Licei quadriennali, Bruschi: non sono previsti tagli agli organici. Le condizioni per il successo della sperimentazione

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L’ispettore Max Bruschi è intervento sul suo profilo FB riguardo alla sperimentazione dei percorsi quadriennali di scuola secondaria di II grado, al fine di chiarire alcuni aspetti caratterizzati gli stessi e tranquillizzare tutti coloro i quali sono preoccupati dai possibili tagli derivanti dalla citata sperimentazione.

L’ispettore esordisce affermando che “La sperimentazione NON prevede alcuna riduzione degli organici impiegati, come nessuna riduzione è presente (anzi) nelle sperimentazioni già in atto. E nessuna riduzione sarebbe possibile, innanzitutto a fronte delle necessità didattiche, visto che gli studenti in sperimentazione devono aver conseguito al termine del quarto anno gli stessi risultati di apprendimento previsti per i precorsi quinquennali e che l’esame di stato sarà identico; in secondo luogo, perché esiste una precisa e invalicabile sentenza del Consiglio di Stato n. 832/2015 sulla precedente sperimentazione attivate dall’anno scolastico 2012/2013 che ha coinvolto l’IIS Majorana di Brindisi, l’ITE Tosi di Busto Arsizio e l’IIS Anti di Verona. La sentenza, nel ribaltare il no del TAR, riconobbe la sperimentazione “nel complesso omogenea e adeguata, anche in considerazione del fatto che alla riduzione di un anno nella durata del corso di studi secondario di secondo grado fanno da contraltare: a) un maggiore numero di ore settimanali di lezione; b) un maggiore numero annuale di giorni di lezione; c) la sostanziale invarianza delle materie di insegnamento; d) la piena conferma ed applicazione delle vigenti disposizioni in tema di esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione e in tema di rilascio dei titoli di studio finali”.

Tagli non effettuati per le sperimentazioni precedenti e che non ci potranno essere nemmeno per la sperimentazione futura, “A meno di procedere a una nuova riforma complessiva degli ordinamenti didattici, che non è in agenda politica e non è nelle deleghe della 107/2015.”

Bruschi chiarisce poi perché non si può parlare di riforma degli ordinamenti relativamente ai percorsi quadriennali:

“Ora, la proposta di sperimentazione NON è affatto avventurosa. Non scardina gli ordinamenti, ma compie un’altra operazione. Per essere chiari: non sperimenta un “nuovo” ordinamento didattico, ma intende verificare SE e in quali condizioni l’ordinamento didattico vigente possa essere svolto in quattro anni e non in cinque.”

Gli ordinamenti didattici, spiega l’ispettore, ricomprendono:

La durata e le modalità di assolvimento dell’obbligo scolastico;
• La scansione del percorso scolastico, la durata delle relative articolazioni, le loro caratteristiche e i loro “contenuti” (si tratti di programmi, obiettivi di apprendimento, etc. );
• Le norme generali sugli strumenti didattici (libri di testo etc.);
• Le norme generali sulla valutazione degli allievi e gli esami di Stato

Nulla di quanto riportato sopra è previsto con i percorsi suddetti.

Bruschi conclude il suo intervento, suggerendo le tre condizioni necessarie affinché i percorsi quadriennali abbiano successo:

“La prima, è che percorsi del genere difficilmente possono attecchire in realtà che non abbiano una attitudine reale all’innovazione, attitudine che non si misura in quantità o varietà di progetti prodotti nel tempo, ma in pratica didattica e organizzativa quotidiana. Non so se tra i criteri per la selezione dei progetti il “vissuto” sarà preso in considerazione, ma potrebbe essere un’idea; così come forse potrebbe risultare opportuna una visita “in loco”. Perché il timore è che si apra una sorta di “gara”, ove a risultare premianti siano più la fama o la storicità delle istituzioni che l’attitudine all’utilizzo delle risorse dell’autonomia, alla ricerca-azione, alla formazione. Il che non vuol essere un giudizio di merito, ma un invito alla riflessione su quale sia la pianta migliore su cui innestare un percorso simile. Una eccellente istituzione scolastica di tradizione non è terreno migliore di una istituzione meno nobile, più “recente”, meno famosa, ma più dinamica e con più esperienza sperimentale.

La seconda condizione, strettamente correlata, è che su un percorso quadriennale devono essere incardinati insegnanti non solo “bravi”, ma soprattutto “adatti”: ad esempio, in grado di variare la propria didattica; più attenti al possesso saldo dei contenuti epistemologici delle discipline che all’enciclopedismo, spesso a dire la verità piuttosto effimero. Faccio due esempi che ho potuto riscontrare. Il compattamento può prevedere un carico orario nella stessa disciplina di tre o più ore nella stessa giornata. Se sono impostate tutte secondo una metodologia tradizionale, rischiano di essere vane, per quanto ben condotte. Ancora: se io, studente, conosco i caratteri essenziali del linguaggio e dello stile della Commedia dantesca, sono in grado di trasporli anche in canti che non ho mai specificamente affrontato, e di creare “inferenze”, connessioni, percorsi che mostrano l’assimilazione delle competenze disciplinari e il raggiungimento dei traguardi previsti dal PECUP. La “palla” è del Dirigente Scolastico, perché nessuno schema, nessun titolo, nessun curriculum può sostituire la conoscenza diretta delle situazioni e delle persone.

La terza condizione riguarda gli studenti. Il “quadriennale” non è, non vuole e non deve essere un percorso per “geni”. Ma è un percorso che richiede, per essere affrontato, il possesso saldo e senza lacune (tutt’altro che scontato) dei traguardi in uscita del primo ciclo di istruzione e una forte motivazione allo studio. Una qualche forma di selezione sulla base del voto in uscita del primo ciclo o su valutazioni in ingresso appare culturalmente difficilmente praticabile, perché ci si muoverebbe sul terreno insidioso del cosiddetto “obbligo”/diritto dovere e delle tesi estreme sulla base delle quali la scelta dello studente e della famiglia, per quanto possa essere dettata da attese sproporzionate, è sacra. Spetta all’autonomia delle istituzioni scolastiche proponenti trovare le modalità migliori, innanzitutto in sede di orientamento, per evitare prevedibili insuccessi scolastici o formativi. Strategia non facile, perché la sperimentazione mette in gioco un fattore determinante quale il tempo: unico bene non recuperabile.”

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