Meritocrazia minima. Una proposta per i commissari del concorso a cattedra

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Inviatoci dagli amici di "MenodiZero" – Il 17 e 18 dicembre 2012 si terranno le preselezioni dell’attesissimo concorso a cattedra che bandisce 11.452 posti per 321.210 aspiranti.

Inviatoci dagli amici di "MenodiZero" – Il 17 e 18 dicembre 2012 si terranno le preselezioni dell’attesissimo concorso a cattedra che bandisce 11.452 posti per 321.210 aspiranti.

La prova preselettiva sarà unica su tutto il territorio nazionale per tutti i posti e le classi di concorso e consterà in 50 quesiti a risposta multipla con 4 opzioni di risposta suddivisi nel seguente modo: capacità logiche 18 quesiti, capacità di comprensione del testo 18 quesiti, competenze digitali 7 quesiti, conoscenza della lingua straniera (a scelta del candidato tra francese, inglese, tedesco o spagnolo) 7 quesiti. Coloro che supereranno le preselezioni dovranno affrontare delle prove scritte o scritto-grafiche e, per le discipline tecno-pratiche, di laboratorio e pratiche relative alla disciplina oggetto di insegnamento. I candidati ammessi dovranno successivamente sottoporsi ad una prova orale che consisterà in una lezione simulata di 30 minuti e in un colloquio in cui verranno approfonditi contenuti e scelte didattiche. I 50 quesiti del test preselettivo saranno estratti da una banca dati pubblicata on line sul sito del MIUR 20 giorni prima della prova. Il tempo a disposizione per lo svolgimento della prova preselettiva sarà di 50 minuti. Allo scadere del tempo il sistema informatico interromperà la procedura automaticamente e acquisirà le risposte sino a quel momento inserite. Il punteggio attribuito è di 1 punto per una risposta corretta, di 0 punti per una risposta non data, di -0,5 per un risposta errata. Si supererà la prova totalizzando almeno 35/50.

Non spenderò qui altre (inascoltate) parole sull’insipienza docimologica posta a fondamento di queste procedure di selezione. Ciò che interessa “misurare” attraverso i test è la rapidità in luogo della riflessività del pensiero, la performatività delle conoscenze in luogo della sapienza conoscitiva, l’abilità specifica di tipo addestrativo in luogo della capacità di integrare e attualizzare i saperi. Non spenderò altre parole sul punto non perché questo non sia importante, ma perché questo punto non è più centrale. La centralità adesso è del “merito”. Di merito allora parliamo a partire dai commissari chiamati a individuarlo.

I commissari

Secondo quanto disposto dall’art. 404 del Dlgs 16 aprile 1994, n. 297, la nomina dei commissari di esame è una prerogativa dei direttori generali degli Uffici Scolastici Provinciali che ricavano i nominativi, su candidatura, da elenchi di docenti che siano in possesso dei requisiti stabiliti dal Ministero dell’Istruzione, sentito il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione. Per i soli professori universitari che vogliano fare parte della commissione (con la funzione di Presidente di commissione) gli elenchi sono stilati dal Consiglio Universitario Nazionale.

Appare quindi evidente che la volontà del legislatore sia quella di sottoporre i candidati commissari alla verifica di determinati requisiti, oggetto di verifica da parte del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione e del Consiglio Universitario Nazionale. Organi consultivi del ministero sulle questioni relative alla docenza.

Un confronto “nel merito” con l’università

Il nuovo sistema di abilitazione scientifica nazionale per l’accesso alla docenza universitaria, introdotto con la riforma Gelmini (legge 30 dicembre 2010, n. 240), è stato fondato su una importante novità relativa per l’appunto alla formazione delle liste dei commissari d’esame. La legge 240/2010 all’art. 16, comma 3, lett. a) stabilisce che l’abilitazione nazionale viene attribuita con motivato giudizio espresso sulla base di «criteri e parametri» differenziati per funzione e per area disciplinare. Successivamente, alla lettera h) relativa alla selezione dei docenti che possono fare parte delle commissioni di valutazione, si stabilisce che il curriculum degli aspiranti commissari deve essere coerente con i «criteri e i parametri» validi per i candidati. In altre parole, viene stabilito che chi giudica sia all’altezza degli standard richiesti ai candidati. Si tratta di un principio condivisibile.

Il confronto con quanto sta avvenendo nel mondo dei concorsi universitari appare, in questa sede, appropriato perché diventano ormai sempre più numerosi i processi di osmosi fra le due sfere dell’Istruzione pubblica. Basti qui ricordare che i professori universitari possono presiedere le commissioni di concorso della scuola e che nel bando di concorso è previsto che gli articoli valutabili ai fini dei titoli sono quelli pubblicati su riviste scientifiche con riferimento alla classificazione dell’Agenzia Nazionale di Valutazione dell’Università e della Ricerca (ANVUR). La classificazione delle riviste, lo ricordiamo, fra numerose e fondate polemiche è stata predisposta dall’ANVUR ai fini dell’abilitazione nazionale a professore universitario. In altri termini, oggi si ritiene utile ai fini della valutazione complessiva accertare se chi vuole diventare insegnante abbia pubblicato sulle stesse riviste scientifiche su cui pubblicano i professori universitari. Un bel passo avanti nell’integrazione dei due sistemi!

Una proposta pratica per una meritocrazia minima

Questo tentativo di uniformare metodi e procedure fra scuola e università fallirebbe però qualora non si rispettasse il principio secondo cui nessun valutatore dovrebbe possedere conoscenze, abilità, titoli inferiori a quelli dei valutati. Ora, poiché secondo il Ministero per svolgere la funzione di insegnante in qualsiasi ordine e grado di scuola è prerequisito indispensabile possedere: capacità logiche, di comprensione del testo, competenze digitali, nonché competenze linguistiche accertabili, sempre ad avviso del MIUR, attraverso la prova di selezione computer-based, si propone di verificare il possesso delle medesime abilità anche per i commissari di esame. I commissari del concorso a cattedra, insomma, per entrare negli elenchi ministeriali dovrebbero essere in grado di superare la medesima prova preselettiva richiesta ai candidati che giudicheranno. Si tratta in altri termini di stabilire una coerenza minima fra requisiti essenziali richiesti ai candidati e requisiti essenziali richiesti ai commissari, in analogia per l’appunto con quanto sta già avvenendo all’università. Tale richiesta, peraltro, potrebbe essere soddisfatta con costi molto contenuti e in tempi rapidissimi, utilizzando le sedi e le stesse batterie di domande già predisposte per i candidati al concorso. Sempre che, naturalmente, il “merito” (o ciò che per merito si vuol intendere) sia davvero centrale nelle politiche per la scuola e l’istruzione pubblica.

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