa tuttavia su anni di attività e di osservazione in classe degli alunni. Basti provare a mettere un ragazzino di undici-dodici anni davanti ad una tastiera e chiedergli di scrivere qualcosa, oppure farlo esercitare in un banalissimo dettato.

Dalle scuole secondarie di primo grado sta venendo fuori una nuova generazione di analfabeti informatici ma social dipendenti, adolescenti dai pollici velocissimi sullo smartphone ma visibilmente imbarazzati davanti ad una tastiera.

Da più parti ho sentito dire, a ragione, che bisogna ritornare a far scrivere a mano i ragazzi, per non perdere la manualità acquisita nella scuola primaria e secondaria. Mi permetto di aggiungere a questo appello, che condivido, che bisogna insegnare a bambini e ragazzi a scrivere sulla tastiera…e bisogna farlo a scuola, perché ci sono famiglie che, pur possedendo smartphone anche molto performanti,  o non dispongono di un pc o non possono metterlo a disposizione. E, se anche ci si trovasse nel migliore dei mondi possibili, con famiglie dotate a casa di pc, con tastiera, su cui far esercitare i ragazzi…quanti di loro lo farebbero effettivamente?

Pochi, e questo accadrà perché i ragazzi, generalmente, si impegnano solo se c’è una verifica da affrontare. Ma noi a scuola non possiamo verificare perché non disponiamo di un numero sufficiente di computer.
In definitiva, signor Ministro, se non vogliamo continuare a generare analfabeti informatici, dobbiamo dotare le scuole di pc su cui far esercitare con cadenza almeno settimanale gli alunni a scrivere.
Le chiedo, pertanto, di sostenere chi, come me, crede che l’istruzione, obbligatoria e gratuita, come sancisce l’articolo 34 della Costituzione, debba mantenere degli standard di qualità.

Grazie per l’attenzione

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