Multe e carcere per maltrattamenti agli alunni: una ricetta sbagliata

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La cronaca ci costringe a riprendere in mano la questione dei maltrattamenti dei bimbi a opera delle loro maestre. Restano valide tutte le considerazioni finora espresse nei precedenti articoli.

La cronaca ci costringe a riprendere in mano la questione dei maltrattamenti dei bimbi a opera delle loro maestre. Restano valide tutte le considerazioni finora espresse nei precedenti articoli.

Non possiamo però esimerci dal sottolineare che le indagini con telecamere nascoste sono durate alcuni mesi e che la docente condannata ha varcato la sessantina. Scrive il Corriere della Sera online del 1° Luglio u.s. “L’insegnante ha patteggiato due anni di reclusione, ma non andrà in carcere grazie alla sospensione della pena, mentre la collega 50enne, a cui era stato imputato l’abuso dei mezzi di correzione, è stata invece assolta con formula piena. La sentenza di primo grado è stata emessa venerdì e la maestra più anziana ha anche risarcito gli ex allievi: 15 mila euro per il bambino che, secondo le indagini, sarebbe stato la vittima più bersagliata, 10 mila euro ciascuno ad altri tre bambini e 500 euro ad ogni alunno della classe dell’ex maestra”.

Proviamo ora a porci alcune domande.

  1. Se, come si legge nel capo d’imputazione, la maestra più anziana ricorreva «abitualmente a forme di rimprovero e castigo di estremo rigore e del tutto arbitrarie», perché sarebbero occorsi alcuni mesi di videoregistrazione nascosta? Perché dunque lasciare che i bambini subissero per quel lungo periodo ulteriori “abituali” angherie?
  2. Quando un’azione è da considerarsi “abituale”? Esistono criteri specifici e obiettivi, oppure sono demandati alla discrezionalità del giornalista o del magistrato di turno che fanno il loro mestiere esasperando con le parole i fatti, come nel caso in esame, definendo “percosse agli alunni” gli “schiaffetti sul sedere e sulla bocca”?
  3. La maestra condannata è divenuta “cattiva” a 60 anni o lo è stata per tutti i 40 anni di “onorata” carriera a causa di un’indole perversa? Nel primo caso dovremmo porci seri quesiti sull’usura psicofisica della professione e delle scellerate riforme previdenziali succedutesi che mai hanno tenuto conto dello stato di salute dei lavoratori. Nel secondo caso dovremmo porci più di una domanda sul “sistema di sorveglianza” dell’intera rete di persone a cui affidiamo i nostri figli. Va da sé che risulta verosimile solo la prima ipotesi.
  4. Circa l’uso delle telecamere nascoste ho già scritto e non mi ripeto. Desidero solo richiamare la pericolosità di tale strumento quando un soggetto è filmato a sua insaputa; la sbobinatura avviene ad opera di un non addetto ai lavori (es. un carabiniere anziché un educatore); la ricostruzione della personalità di un individuo è affidata a un “trailer” di pochi secondi recante le immagini più crude di mesi e mesi di registrazioni; le immagini “normali” non sono minimamente considerate; l’abitualità di un gesto è considerazione lasciata alla discrezionalità di un giudice. In altre parole, ciascun individuo potrebbe scoprire suo malgrado di essere assai meno “normale” di quanto egli stesso pensa o ritiene.
  5. Veniamo ora alla sanzione pecuniaria inflitta alla maestra: circa 50.000 euro oltre ai due anni di detenzione sospesi per la condizionale. Non conosciamo la situazione economica dell’insegnante, ma sappiamo che per mettere da parte la suddetta cifra occorrono diversi anni di lavoro da maestra. Non sarebbe più produttivo mandare in pensione una persona che a 60 anni non ha più le energie psicofisiche a svolgere un lavoro usurante?
  6. Episodi come quello appena trattato sono di incoraggiamento, stimolo e incentivo a fare meglio per la categoria professionale delle maestre, oppure inducono ad agire con maggiore apprensione evitando incarichi e responsabilità? Chi dovrebbe difendere la categoria da attacchi scriteriati perché non si faccia di tutta l’erba un fascio? Ancora una volta il silenzio del sindacato è assordante in materia di tutela della salute dei docenti, nonostante il lavoro sia usurante (anche se non riconosciuto) e il 90% delle maestre indagate per simili vicende siano ultracinquantenni. Quante sono oggi le scuole sotto indagine, spiate da telecamere nascoste? Quante le maestre “anziane” a rischio e di conseguenza i loro alunni? Chi e quando scriverà il prossimo articolo calcando la mano sui termini perché simili vicende smetteranno di fare notizia?

Infine un’ultima nota che mi preoccupa. Sono stato avvicinato da numerosi studi legali che peroravano la causa di altrettante maestre alle prese con denunce per maltrattamenti o abuso di mezzi di correzione ai danni di minori. In tutti i casi si trattava di insegnanti con età superiore ai 50 anni e una trentina di anni di servizio. Quando ho illustrato agli avvocati il concetto di Stress Lavoro Correlato e di usura psicofisica, questi hanno battuto in ritirata perché “… ammettere che la nostra assistita è stressata, equivarrebbe a riconoscerne la colpevolezza …”. Inutile dire che ci si allontana sempre più dalla verità, accreditando l’ipotesi di comodo che avevamo scartato in precedenza (“la maestra è cattiva fin dall’inizio della sua carriera a causa di un’indole perversa”).

www.facebook.com/vittoriolodolo

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