Concorsi nella PA: permettere mobilità volontaria ai docenti. I vantaggi

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Comunicato del gruppo “Mobilità Intercompartimentale Docenti” –
I dipendenti della Pubblica Amministrazione hanno il diritto di transitare, su loro richiesta e sussistendone le dovute condizioni, in un altro ente della PA.

Il decreto legislativo 165/2001 regola e sancisce infatti la possibilità di attuare la mobilità intercompartimentale tra il personale delle PA, ed insieme alle tabelle di equiparazione del 26 giugno 2015, fornisce tutte le informazioni sufficienti per attuare tale mobilità.

Sebbene tutta la legislazione sia completa al riguardo, il MIUR nega tale possibilità ai lavoratori della scuola escludendo di fatto tutto il comparto dalla mobilità intercompartimentale.

Eppure nella scuola, come in ogni altro ente pubblico, lavorano persone che hanno competenze ampiamente spendibili anche in altri enti pubblici. Non dimentichiamo poi che la categoria dei docenti è in formazione permanente e aggiorna le proprie conoscenze e competenze ogni anno scolastico.

Diversi sono i vantaggi che potrebbe apportare la mobilità intercompartimentale, qui di seguito ne riportiamo alcuni:

• Riduzione dei docenti in esubero per alcune classi di concorso;
• Maggiore efficienza della PA;
• Risparmio della spesa pubblica;
• Svecchiamento del corpo docente;
• Rientro dei docenti al sud.

Su quest’ultimo punto, siamo sicuri che varie sono le soluzioni e gli stratagemmi che il governo metterà in atto. Indipendentemente dalla loro efficacia, tutte le soluzioni proposte finora rientrano sempre all’interno dell’ambito scolastico, secondo il sacro principio che recita: “I panni sporchi si lavano in famiglia”.

Nessuna proposta ha mai considerato che la “famiglia scolastica” è stata adottata tantissimi anni fa dalla Pubblica Amministrazione e si continua a ragionare per compartimenti stagni.

Se risulta quindi difficile attuare la mobilità del personale scolastico all’interno della scuola stessa, perché non allargare lo sguardo ad altre pubbliche amministrazioni? Perché quindi non considerare anche la mobilità tra comparti diversi della PA?

In poche parole, attraverso l’estensione della mobilità intercompartimentale al comparto scuola si consentirebbe ai docenti “emigrati” di ritornare “a casa” effettuando la mobilità verso un’altra PA; viceversa, i docenti del sud Italia, interessati a cambiare comparto, potrebbero quindi liberare posti per il rientro dei docenti.

Da più parti si legge che nel 2019 saranno banditi molti concorsi in diversi enti della PA: perché non prevedere la mobilità a domanda dei docenti già di ruolo verso altre PA che bandiscono e continueranno a bandire concorsi?

Bisogna dare la possibilità di uscire dalla scuola a chi si rende conto di non riuscire a dare più il massimo, a chi, ormai stanco dopo tanti anni di onorato lavoro, ritiene di non essere più in grado di svolgere un’attività così logorante, o semplicemente, a chi ha voglia di cambiare lavoro e di mettere a disposizione della PA le competenze acquisiste nell’arco di una vita. Non auspichiamo quindi una deportazione verso altre pubbliche amministrazioni del corpo docente italiano, ma solo che venga fornita la possibilità ai docenti, aventi i titoli e il desiderio necessari, di ricoprire quei posti che altre amministrazioni bandiscono.

Inoltre è opportuno sottolineare che la preoccupazione, per la quale la concessione della mobilità agli insegnanti comporterebbe dei problemi per la sostituzione degli stessi, non ha alcun fondamento: sono sufficienti nuovi concorsi con regole certe, chiare e condivise con tutti, per integrare il corpo docente con personale giovane, formato e motivato. È necessario che nella scuola operino persone motivate, gratificate e soddisfatte del proprio lavoro.

Siamo certi che il Governo del cambiamento che è stato votato ci aiuterà ad uscire fuori da una situazione a dir poco paradossale e consentirà il riconoscimento dei diritti dei lavoratori della scuola.

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