Maestra prosciolta da minaccia ad alunno di dargli “due timpulate”. Accusata causa telecamere

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Le telecamere possono essere utili per prevenire alcune condotte delittuose che possono, purtroppo, trovare consumazione all’interno della scuola,ma i fatti vanno analizzati compiutamente e non sempre ciò che le telecamere riprendono e che in un primo momento potrebbe apparire come condotta “violenta” e far pensare a maltrattamenti, non è detto che poi lo sia.

Ogni caso ha una sua storia che va analizzata nello specifico senza mai generalizzare.

Fatto

In sede di riesame il Tribunale di Palermo annullava la misura interdittiva della sospensione dal pubblico servizio che le era stata applicata, quale insegnante di scuola elementare, in relazione al reato di maltrattamenti (art. 572 c.p.) nei confronti dei suoi alunni. In particolare, il Tribunale, dopo avere superato le contestazioni di ordine formale, procedeva ad una analitica valutazione dei presunti episodi emergenti dalle videoriprese giungendo così alla conclusione che “la mera circostanza di aver in tre occasioni preso vigorosamente per un braccio un bambino e di averlo portato in punizione o la isolata minaccia di dare “due timpulate” (schiaffi, ndr)” non faceva ritenere nè sul piano oggettivo nè sul piano soggettivo la commissione del reato contestato. La stessa condotta dei bambini, per come risulta dalle videoriprese poste a base delle accuse, dimostrava la assenza di qualsiasi “mortificazione”. Nè, nei confronti dell’indagata, risultavano rilievi, doglianze dei genitori od altro.

La minaccia della maestra di dare “due timpulate” non costituiscono reato di maltrattamenti

La Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 04-10-2018) 04-01-2019, n. 178 respinge il ricorso del PM che chiedeva la conferma della misura interdittiva. In particolare il PM affermava che le condotte descritte in contestazione nei confronti della ricorrente, in particolare quanto al “tirare il bambino per un braccio urlandogli contro e minacciandolo” ovvero quanto all’ “afferrarlo per il bavero del grembiule”, sono significative ai fini del reato di maltrattamenti. Richiama la richiesta cautelare osservando che “dalla visione delle immagini e dalle intercettazioni” risulta che l’indagata abbia tenuto la serie di atteggiamenti “più o meno aggressivi talvolta non penalmente rilevante molto ravvicinati tra loro con cadenza quasi quotidiana” tali da integrare il reato contestato.

Per la Cassazione a fronte della motivazione ampia e logica del tribunale che rileva la inconsistenza delle condotte di presunto maltrattamento sia se valutate singolarmente che complessivamente, svolge una critica su profili di merito, peraltro in modo generico rispetto agli argomenti dell’ordinanza (sostanzialmente trascrivendo massime di possibile rilievo nel caso di specie o richiamando condotte per le quali, evidentemente, vale quanto affermato dall’ordinanza impugnata),

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