L’Italia è il penultimo Paese in Europa dove far vivere i bambini

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GB – L’Italia è agli ultimi posti in Europa come Paese adatto ad un bambino: siami penultimi.Dopo c’è solo la Bulgaria. Se si considerano le singole voci (12 in tutto, che misurano dall’istruzione alla povertà), il nostro Paese si piazza per 7 volte oltre il ventesimo posto.

Lo afferma Raffaela Milano, direttore del programmi Italia-Europa di Save the Children.

GB – L’Italia è agli ultimi posti in Europa come Paese adatto ad un bambino: siami penultimi.Dopo c’è solo la Bulgaria. Se si considerano le singole voci (12 in tutto, che misurano dall’istruzione alla povertà), il nostro Paese si piazza per 7 volte oltre il ventesimo posto.

Lo afferma Raffaela Milano, direttore del programmi Italia-Europa di Save the Children.

Ai primi posti campeggiano i «soliti» Paesi scandinavi: Finlandia e, a seguire, Svezia, Danimarca, Olanda e Lussemburgo, dove a vivere bene sono anche le mamme.

A livello mondiale per fortuna la situazione migliora: tra il 2005 e il 2010 i minori malnutriti sono stati 36 milioni in meno che negli anni tra il 1995 e il 1999. Nello stesso periodo sono aumentati di 50 milioni quelli che hanno potuto sedersi sui banchi di scuola.

L’Italia invece peggiora con l’aumento della povertà: "Nel 2012 abbiamo raggiunto un milione di bambini e adolescenti in povertà assoluta – spiega Raffaela Milano -. Significa che non hanno accesso ai beni e servizi fondamentali per una vita dignitosa". Due anni prima erano 650 mila. Vivono soprattutto al Meridione, sono i figli di madri sole, immigrati, famiglie numerose o genitori giovani e precari.

La loro situazione è particolarmente difficile anche perché li aiutiamo poco. Mentre la Danimarca usa il 5,3 per cento della ricchezza nazionale per proteggere famiglie e minori, l’Italia solo l’1,1 per cento (meno di noi solo Grecia e Lettonia, con lo 0,7%).

L’indice che calcola il rischio di deprivazione materiale per gli under 18 in Italia è alto: Svezia, Lussemburgo, Olanda e Danimarca hanno quello più basso, in Italia è quattro volte più alto.

Povertà significa anche lavoro minorile: secondo Save the Children sono almeno 260 mila gli under 16 italiani che lavorano (è illegale), di cui 30 mila impegnati in attività particolarmente a rischio: lavori notturni, o nei cantieri o incompatibili con la scuola. E infatti è alta anche la dispersione scolastica: in Italia quasi un ragazzo su cinque non arriva oltre la terza media.

Il welfare si sgretola a cominciare dall’assistenza sanitaria e dall’istruzione: "I pediatri denunciano sempre più ritardi nell’accesso delle cure, soprattutto dentistiche".

Situazione peggiorativa anche per la scuola: oggi i bambini italiani sotto i 15 anni sono al 14esimo posto in Europa per capacità di lettura (prima c’è, di nuovo, la Finlandia). Istruzione di cattiva qualità significa anche minori opportunità da adulti. "La scuola pubblica è in difficoltà: tra il 2008 e il 2011 ha subito tagli per 8,4 miliardi di euro", dice Raffaela Milano. Il rischio è perdere uno dei fiori all’occhiello dell’Italia, che per quanto riguarda materne ed elementari è sempre stata all’avanguardia.

Investire su istruzione e assistenza all’infanzia è fondamentale: "I Paesi scandinavi sono ai primi posti perché c’è una rete di supporto ai bambini che parte dai primi anni di vita – spiega Milano -. La fascia 0-3 anni è fondamentale sia per i bimbi che per l’educazione dei genitori. C’è chi considera gli asili nido solo parcheggi a disposizione delle mamme che lavorano. Invece i dati mostrano che i bimbi che ci vanno hanno una salute migliore e maggior successo scolastico". In Italia ci sono intere zone in cui praticamente non esistono: in Calabria e Campania meno di 3 bambini su 100 hanno un posto in un nido pubblico.

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