“Invettive” da social minano rispetto tra colleghi. Lettera

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Inviato da Mario Bocola – Si parla spesso di rispetto degli alunni nei riguardi degli insegnanti; si parla spesso di rispetto dei genitori nei confronti dei docenti, ma esiste anche il rispetto tra i singoli docenti che, in questi tempi di socializzazione di massa, viene costantemente disatteso.

L’avvento dei social ha praticamente fatto saltare tutti gli schemi del buonsenso, della buona educazione, delle risposte garbate, fatte per non intaccare la suscettibilità dell’interlocutore, E sovente si assiste a vere e proprie “invettive” da social che minano fortemente il rispetto e tutte le forme della buona educazione.

Chiunque scrive si espone al giudizio degli altri e il suo pensiero può essere condivisibile o meno. Ciò non vuol dire che, perché non lo si condivide e non si è d’accordo, si deve essere attaccati in modo indegno da intaccare addirittura la dignità e la professionalità degli altri, soprattutto, se non si conosce la storia personale.

Ancor più grave è che questo accade da parte di insegnanti che “dovrebbero” (il condizionale è qui molto d’obbligo), i quali rivestono un ruolo sociale importante, essendo educatori, e quindi persone deputate ad insegnare il rispetto delle regole, delle cose, dei luoghi e di tutti gli esseri umani.

I social network, sono un potentissimo strumento di comunicazione, di scambio di idee e di opinioni e non deve essere usato (come sovente accade), quale strumento per dileggiare, offendere e denigrare le opinioni degli altri, le quali vanno comunque accettate di qualunque tenore esse siano.

Crediamo che viviamo ancora in un Paese democratico e se la democrazia esiste ancora, questa non deve essere usata a proprio uso e consumo, ma va intesa nel rispetto reciproco dei cittadini. Altrimenti si scade nell’anarchia, forma di rappresentatività dove ognuno si sente libero ed autorizzato ad esprimere pensieri senza senso e privi di fondamento. Rispettiamoci tra docenti almeno perché ne va di mezzo il buon nome dell’istruzione. Ne guadagnerebbero la scuola come istituzione dello Stato, il personale che ci lavora, gli alunni e la società tutta.

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