Mobilità, diritto alla sede più vicina per docente che assiste disabile

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Con la sentenza n. 1559/2018 del 8 agosto 2018, il Tribunale di Torino, nella persona del Giudice dott.ssa Aurora Filicetti ha ordinato al Ministero dell’istruzione di trasferire una ricorrente – assistita dagli avvocati Marco Lo Giudice e Luigi Serino – ad una sede di servizio ricompresa negli ambiti territoriali della provincia di Palermo ove risiede unitamente al genitore disabile cui presta assistenza in quanto referente unica.

La questione dell’illegittimità del mancato riconoscimento di una precedenza al figlio referente unico nella procedura interprovinciale inizia ormai a consolidarsi nella giurisprudenza di merito che da tempo sottolinea l’iniquità di una discriminazione così evidente.

La scelta del contratto collettivo di riconoscere la precedenza per l’assistenza al genitore disabile solo nelle procedure di mobilità provinciali rappresenta infatti un innegabile vulnus del congegno normativo in materia di trasferimenti del personale docente.

Non è comprensibile la ragione che spinge la contrattazione collettiva a “discriminare” in maniera così plateale tra docenti che chiedono movimenti provinciali e docenti richiedenti un trasferimento tra province diverse.

Il Tribunale di Torino, con l’importante sentenza in argomento, ha evidenziato in particolare come non possa ormai negarsi il diritto soggettivo del lavoratore che assiste un familiare disabile a scegliere una specifica sede di lavoro, in quanto più vicina al proprio domicilio e più idonea a garantire il diritto del disabile alla continuità dell’assistenza.

Alla luce di ciò è – seguendo il percorso argomentativo del giudice piemontese – è onere del Ministero dimostrare che in relazione a un determinato posto di lavoro esistano condizioni ostative che impediscono l’implementazione del diritto del lavoratore (in questo caso del docente) a scegliere la sede più vicina. Ragioni che devono consistere in concrete esigenze economiche, produttive ed organizzative del datore di lavoro.

Nel caso che ci occupa, così come nella stragrande maggioranza dei casi, è agevole rilevare che in presenza di posti disponibili questi erano stati assegnati in base all’ordinario criterio del punteggio; in altri termini accade che in presenza di un posto disponibile tra un lavoratore con più punti e uno con meno punteggio ma che necessita di assistere il familiare disabile prevalga quello con maggior punteggio. In tal modo il diritto soggettivo del lavoratore che assiste il familiare disabile recede rispetto all’ordinario criterio del merito.

E’ evidente che ciò non può avvenire trattandosi di garanzie normative – quelle concesse al familiare c.d. caregiver – aventi copertura costituzionale.

L’auspicio è che il percorso giurisprudenziale volto a riconoscere tale tutela prosegua e si consolidi fino al punto di operare quale moral suasion verso l’elaborazione di una contrattazione collettiva maggiormente rispettosa della legge.

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