Mensa scolastica, no tariffa agevolata a chi possiede un SUV

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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 24165 depositata lo scorso 4 ottobre, si è espressa sul diritto a beneficiare della tariffa agevolata per la mensa scolastica in base a quanto previsto dal comune di competenza.

I fatti

Un Comune, come riferisce “Scuola24“, aveva respinto la richiesta di accedere alla succitata tariffa da parte di una madre, motivando la decisione con il fatto che la signora avesse un’autovettura di cilindrata superiore ai 2500 cc.

Il regolamento del Comune, infatti, oltre a prevedere i limiti reddituali, ha stabilito che il possesso di un’autovettura di cilindrata superiore a 2500 cc è causa di esclusione per poter usufruire della mensa a scuola con tariffa agevolata.

Primo e secondo grado di giudizio

La madre succitata ha presentato ricorso, al fine di ottenere i 4000 euro in più versati, accolto sia dal Giudice di Pace in primo grado che dalla Corte d’Appello.

L’accoglimento del ricorso si è basato sulla tesi sostenuta dalla donna, secondo cui la macchina di grossa cilindrata non fosse di suo uso e godimento «individuale esclusivo», ma in comproprietà e compossesso con altri membri della famiglia.

Secondo i giudici, in sostanza, è sufficiente aver un Isee entro i limiti richiesti, a nulla valendo l’uso saltuario della macchina succitata.

Cassazione

Il Comune, sconfitto in primo e secondo grado, ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando sia il difetto di giurisdizione che l’erroneità della decisione dei giudici.

La Cassazione, ribaltando i primi due gradi di giudizio, ha dato ragione al Comune, confermando, in primis, la giurisdizione del giudice ordinario a decidere sulla questione.

Entrando nel merito, poi, la Corte ha sottolineato  che la delibera Comunale non lascia margini di interpretazione: il possesso o la proprietà di un’autovettura di cilindrata superiore a 2500 cc fa venir meno il diritto a fruire dell’agevolazione tariffaria, come nel caso in questione.

Una lettura diversa della delibera, prosegue la Cassazione, è contraria  al criterio ermeneutico secondo cui bisogna attribuire alla norma il significato proprio delle parole e andrebbe contro il principio stesso della previsione, che è quello di porre dei limiti di accesso alla tariffa agevolata.

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