Libro al centro della didattica, scelta controcorrente? No, ecco perché. Lettera

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Inviato da prof.ssa Anna Di Meglio Copertino- Il libro, al centro del programma dell’anno scolastico  in  corso. Scelta controcorrente?

Libro, non solo come “sapere”, ma come strumento di sviluppo di reti neuronali, poiché l’apprendimento è la “capacità della mente di modificare il comportamento in una direzione desiderata al variare delle connessioni sinattiche (pesi)” (da “Introduzione alle Reti Neuronali”, di G. Buttazzo), da cui si comprende che non sono i neuroni, in sé, a consentire l’apprendimento, bensì le sinapsi (o collegamenti, relazioni) attivate fra quelli. ( 1949, Hebb: dagli studi sul cervello emerge che l’apprendimento non è una proprietà dei neuroni, ma è dovuto a una modifica delle sinapsi.)

Attivabili con l’esercizio.

Libro come riflessione.

Potenziamento intellettivo e intellettuale.

Stimolo al ragionamento complesso, critico.

“Cogito ergo sum”,  penso dunque sono, comprendo ed esprimo opinioni, ma opinioni motivate, fondate, argomentate, articolate;

non giudizi categorici, emotivi, superficiali, arroganti, riduttivi, ottusi, intolleranti verso il pensiero e l’essere altrui.

Libro, anche come freno necessario, riequilibrante al dilagare – spesso violento e spietato – della velocità caratteristica delle nuove tecnologie:

il messaggino, il twitter, la comunicazione sui social, le forme abbreviate, gli emoticon, di cui tutti, sia chiaro, facciamo uso.

Il libro, come compensazione dei risvolti negativi, come argine alle conseguenze – divenute incontrollabili – della comunicazione “mordi e fuggi”.

 La velocità ha un’utilità, la lentezza, un’altra.

Utilità diverse. Necessarie, entrambe.

Oggi si assiste all’imporsi soprattutto della prima, divenuta spia di una trasformazione della stessa qualità dell’essere e del relazionarsi.

La comunicazione fulminea, telegrafica, monca, istantanea, se non compensata, genera superficialità, ignoranza, incapacità di concentrazione, di sviluppare il ragionamento complesso, di PARLARE, persino.

Le parole , i lemmi, si riducono,  si perdono, e ciò sta determinando una sorta di cammino inverso a quello dell’evoluzione dal semplice al complesso, con un ritorno dal complesso  al semplice, anzi al semplicistico, che ha valenza negativa, bugiarda, perché semplicistico significa riduttivo, cioè che non rende davvero ragione di ciò che è.

Si sta assistendo a un impoverimento della conoscenza, del sapere di massa, che era stata una conquista della DEMOCRAZIA, poiché senza conoscenza, senza consapevolezza, capacità critica non si può scegliere oculatamente, dire “no”, costruirsi e costruire alternative adeguate.

E’ in crisi la democrazia; il potere è in mano a caste, di natura sempre più meramente economica che non politica, poiché la politica è un’ “arte”, complessa, articolata, che meriterebbe rispetto.

Oggi  imperano per lo più caste economiche e dilagante populismo, che non è democrazia, bensì una semplicistica forma di sbandieramento di ragioni o esigenze spacciate come appartenenti al popolo, ma in realtà svuotate di articolazione, ricche di equivoci e contraddizioni, come la questione dei migranti ben mette in luce.

La scuola – calata nel sistema – subisce l’attacco degli stessi mali:

semplicismo, ipocrisia, vacuità, corruzione;

in essa, nella logica aziendale che vede lo studente trasformato in cliente, ogni genere di difficoltà o di ostacolo o di demotivazione dei ragazzi pare DEBBA tramutarsi in giustificazione tout court per il mancato impegno e il non raggiungimento degli obiettivi fissati e attesi, rendendo i ragazzi stessi fragili e privi di fiducia e rispetto verso l’istituzione.

Un malinteso senso di tolleranza e libertà , valori imprescindibili, produce di frequente maleducazione, volgarità, arroganza, cinismo, mancanza di ricchezza intellettiva e, parimenti, di sensibilità, cuore, passione.

La presenza dei genitori troppe volte non rappresenta stimolo, ausilio, collaborazione all’attività didattica, bensì una forma di ricatto, di minaccia rivolta al docente, fino all’aggressione e alla violenza fisiche, quando le famiglie identificano come bene primario il fatto che al figlio vada garantito il successo a ogni costo, di facile raggiungimento,  persino del tutto immeritato.

Statistiche, sondaggi, studi condotti da esperti confermano un trand drammatico:

  • studenti non formati come uomini né come cittadini, che risultano inoltre ignoranti e superficiali;
  • valutazioni, per lo più gonfiate , eccessive.

( si v. anche T. Nichols*, “La conoscenza e i suoi nemici. L’era dell’incompetenza e i rischi per la democrazia”, ed. Luiss,2017; *professore allo U.S. Naval War College e alla Harvard Extension School, autore di numerosi saggi e studi sui temi della sicurezza internazionale e della politica estera)

Tale stato d’impoverimento progressivo della qualità dell’insegnamento, ormai, come si diceva, denunciato pressoché universalmente, rappresenta un triste bilancio, che rischia di essere accettato come ineluttabile dagli operatori del settore, sicché persino i più validi e motivati tra loro ( tra noi !), pur lottando in direzione contraria, sembrano di fondo rassegnarsi all’evidenza di una platea di discenti divenuta via via sempre meno disponibile all’impegno e alla responsabilità. Una platea che pretende un sapere ridotto in pillole, tolleranza di ogni manchevolezza e facile promozione.

Volendo imbastire , ad esempio, un confronto approssimativo nell’ambito della scuola superiore , non sarebbe eccessivo affermare che il livello del programma affrontato dalle classi trent’anni fa sarebbe oggi improponibile e ritenuto di tipo specialistico – universitario.

Ciò risulta frutto, in parte,  dell’impostazione e della politica pedagogiche affermatesi soprattutto a partire dalla seconda metà   del Novecento, in parte, della deriva politico-sociale che sta caratterizzando l’età contemporanea.

Non sono le nuove generazioni, evidentemente,  a nascere malate o inadeguate o insensibili, bensì sono i loro riferimenti sociali a non rappresentare più per esse validi e autorevoli modelli di formazione.

Siamo dunque noi adulti a doverci interrogare a riguardo.

Nell’imminenza di un ennesimo nuovo anno scolastico la scrivente sente con sempre maggiore urgenza la necessità di fare chiarezza. Vanno ,sì, garantiti  ai discenti

  • strumenti adeguati,
  • spiegazioni accessibili , puntuali e ripetute,
  • appunti e riduzioni dei carichi di lavoro (in base alle: -esigenze rilevate tramite sondaggi dei livelli di partenza , -ulteriori prove e progressive, -osservazioni, -eventuali informazioni – e -certificazioni fatte pervenire),
  • possibilità di recupero costanti,
  • COMPRENSIONE : autentica, scevra da pietismi diseducativi,

ma, contemporaneamente, gradatamente e progressivamente,

i discenti stessi DEVONO essere  educati al RIGORE, al confronto diretto con realtà problematiche, alla conoscenza, all’analisi critica, all’amore per la bellezza, alla curiosità per le scienze, anche tramite un approccio a testi di vario genere e diversa complessità.

Tramite il Libro, dunque.

La valutazione – altra nota dolente in un sistema equivoco- dovrà tener conto , certo,

– dell’ impegno profuso e della partecipazione al dialogo educativo e didattico, onde valorizzare buona volontà e disponibilità,

-ma anche dell’onestà del comportamento, perché la scuola è formazione,

-della costanza, perché formazione è anche assunzione di responsabilità,

-delle capacità applicate, perché la scuola certifica la qualità delle conoscenze e competenze acquisite ( e tale certificazione dovrebbe essere veritiera e attendibile),

-del cammino via via  compiuto verso la complessità, dunque dei progressi fatti rilevare in itinere, perché la scuola è crescita , intellettiva ed etica.

Cari ragazzi, veri protagonisti e beneficiari , più che destinatari, di questa lettera , che vorrebbe indurre alla riflessione soprattutto il mondo degli adulti, i docenti, fra cui la scrivente, che ha  alle spalle lunghi anni di esperienza e una professionalità costruita soprattutto su  impegno e passione, hanno il dovere di essere a scuola ad assicurarvi serietà , coerenza, “vicinanza” e disponibilità.

Voi – con impegno e passione, comunque – avete quello di dimostrare  disponibilità a  cogliere l’occasione di diventare persone migliori,  più sensibili, oneste, corrette, generose, tolleranti, aperte, responsabili e colte, competenti, capaci di padroneggiare il più possibile la parola orale e scritta, il discorso, nella ampia gamma delle sue funzioni.

Siate  a scuola , ricordando che essa ha una specificità: SCUOLA, non ambiente domestico, benché anche la scuola debba essere accogliente, non parco giochi, benché anche a scuola siano previsti distensione, sano svago e momenti di apprendimento in modalità ricreativa, non strada né piazza, benché anche la scuola favorisca incontri e socializzazione, non la chiesa di un unico credo, ma la casa spirituale di tutti, perché la Scuola garantisce il diritto di tutti a professare la propria fede o a  non professarne alcuna.

La scuola è un sistema in cui tutte le componenti devono interagire – con rigore e passione – affinché la vostra crescita educativa e culturale  assicuri alla società nel suo complesso l’immissione di energie fresche, aperte, propositive, duttili, sane nei valori squisitamente umani.

Buon anno scolastico a voi!  Buon anno  alle vostre famiglie, cui si chiede di collaborare per il raggiungimento di obiettivi comuni, morali e culturali.

Buon anno, colleghi, tanti dei quali mi onoro di conoscere, professionisti spesso non riconosciuti come tali, nella considerazione sociale e nel trattamento economico, ma validi e idealisti: riguadagniamo centimetro per centimetro il terreno perduto! Ne va della nostra dignità e della qualità della vita sociale futura.

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