Insegnare il Bene Comune a scuola per evitare un altro Ponte Morandi. Lettera

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Inviato da Kosmè De Maria – Sono giorni che medito di scrivere questi pensieri perché il crollo del ponte Morandi a Genova mi ha seriamente colpito, più di qualsiasi altro evento tragico accaduto in questi anni.

Con il ponte sono caduti bambini, donne e uomini con le loro vite, le loro speranze, i loro progetti, ora sotterrati sotto quintali di cemento armato, simbolo del progresso degli anni ’60. Incredibile quanto il progresso abbia una durata di vita così breve, così fatua, così assurda e come si possa trasformare da trampolino di lancio per il futuro a cripta del presente.

Il crollo del ponte per me ha significato anche il crollo di una fiducia che ancora avevo nei confronti dello Stato, che nelle sue pecche, nelle sue mancanze, nelle sue imperfezioni ancora per me aveva un valore perché ho sempre sostenuto che “lo Stato siamo noi”. Ora no, non riesco più a percepire lo Stato come una parte di me e io come una parte di esso, quello che è accaduto ha creato una distanza morale e fisica da questa parola che aveva un significato denso e palpabile.

Il ponte spezzato ben rappresenta la relazione tra i cittadini e l’organo che ha il Dovere di salvaguardarli come fossero i suoi figli, un rapporto spezzato e di un colore grigio che trasmette la rassegnazione nell’affidarsi a un insieme di persone che prima o poi ti mentirà, ti tradirà e ti lascerà solo.

Non mi riconosco più in questo sistema di cose, non posso credere, come sempre accade, che tutti sapevano, ma nessuno si è mosso per ragioni che nessuno saprà mai. Non posso credere che ci siano state vite spezzate e altre ad oggi a rischio perché i costi di eventuali interventi non sono supportabili.

Quanto valgono le vite umane per chi ci governa? Quanto valiamo noi per lo Stato di cui facciamo parte? Non abbastanza purtroppo. Come sempre accade e sempre accadrà si sprecheranno soldi a ricercare i colpevoli o il colpevole per colmare l’immediato sentimento di vendetta umana e alla fine non uscirà nessun nome, ma semplicemente un affermare che purtroppo: “è stata una tragedia le cui cause sono state molteplici e da ricercarsi lontane nel tempo”.

Da anni ogni volta che accade un evento tragico la risposta è sempre uguale, poi con il passare del tempo, che ogni cosa cancella o sfuma nella memoria, a nessuno interesserà più, poiché il quotidiano, i problemi personali di ognuno di noi prenderanno il sopravvento. Rimarranno solo i parenti delle vittime che lotteranno coraggiosamente contro ahimè dei mulini a vento enormi che oramai il loro lavoro lo sanno fare benissimo.

Cosa posso fare io nel mio piccolo affinché questo in futuro non accada più? E’ una domanda che mi pongo da quando il fatto è accaduto, anche perché su quel ponte è scomparsa una persona che conoscevo con sua moglie e la sua bambina.

All’inizio mi sono sentita impotente di fronte a quelle macerie enormi e pesanti, ma piano piano la riflessione mi ha aiutato a ritrovare la strada dopo un iniziale smarrimento. Io sono un’insegnate e ho un potere enorme, non posso salvare vite nell’immediato, non posso rimuovere macerie dall’asfalto, non posso occuparmi della sicurezza delle persone, ma posso educare i bambini a diventare degli adulti che riflettano sull’importanza della comunità, che siano sempre pronti a mettere gli interessi della cittadinanza prima dei propri.

Noi docenti abbiamo il dovere di far lavorare in classe i bambini in modo cooperativo e di far sperimentare loro quanto il Bene Comune non sia una parola vana, ma sia l’obiettivo a cui aspirare nella vita. Ciò che fai per gli altri tornerà sempre a te raddoppiato se non triplicato, abituiamo i nostri alunni a vedere il senso di responsabilità individuale nello stare bene collettivo, cerchiamo di lavorare affinché i nostri alunni in futuro costruiscano ponti indistruttibili.

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