Luogo di lavoro non sicuro? Ci si può astenere dal lavorare. Sentenza

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Da un lato esistono norme, importanti, che tutelano il diritto del lavoratore ad allontanarsi dal luogo di lavoro che possa minarne la condizione della tutela dell’integrità psicofisica, dall’altro, sussiste un comportamento datoriale, che spesso sanziona questo allontanamento in modo pesante, anche con dei licenziamenti.

La sentenza della Cassazione che ora si commenta esprime un principio di diritto importante in materia a tutela dei lavoratori. Cosa oramai sempre più rara. Non a caso stiamo parlando di una sentenza del 2005 ma ad oggi non superata.

Il diritto alla sicurezza

L’articolo 44. DLGS 81 2008, noto come Testo Unico in materia di sicurezza sul lavoro, afferma chiaramente che il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non puo’ essere evitato, si allontana dal posto di lavoro o da una zona pericolosa, non puo’ subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa. Evidenziando che il lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato e nell’impossibilita’ di contattare il competente superiore gerarchico, prende misure per evitare le conseguenze di tale pericolo, non puo’ subire pregiudizio per tale azione, a meno che non abbia commesso una grave negligenza. Dunque si parla di un vero e propri diritto alla sicurezza, che consente al lavoratore di astenersi dal riprendere l’attività lavorativa quando sussiste un pericolo grave ed immediato, di allontanarsi dal posto di lavoro reputato pericoloso.

Fatto

Nel caso che ora si commenta, che riguarda il settore privato, i cui principi però sono estendibili a tutti i lavoratori, è emerso che un dipendente veniva licenziato poiché era stato ritenuto responsabile di avere lasciato incompiuto il lavoro per quattro giorni consecutivi. Il lavoratore lamentava tra le varie cose la eccessività e sproporzione del licenziamento inflittogli e nel merito sosteneva la legittimità del proprio comportamento, finalizzato solo alla salvaguardia della sua salute.

Sul diritto del lavoratore ad astenersi dallo svolgere mansioni in caso di pericoli

Per la Cassazione, il giudice di appello è incorso in una evidente violazione di principi di diritto nel momento in cui ha escluso in radice la facoltà del lavoratore di astenersi dallo svolgere determinate operazioni lavorative anche nell’ipotesi della sussistenza di concreti pericoli alla salute connessi al non corretto adempimento da parte del datore di lavoro degli obblighi a carico del medesimo di tutela delle condizioni di lavoro. In effetti non vi può essere dubbio che il lavoratore, ove effettivamente sussistano situazioni pregiudizievoli per la sua salute o per la sua incolumità, possa legittimamente astenersi dalle prestazioni che lo espongano ai relativi pericoli, in quanto è coinvolto un diritto fondamentale, espressamente previsto dall’art. 32 della Costituzione, che può e deve essere tutelato in via preventiva, come peraltro attesta anche la norma specifica di cui all’art. 2087 c.c. (cfr. Cass. 30 agosto 2004 n. 17314 e 30 luglio 2003 n. 11704).

Dunque, la Cassazione Civile, Sez. Lav., 09 maggio 2005, n. 9576 afferma un principio di diritto importante.

Il lavoratore può legittimamente astenersi dalla prestazione lavorativa quando essa comporti pericoli per la sua salute

“in caso di non adeguata adozione da parte del datore di lavoro delle misure necessarie, a norma dell’art. 2087 c.c., a tutelare l’integrità fisica e le condizioni di salute dei prestatori di lavoro, il lavoratore ha la facoltà di astenersi dalle specifiche prestazioni la cui esecuzione possa arrecare pregiudizio alla sua salute e, conseguentemente, se il lavoratore prova la sussistenza di tale presupposto, deve ritenersi ingiustificato il licenziamento intimato a causa del relativo non adempimento, ferma restando in ogni caso la necessità di valutare la eventuale responsabilità disciplinare del lavoratore anche dal punto di vista dell’elemento soggettivo”.

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