La didattica a distanza rischia di ridursi alla videoconferenza. Lettera

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inviata da Prof. Ruggiero Balice – Claudio Cerasa ha scritto sul Foglio un prezioso contributo a sottolineare quanto la scuola abbia saputo trasformare, senza alcuna tregua, direttamente proiettata “in situazione, un dramma nazionale in una opportunità di cambiamento, cogliendo la situazione per una prova generale di evoluzione di un sistema di grande portata quale la scuola è, con una risposta immediata a impedire l’interruzione di un servizio che ha valore di connessione del tessuto sociale del Paese.

La reazione però, sebbene poderosa e immediata, rischia la deriva burocratica che ha sempre di fatto afflitto la Pubblica Amministrazione e la scuola in particolare, dove ancora si stampano “programmi” da anni superati dalle “indicazioni nazionali”, dove la programmazione delle attività richiede continue burocrazie per organizzare elementi flessibili di didattica quali visite, uscite e simili.
Si aggiunga il paradosso Ministeriale per cui un docente non può acquistare col BUONO DOCENTI un microscopio oppure un telescopio, una webcam, se non in questo frangente fino al 31/03, microfoni, hotspot, scanner. Anche questo aspetto è da RIFORMULARE alla luce dei cambiamenti in atto e con la massima solerzia per mettere appunto FINE al paradosso.
Anche la “lezione frontale” passata ai ricordi in bianco e nero rischia di tornare ad essere perno di un sistema che invece dovrebbe imboccare con decisione la VIA DELLE COMPETENZE, trasformandosi il proprio lavoro e anche la tipologia di prodotti da valutare, aspetti questi in cui la tecnologia, intesa come capacità di utilizzare software e applicazioni di produttività, facendola diventare un elemento essenziale e propulsivo.
Si rischia di tradurre Didattica a distanza con Videoconferenza.
In particolare su questo si consuma una diatriba di privacy, di burocrazie, senza porsi però delle domande più a monte.
Innanzitutto in merito all’efficacia che una videoconferenza  possa avere in ambito formativo.(Diverso l’ambito organizzativo o di management dove l’immediatezza è il parametro di riferimento)
Molti hanno pensato di sovrapporre videoconferenze agli orari scolastici preesistenti.
Questa modalità è molto dispendiosa in termini di consumo di credito dati, intasamento globale della rete, difficoltà nel disporre di connessioni stabili con conseguente perdita di segnale audio e/o video.
Inoltre la videoconferenza è invasiva rispetto agli ambienti domestici e dove ci sono più figli contemporaneamente e magari anche il genitore insegnante, in una casa non molto grande, è comprensibile come questo sistema trovi un limite evidente e di conseguenza sia inapplicabile in tale forma.
Non vi è inoltre  possibilità di RIVEDERE la lezione e al tempo stesso l’Istituzione scolastica non inizia a investire invece sulla realizzazione di materiali prodotti dai docenti e condivisi come patrimonio di buone pratiche, delle VERE MEDIATECHE.
Le norme sui videoterminali inoltre dovrebbero far riflettere con maggiore attenzione quando si parla di minori, i quali hanno necessità di 20-30 minuti di pausa ogni ora di connessione e questo rende impraticabile l’orario scolastico abituale.
Forse alcuni docenti non rinunciano all’idea cara di lavorare principalmente al mattino. Ma la situazione e LA DEFINIZIONE STESSA di DIDATTICA A DISTANZA presuppongono tempi di produzione del materiale e di fruizione dello stesso più ampi, flessibili, che appunto siano in linea anche con le possibilità di conciliare le esigenze di un nucleo familiare.
La conferenza diventa efficace se poggia su un percorso erogato dal docente attraverso la produzione di un materiale proprio, specifico, non sempre di rimando. Certamente ci sono delle produzioni che possono essere consigliate e anche le mie sono concepite per un pubblico che non coincide necessariamente con i miei alunni. Bisogna però imparare a utilizzare non solo le applicazioni dei telefonini ma puntare sullo sviluppo di prove di competenza che riguardino le abilità informatiche.
Attraverso l’analisi dei dati di ascolto del mio canale è emerso come i giovani facciano PURTROPPO principalmente uso del TELEFONINO piuttosto che del PC e in molte case, a fronte della presenza di parecchi telefoni, potrebbe non esserci affatto un PC.
Questo aspetto di riconversione anche delle abitudini e delle finalità degli investimenti tecnologici non è da sottovalutare.
Acquistiamo i PC al posto di continuare a coltivare la logica dei libri di testo, ormai anche quelli non obbligatori ma di fatto presenti ovunque. Lo dico da AMANTE della CARTA, ma non certo quella di comuni manuali scolastici.
Non si possono attendere materiali prodotti dalle case editrici ma bisogna acquisire  le competenze per farlo direttamente.
Le mediateche sono il luogo giusto dove condividere e sviluppare buone pratiche comuni, dove incentivare una sana crescita e la promozione delle nuove metodologie didattiche.
In questo senso è necessario saper guardare chi produce cose interessanti e avere la voglia di crescere professionalmente mettendosi in gioco anche al di fuori dell’ambiente ovattato e familiare della propria classe, dei propri studenti, separati dal mondo attraverso una porta.
Al tempo stesso, l’allarme per il  “come valutare” e il problema dell’interpretare la Dad come puro scambio di materiale trovato in rete con gli alunni lasciati a se stessi nello studio sono altre questioni che, nonostante le indicazioni del Ministero abbastanza chiare, tardano ad essere, non tanto comprese, quanto tradotte in una SOLUZIONE, cioè riconvertendo le Modalità didattiche alle BUONE PRATICHE, eventualmente mettendo nel cassetto talune modalità didattiche fuori dal tempo.
In una classe, un docente poteva restare uguale a se stesso nel tempo, saecula saeculorum, mentre adesso ciascuno è esposto all’esterno, ai colleghi, alle famiglie, e francamente io trovo questo aspetto una sfida avvincente, che non può che portare beneficio alla qualità della didattica.
I docenti devono riflettere sulla necessità di capitalizzare in competenza questo frangente e abbandonare l’idea di fare immediatamente un passo in dietro non appena non si parli più di emergenza.
Questo CAMBIAMENTO è COMUNQUE NECESSARIO, INDISPENSABILE.
La formazione può conseguire risultati più esaltanti, di eccellenza, in linea con le altre istituzioni scolastiche europee, ma questo passa per una valorizzazione del personale competente, capace di indirizzare a buone pratiche che non sempre la scuola italiana riesce a fare.
Quando si parla di FORMAZIONE, bisognerebbe aprire un capitolo importante e verificare quale sia il livello formativo di ciascun docente, cosa che non viene considerata nelle graduatorie interne dove vige ancora un SISTEMA di ANZIANITÀ’ che può solo limitare le capacità espressive del mondo scolastico.
Ieri sera commentava Marco Travaglio che lo smantellamento sanitario è stato realizzato da un po tutti i governi e alla stessa maniera, come diceva anche Berlinguer, il “Pubblico” era percepito come terreno di conquista e spartizione politica col risultato che spesso alcune realtà siano state gestite da incompetenti retti dalla politica.
Anche la scuola, a lungo, non è riuscita a sottrarsi a questo e una delle emergenze è proprio quella di rimettere al centro le competenze, il merito, la didattica, l’innovazione, la democrazia.
Gli strumenti premiali devono essere finalizzati a questo SCOUTING dei docenti che possono e vogliono contribuire in maniera significativa al progresso dell’universo scolastico.
Al contrario se si cerca di fare inerzia, coltivando sempre un sogno di ritorno al passato, diventerà difficile trasmettere un’idea dei FUTURI POSSIBILI ai giovani, piuttosto che l’abituale concetto di MEMORIA, chiuso su se stesso, nichilista, senza una immagine di cosa, in opposizione, si possa fare per andare avanti e meglio.
Le Pubbliche Amministrazioni devono raggiungere un livello di trasparenza decisamente più profondo poiché il sistema organizzativo lascia ampi spazi ad autovalutazioni circolari di natura estetico-burocratica da parte delle Istituzioni scolastiche.
Grazie per la cortese attenzione.

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