La beffa della mobilità, lettera di un marito di un’insegnante

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Arcangelo Santamaria – Altra beffa per i docenti della scuola primaria immessi in ruolo e deportati al Nord con la Legge 107 del governo Renzi.

 Solo 2.200 insegnanti, a seguito della domanda di mobilità, sono riusciti a cambiare regione. Il tanto agognato sogno del ritorno a casa, per tanti è svanito. Anche il ministro ed ex sindacalista Valeria Fedeli, con l’accordo delle organizzazioni sindacali, ha spezzato le gambe agli insegnanti che credevano di avere ripreso la strada del ritorno verso casa, dopo l’accordo che prevedeva l’annullamento del vincolo triennale di permanenza nella provincia di immissione un ruolo. Dopo la mazzata elettorale subita al referendum sulla riforma costituzionale, il governo Gentiloni era corso ai ripari, rimuovendo il ministro Stefania Giannini e il suo vice Davide Faraone, piazzati al Miur da Matteo Renzi. Al suo posto Valeria Fedeli, esponente sempre del Pd (quella che aveva “sbagliato” il proprio curriculum vitae dicendo di essere laureata), che in un primo tempo, visti anche i suoi trascorsi sindacali, era partita col piede giusto, cercando di correggere la legge su “La Buona Scuola” che, per ammissione delle stesso Renzi, dopo la scoppola di novembre, “tanto buona non era”. Ma una volta seduta al tavolo delle trattative con i suoi ex colleghi di Cgil, Cisl, Uil e altre siglette varie, le buone intenzioni iniziali sono andate a farsi benedire. La spasmodica ricerca di un nuovo bacino elettorale per le forze politiche governative e quella di tessere per sopravvivere all’interno di organizzazioni sindacali sempre meno credibili e ridotte a meri centri di disbrigo pratiche e rifugi per chi il sindacalista oramai lo fa di mestiere, non ricordando più nemmeno la propria prima occupazione, hanno propinato l’ennesimo calice amaro per migliaia di persone. Un calice da bere tutto d’un fiato. L’accordo tra Miur e sindacati prevedeva solo il 30% dei posti vacanti da destinare  a chi chiedeva di cambiare sede di lavoro e il 10% agli insegnanti che chiedevano di cambiare il grado di istruzione. E il resto? Ai nuovi clienti. Nuove mucche da mungere alle prossime elezioni e pronte a tamponare l’emorragia di tessere che oramai da tempo sta “dissanguando” i sindacati. Dei 4mila 720 docenti della scuola primaria che lo scorso anno scolastico il celeberrimo algoritmo del Miur, aveva sbattuto al Nord, poco meno di 100, con la nuova mobilità, hanno fatto rientro nell’Isola. Posti al Sud Italia non ce ne sono. Come al solito la giustificazione ufficiale è quella del calo delle nascite. Ma chi la scuola la vive da dentro ed ha avuto la “fortuna” di insegnare al di sopra e al di sotto di Roma, sa bene che le cose non stanno così. Anche l’Italia scolastica è divisa in due e cammina a velocità diverse. Basterebbe renderle ugualmente funzionali per avere studenti con le stesse possibilità di istruzione e posti di lavoro anche nelle scuole della “Terronia”. Nel frattempo continua il dramma delle famiglie spaccate dalla Legge 107 (mamme, mogli, padri e mariti), a centinaia e centinaia di chilometri dai propri affetti e dalla propria terra, per una scelta (è bene dirlo) non propria, ma imposta da una legge assurda che ha subdolamente cambiato le regole del gioco mentre la partita era in corso.

 

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