Lo spettro della chiamata diretta in Trentino?

Di Lalla
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Mauro Alario – In una intervista apparsa domenica 22 agosto sul quotidiano Trentino, l’assessore all’istruzione Marta Dalmaso ha annunciato la rivoluzione delle graduatorie riguardo al reclutamento dei docenti, in pratica, la soppressione delle stesse.

Mauro Alario – In una intervista apparsa domenica 22 agosto sul quotidiano Trentino, l’assessore all’istruzione Marta Dalmaso ha annunciato la rivoluzione delle graduatorie riguardo al reclutamento dei docenti, in pratica, la soppressione delle stesse.

L’assessore sostiene che il meccanismo delle graduatorie risulta ingestibile, soprattutto perché i numerosi ricorsi favorevoli ai docenti presentati al Tar regionale avrebbero messo in pericolo il regolare avvio dell’anno scolastico. Solo il lavoro supplementare di funzionari e impiegati, una vera e propria corsa ad ostacoli, avrebbe scongiurato l’eventualità di un ritardo nell’assegnazione degli incarichi. Pare che i contenziosi costituiscano un intralcio, farebbero inceppare la macchina amministrativa, per cui meglio pensare ad un sistema più efficace in grado tutelare il mondo della scuola.

L’annuncio è inaccettabile per numerose ragioni.

In primo luogo, bisogna ricordare la penosa condizione in cui si sono trovati i docenti precari negli ultimi anni. Le regole delle graduatorie sono state continuamente modificate per via legislativa, ogni anno ci sono stati rimescolamenti, messa a repentaglio l’occupazione e lesa ogni forma di dignità. Tutto ciò, si badi, a causa di una politica arrogante e dispotica, il cui obiettivo principale è quello di pervenire ad una gestione privatistica del sistema educativo, peraltro già in fase di sperimentazione.

Al riguardo, dopo l’emanazione del decreto con cui il tribunale amministrativo sospendeva il bonus aggiuntivo dei 40 punti, la provincia criticò il provvedimento cautelare, in quanto, a suo dire, di impedimento al regolare avvio dell’anno scolastico con conseguenze negative su studenti e famiglie. In realtà, la preoccupazione dell’Amministrazione, giusta e condivisibile in linea di principio, risulta poco difendibile e pretestuosa nella fattispecie.

Si guardano gli effetti senza considerare le cause che li hanno determinati e si ricorre a mosse strategiche, volte a mettere in luce le buone intenzioni per ottenere consenso e approvazione. È fin troppo evidente come l’amministrazione provinciale consideri trascurabili se non inesistenti i diritti dei docenti. I danni subiti devono essere sottaciuti, minimizzati, relegati in secondo piano, affrontati casomai nelle sedi opportune, quelle dei sindacati, spesso accondiscendenti e incapaci di contrastare il disfacimento in atto. Nel caso in cui, lasciato solo, l’insegnante si impegni a tutelare un suo sacrosanto diritto, cerchi un sostegno giuridico su cui fare affidamento, egli diventa il primo responsabile del disordine, un individuo che attenta alle decisioni imperative ormai stabilite. È colpa dei docenti se le graduatorie non funzionano, in quanto le rivendicazioni da essi avanzate contribuiscono a ostacolare il regolare funzionamento del congegno burocratico.

Via allora a nuove regole, a un reclutamento efficace, lineare e senza scossoni. Di cosa si tratta? Probabilmente, dietro l’annunciata rivoluzione, si nasconde l’intenzione di optare per la chiamata diretta da parte dei dirigenti scolastici. Ciò significa che il docente non verrà valutato in base alle sue capacità e competenze professionali, al suo bagaglio culturale, all’esperienza di insegnamento maturata sul campo, ma chiamato ad obbedire e a osservare le direttive stabilite dalle singole scuole. Aumenteranno ricatti e angherie, in breve tempo i dissenzienti saranno emarginati e a suo tempo definitivamente espulsi. In questo modo l’insegnante diventerà un semplice esecutore di adempimenti, una pedina da giostrare a piacimento, costretto a conformarsi a volontà prevaricatrici in forte aumento. In linea generale, l’accanimento verso gli operatori della scuola è sconcertante e non può trovare giustificazione. Le ripetute interferenze sulla libertà di insegnamento esercitate mediante i provvedimenti degli ultimi anni lo dimostrano ampiamente.

Cari colleghi, fermiamo questa deriva, e riprendiamoci l’autorevolezza e la considerazione di cui siamo stati privati.

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