La povertà obbligatoria del docente nel nuovo contratto della scuola. Lettera

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Inviato da Massimo Bidotti – Dalla stampa ho appreso con profondo disappunto che la segretaria del mio sindacato, la CISL, Maddalena Gissi, ha fretta e una voglia, direi follemente smaniosa, di firmare il contratto.

Da iscritto CISL e docente della scuola pubblica italiana esprimo la mia più grande indignazione di fronte a una simile dichiarazione. La segretaria Gissi sa meglio di me che ad oggi gli aumenti previsti nella legge di bilancio per il nuovo contratto dei dipendenti statali sono così irrisori che la migliore soluzione è non firmare il contratto e pretendere, anche attraverso azioni legali, laddove si dovesse rendere necessario, il pagamento dell’indennità di vacanza contrattuale a partire dal 2015. Mi auguro di cuore che la segretaria della CISL si ravveda in tempo e convinca i rappresentanti sindacali delle altre sigle a non firmare il contratto. In caso contrario, sarò costretto mio malgrado a lasciare la CISL e ad aderire ad altre sigle sindacali, che mi paiono sinceramente ad oggi maggiormente rispettose della dignità sociale ed economica, che dovrebbe spettare ad ogni docente della scuola pubblica italiana.
Invito inoltre sindacati come la CGIL, la UIL e la CISL a cominciare a svolgere più seriamente il proprio lavoro, ossia a difendere per davvero i docenti e, in generale, tutti gli operatori della scuola. Li inviterei in particolare a non firmare il contratto, non solo perché gli aumenti sono irrisori, ma anche perché non sono previste tutele adeguate verso nuovi e imprecisati obblighi, come quello della formazione in servizio, che è stato lasciato al libero arbitrio, alla fantasia e a soluzioni talvolta assurde di dirigenti scolastici, forse immemori che un tempo erano anche loro insegnanti. Il nuovo contratto si profila infatti come il peggior male possibile che può cadere sulla nostra testa di insegnanti dopo la sventurata legge 107/2015.
Sarebbe una colpa gravissima se i sindacati firmassero un contratto così in fretta, con così scarse risorse disponibili e senza mettere peraltro per iscritto in maniera chiara ed inequivocabile quelli che devono essere i diritti imprescindibili di ogni docente (mi limito solo ad alcuni esempi: libertà di insegnamento così come libertà di autoformazione e di autoaggiornamento, centralità del docente e non solo del discente e del dirigente nel sistema di istruzione, esonero totale da qualsivoglia incombenza burocratica – non siamo impiegati amministrativi! – riconoscimento del lavoro intellettuale del docente, compensazione con buoni-pasto delle giornate lavorative eccedenti l’orario antimeridiano, ecc.). Un simile contratto, ripeto, condannerebbe, più di quanto non abbia già fatto la legge 107/2015, i docenti non solo a una “ falsa e poco efficace formazione” imposta dall’alto, alla burocrazia folle e alla mobilità obbligatoria, ma di di fatto sarebbe per i docenti il preludio verso quella che non esito a definire una condizione di schiavitù e di povertà obbligatoria. Una schiavitù e una povertà obbligatoria che sarebbero date, paradossalmente, non tanto e non solo dal Governo, ma proprio da quelle associazioni, che più dovrebbero avere a cuore gli interessi dei docenti, ossia i sindacati di categoria.
Mi auguro che i rappresentanti sindacali di CGIL, CISl e UIL meditino bene sul lavoro e sull’opposizione dura che debbono svolgere contro un contratto che si profila disastroso. In caso contrario io e, credo e mi auguro, molti altri miei colleghi dovremmo seriamente pensare di aderire ad altre sigle sindacali più giovani e agguerrite.

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