L’insegnante: colui che lascia il segno. Lettera

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Inviata da Sarah Marie Chigioni – Carissimi, non so bene a chi mi sto rivolgendo: forse ai miei fratelli, ai miei famigliari, al mio fidanzato, tutti insegnanti… O forse ad amici e colleghi musicisti, ad amici e colleghi di scuola, ad amici genitori… o forse mi rivolgo a me, perché sento il dovere di fare il punto in questo momento alienante.

Nella solitudine dell’isolamento sono state necessarie delle considerazioni in parte dettate anche dalle esigenze della nuova prova che ci viene chiesta, la didattica a distanza.

Penso al piccolo, alla nostra realtà, alla mia scuola Paolo VI, che amo e che mi permette di fare un lavoro speciale insegnando musica: innescare pensieri ed introdurre domande che spingono e tendono all’Altro. Ho la grande fortuna di insegnare una materia che mi permette di sentire più la
passione educativa, piuttosto che la preoccupazione educativa che spesso riempie le nostre giornate. Già nella mia esperienza quotidiana cercavo, a volte riuscendo e a volte umanamente fallendo, di concentrami non tanto sulla proposta educativa che presentiamo ai nostri alunni quanto al PERCHÉ li mettiamo davanti a queste ricchezze.

Oggi siamo in piena emergenza sanitaria, educativa e globale. Oggi più che mai i ragazzi e i bambini che nella scuola di tutti i giorni sembrano girati dall’altra parte, hanno sete di noi, dell’adulto. È il momento di interrogarsi su COME esserci. Indubbiamente sbracciarsi troppo, senza il rispetto del
momento delicato che ognuno sta vivendo nel suo privato, rischia solo di allargare il fossato di estraneità che si sta scavando tra ognuno di noi. Questa situazione ci lascerà profondamente cambiati anche quando la vita riprenderà il suo corso: stiamo vivendo una realtà drammatica e siamo colpiti tutti indistintamente.

L’insegnante, per sua stessa definizione (colui che lascia il segno), ha un’umanità profonda. Non contribuirebbe a crescere, educare, istruire e amare figli non suoi se così non fosse… e l’insegnamento oggi, marzo 2020, sta raggiungendo frontiere pionieristiche mai viste prima in Italia. Vengo da una famiglia di musicisti, come tutti sapete, ma vengo soprattutto da una famiglia allargata e acquisita di didatti: docenti di conservatorio, tutor universitari di scuole medie, di liceo, educatori al nido e maestre elementari… a casa ho visto e sentito di tutto e ho notato che ogni relazione docente-allievo è un mondo a sé.

Il rischio di farsi prendere dalla smania del tecnologico ad ogni costo, della “gara” social con altre realtà scolastiche è dietro l’angolo e rischia di distoglierci dalla vera missione di un insegnante. Quella che chi ha
studiato per essere insegnante conosce bene: manteniamo il rapporto vivo, manteniamo vivo l’affetto, in questa storia disorientante. Per conto mio, più i sentimenti entrano nella mia didattica e più creativa, attenta
e precisa divento… quando non mi ritrovo negli strumenti li invento. Se si pensa che il compito della scuola sia il mero istruire, eludendo tra l’altro il “far fatica”, il fallimento e la caduta, è ovvio che la didattica e la
scuola ne escano stravolte. Voglio a tal proposito inserire una citazione del grande preside Franco Nembrini, sulla quale ho riflettuto prima di iniziare questa lettera aperta:

“LE COSE CHE UN ALTRO TI DICE TI RESTANO APPICCICATE IN PROPORZIONE DEL RAPPORTO CHE VIVI CON LUI, QUANTA PIÚ COLLA C’É. NEL RAPPORTO EDUCATIVO QUESTA COLLA È L’INTENSITÁ DI BENE CHE SENTO CHE L’ALTRO NUTRE PER ME”.

La testimonianza.
Oggi più che mai esserci, oggi più che mai comunità educativa. Nel rispetto delle identità di ognuno. È un punto di forza della nostra scuola, la cura dell’altro nelle sue specificità, la didattica personale e attenta. Vale per tutti i nostri alunni, dal più cucciolo della primavera inserito prima di Natale, al più alto (1, 90 m) dei nostri ragazzi di terza media. Parlo con cognizione di causa: sono tutti miei alunni.

Vale anche per ognuno di noi docenti. Liberi e schietti nella proposta educativa, senza ricatti da parte dei ragazzi o dai loro genitori. Con estrema attenzione ai rapporti, come abbiamo sempre fatto ma anche più di
prima. Con preparazione e dedizione alla didattica. Con passione, per vedere anche se solo attraverso uno schermo, i nostri alunni illuminarsi. Ognuno di noi cerca di sostenere il percorso formativo dei nostri ragazzi.

Lavoriamo digitalmente con fatica e impegno, instancabilmente e forse anche più di prima, per far sì che i nostri piccoli (e grandoni) sappiano che siamo lì. Ognuno di noi, con le proprie capacità e diversità, che arricchiscono SEMPRE chi ne fruisce, con stili educativi personali e con punti di forza.

Videolezioni, certo, ove possibile, pdf, schemi, audiolezioni, video su Youtube, schede, esercizi e mappe, ma soprattutto CURA.
Le parole in educazione contano fino ad un certo punto, la cosa fondamentale è la testimonianza. A maggior ragione in Quaresima, a maggior ragione in una scuola cattolica. La testimonianza più grande oggi
è che siamo tutti ingranaggi di una comunità educativa dove è vitale che ognuno sia al suo posto, ma dove l’amicizia tra di noi insegnanti e con le famiglie permetterà ai nostri alunni di scoprire e valorizzare ciò che
abbiamo a disposizione per andare avanti. Con il programma, certo… ma soprattutto con le nostre vite.

Non dimentichiamo un punto cruciale: i più piccoli e i più fragili (che non sempre sono quelli a livello anagrafico) hanno bisogno di una sola testimonianza: avere davanti qualcuno che mostri i motivi per cui vale
la pena di portare il peso della vita.

Mi auguro di trovarvi tutti in salute, e auguro a voi un più sereno percorso di Quaresima e quarantena.

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