Lettera di incoraggiamento ai precari della scuola

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inviata da Laura Baligioni – Gentile redazione,  ho una confessione da fare: sono insegnante da sei anni ma lo faccio senza titolo! 

Ho affrontato due selezioni per il TFA, la prima per la materia e la seconda per entrare al Corso di Specializzazione per le attività di Sostegno, in entrambi i casi non sono entrata, con grandi crisi di coscienza e momenti di disagio interiore, ho comunque continuato a fare l’insegnante, senza titolo.

Questa lunga attesa mi ha permesso di riflettere molto, su me stessa e sulle modalità di selezione che il MIUR ci propone assieme alle Università.
Sono laureata con 110 e lode, la mia Università ha certificato le mie conoscenze al livello massimo della votazione ancora corrente, ebbene, la stessa Università, dietro pagamento, mi ha testata per entrare a far parte del mondo scuola mediante TFA ma in questo caso le mie conoscenze non sono risultate idonee.

Mi sono  iscritta in terza fascia ed una scuola, assieme al MIUR,  mi ha affidato una supplenza dichiarandomi abile ad insegnare in ben 8 classi, senza titolo.

Mi sono prodigata per tre anni in una scuola paritaria, che in realtà paritaria lo è solo per i doveri, quanto ai diritti lo Stato decide di non riconoscere questa esperienza ai fini dell’accesso ad un eventuale concorso, anche per questo, dopo sofferte valutazioni, ho deciso di attendere le eventuali chiamate dalla Statale.

Sono entrata così nel 2018 nella Scuola Statale come insegnante di sostegno fino al 30 giugno, mi hanno affidato  un caso speciale e  al termine del primo anno lascio la scuola allo scadere del contratto congedandomi da colleghi, genitori e alunni tutti; naturalmente, anche in questo caso senza alcun titolo.

Quasi  fine anno scolastico ho tentato la selezione per il TFA del sostegno ma sono stata bocciata al secondo scritto.

Nel 2019, a settembre, vengo confermata come insegnante di sostegno fino al 30 giugno, di nuovo mi viene affidato il caso che precedentemente avevo curato; ancora senza titolo.

E a grandi passi arriviamo ad oggi, in questo clima di incertezza che coinvolge addirittura i contenuti che saranno “esaminati” in sede concorsuale.

Rifletto e concludo che il mio 110 e lode non è valso come certificazione di competenza per accedere ad un corso tenuto dalla stessa istituzione che mi aveva valutata con i massimi voti; la Scuola Statale, nonostante io sia stata dichiarata non idonea ad abilitarmi mi chiama e stipula un contratto alla cieca per ben 9 mesi mettendomi in mano 8 classi di una scuola media e in seguito un alunno speciale del quale ancora oggi mi prendo cura, ah, nel mentre divengo coordinatrice di classe occupandomi del PEI, dei PDP, stilo la programmazione di classe, interagisco con i genitori ai Consigli di Classe aperti ai rappresentanti, consegno pagelle, verbalizzo gli scrutini e consegno la relazione finale di classe e del sostegno.

Per fare dignitosamente tutto questo mi sono state utili molte cose oltre all’indispensabile apporto dei miei bravissimi colleghi.

Ho usato la mia empatia, sviluppato il mio pensiero divergente molto spesso grazie anche ad apprendimenti significativi nel corso del mio lifelong Learning che ovviamente sarà permanente; ho esplorato la zona del mio sviluppo prossimale, attivato tecniche di tutoring e mentoring e spesso ho scoperto di aver un’inaspettata intelligenza emotiva capendo inequivocabilmente che il mio cappello per pensare è di certo quello rosso.

Ho compilato rubriche valutative, utilizzato mediatori didattici digitali, io stessa mi sono a volte improvvisata facilitatore, ho strutturato attività di flipped classroom, peer to peer e visionato progetti; eppure il mio certificato delle competenze non è arrivato (nonostante le citazioni dei paroloni che avete appena letto e che ritroviamo in qualsiasi compendio a buon mercato) e sapete perché?

Perché il MIUR, a dispetto di tutte le Indicazioni che ci propina e delle quali dobbiamo ricordare data e numero identificativo, nel nostro caso ha pensato ad un certificato, sì, ma delle conoscenze, o meglio della nostra capacità di memoria; saper utilizzare le TIC può essere utile e talvolta indispensabile ma non agli insegnanti che devono invece conoscere a memoria titoli e numeri identificativi di ogni legge che si è espressa in materia scolastica, noi no, Google non possiamo consultarlo, la risposta è affidata solo alla nostra memoria plastica e al nostro pensiero fluido.

Che dire? In fondo siamo fortunati, facciamo un lavoro meraviglioso, il problema è solo mantenerlo, ma rassereniamoci, una volta entrati di ruolo potremo anche dimenticare tutto, nessuno più ci testerà o chiederà dimostrazioni di professionalità, a quel punto tutte le nostre nozioni pre-concorsuali potranno essere dimenticate.

Coraggio! Basta imparare a memoria date, leggi, nomi di pedagogisti e grandi pensatori, a quel punto saremo davvero pronti per entrare in aula e far parte finalmente del famoso corpo docente.

Del resto qualcuno ce l’ha fatta, tra loro molti ci mostrano ogni giorno come vorremmo essere e proprio a questi dico grazie; a tutti gli altri, il cui merito è davvero solo quello di aver memorizzato nozioni al momento opportuno, chiedo un moto di coscienza che li porti a correggere la propria condotta o a prendere la via della porta per uscire dal mondo scuola pur sapendo che nonostante le incoerenze, le dimostrazioni di disvalore e di mancata etica del lavoro, purtroppo nessuno mai li licenzierà grazie alla loro performance in quel fatidico giorno stabilito dal Ministero.

Coraggio! A chi si appresta a concorrere a questo tiro al bersaglio della crocetta dico che un sorriso, forse, ci salverà, in attesa di un Ministro che saprà comprendere i veri bisogni della Scuola sebbene la mia speranza sia che al suo arrivo saremo già saliti in barca perché in fondo il naufragar ci è dolce in questo mare.

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