La riscoperta della didattica nei colori e nei profumi della terra. Lettera

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Fernando Mazzeo – In alcune realtà scolastiche, in verità ancora poche, dalla Scuola dell’infanzia alla Scuola Secondaria di primo grado, per far conoscere ai ragazzi i colori, i sapori e i profumi della nostra terra, per promuovere le caratteristiche del nostro territorio, per far capire l’importanza del vivere in sintonia con la natura, rispettando i suoi ritmi naturali, si sta cercando, attraverso percorsi didattici innovativi e alternativi, di educare alla riscoperta di antichi riti, di antiche immagini che rievocano antiche emozioni.

La vendemmia è il periodo migliore per incamminarsi lungo il sentiero di passate e presenti realtà locali modellate e plasmate dal tempo , lungo una storia millenaria che ha visto protagonista laborioso ed operoso un “Popolo di formiche” che fervidamente, in silenzio e con fatica, contrariamente a chi vorrebbe snaturare la bellezza del paesaggio proponendo una fredda, ma redditizia cultura del lusso, cerca di offrire al mondo l’ immagine di una terra che ama inebriarsi di luce e di arte, che sa ancora donare calore e amore umano, che sa vestirsi di umiltà, che non ama indossare abiti curiali.

Ci sono luoghi che, nonostante le antiche e mute devastazioni, le grandi disgregazioni sociali, le complesse vicissitudini, indipendenti, semplici e fieri sono in grado di promuovere una cultura feriale carica dei profumi e dei colori della terra e delle pietre.

Una sorta di dotta ignoranza di un popolo che, con fantasia, spirito di intraprendenza e passione, abilmente, facendo leva su tutte le proprie energie, riesce a coniugare la millenaria civiltà del vino con la letteratura, l’arte, la poesia, le tradizioni, l’ambiente. Ne scaturisce una immagine di ineguagliabile freschezza che parla un linguaggio di fatica, di dolore, di pazienza, di sofferenza, di passione, di rumori, colori e profumi spesso sconosciuti ai più giovani.

Proporre nelle scuole la storia e il ciclo della vite, dal solco dei filari ai grappoli, dal copioso e inebriante mosto alla bottiglia, alternando volti, immagini, colori e sapori di territori tutti da scoprire e valorizzare, significa far comprendere alle nuove generazioni la freschezza, la vivacità di certe immagini, di certi gesti penetranti, silenziosi, sempre più forti che costituiscono la linfa del sudore e del valore umano, il ciclo della vita imprigionato tra la ridente libertà e luminosità del paesaggio e gli enigmi di una pazienza, di una fatica millenaria.

Una scuola che si preoccupa e si impegna ad educare i giovani al contatto diretto con la natura, a promuovere la laboriosità, a favorire la formazione di immagini che proiettano nel mondo dell’uva e del vino (le geometrie dei vitigni, il piccolo palmento, il torchio, vecchi fiscoli, mani generose e sapienti ecc.), significa attivare un immenso laboratorio educativo e didattico, in cui il senso della vita, attraverso una esplosione di colori, profumi, odori e sapori, si configura e traspare in tutta la sua dimensione valoriale.
In questa prospettiva, la grande vendemmia e la vita segnata dai ritmi della natura possono compiere il miracolo di un nuovo genere dalle enormi potenzialità: la Viti-cultura.
Nel cuore e nella bellezza del paesaggio i ragazzi devono poter apprendere la laboriosità, osservare i movimenti sicuri e fermi della mano guidati dalla sapienza e dall’intelligenza, respirare l’aroma del vino, l’ irresistibile sapore di uva, l’ odore di acini pestati ed apprezzare l’ inebriante profumo della natura che si diffondeva e si diffonde ovunque.
Per ottenere il meglio, per custodire e preservare una ricchezza inimitabile da tramandare e valorizzare, per far conoscere una cultura che si incarna in tutta la travagliata vicenda della meravigliosa terra che la natura a gara con l’ uomo ha disegnato, scuola, enti locali e territorio, devono iniziare ad essere in “fermento”.
La vera educazione comincia in un solco, in sentieri di campagna dove si avverte, magico e gioioso, il profumo della buona terra.
I frutti della terra, simbolo di una vocazione antica, devono, dunque, invitare alla riflessione, devono indicare una via educativa nuova che, attraverso le tradizioni, l’arte, la cultura, la poesia ecc., aiuta e guida i giovani a sentire e ad agire eticamente.
Anche ciò può essere “Buona Scuola”.

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