Insegnanti, salute negata e verità nascoste, 100 storie di Burnout a scuola

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100 storie vere, sofferte, vissute che meglio di ogni altra cosa rappresentano un sistema scolastico malpagato, disprezzato, umiliato e troppo spesso illuso da una classe politica affetta da “riformismo” inutile. Il testo si propone di schiacciare i nefasti stereotipi e far conoscere le situazioni reali a docenti e dirigenti per affrontarle con i pochi ma efficaci strumenti a disposizione. Un libro che si pregia di raccogliere i casi di vita scolastica più interessanti offrendo spunti e soluzioni a docenti e dirigenti che, nonostante tutto, sono chiamati a remare nella stessa direzione.

Resta la speranza che la lettura del testo faccia comprendere – anche a genitori e medici – l’importanza di una scuola sana sulla cui cima è posto il regista che i latini sapientemente chiamavano magister. Siamo all’alba del terzo millennio ma ancora oggi non sono state riconosciute ufficialmente le malattie professionali degli insegnanti. Eppure, gli studi a disposizione ci dicono che le cause di inidoneità all’insegnamento presentano diagnosi psichiatriche nell’80% dei casi, con un’incidenza 5 volte maggiore rispetto alle comprensibili disfonie. In Europa, noi italiani, siamo poi gli unici a non presentare risultati di studi su base nazionale, pur disponendo di dati completi presso l’Ufficio III del Ministero Economia e Finanze (MEF) che, da oltre tre anni, si rifiuta di metterli a disposizione di Università e sindacati. Un semplice incontro operativo MIUR-MEF sbloccherebbe la situazione e avremmo in pochi mesi il riconoscimento ufficiale delle malattie professionali della categoria permettendo l’attivazione di un serio programma di prevenzione basato su diagnosi collegiali e non su termini equivoci di nessun valore medico quali burnout, rischi psicosociali, stress lavoro correlato”. Nonostante ciò il DL 81/08 (Testo Unico sulla tutela della salute dei lavoratori) nelle scuole non è mai stato finanziato con un solo euro, lasciando lettera morta l’indispensabile prevenzione di legge delle malattie professionali.

La salute dei lavoratori è sempre stata all’origine della ragione di nascita del sindacato ma forse siamo tutti caduti nell’errore di considerare usuranti solamente i lavori fisici (miniere, altoforni, catene di montaggio, fabbriche) trascurando quelli psichicamente usuranti nonostante queste abbiano un’incidenza 5 volte maggiore. L’83% del corpo docente è donna con un’età media di 50 anni con ciò che questo comporta: quintuplicazione dell’esposizione al rischio depressivo in periodo perimenopausale oltre alla professione psicofisicamente usurante.

Nelle azioni di governo si ricade troppo spesso nel solito errore di voler riformare le pensioni “al buio”, cioè senza considerare variabili fondamentali quali età anagrafica, anzianità di servizio e malattie professionali. Queste ultime invece dipendono direttamente dall’anzianità di servizio che comporta un aumento progressivo dell’altissima usura psicofisica del docente che è stata riconosciuta parimenti alta in tutti i livelli d’insegnamento. Nel giro di 20 anni (1992-2012) siamo passati dalle insostenibili baby-pensioni agli intollerabili 67 anni della Monti-Fornero. Restare in cattedra oltre i 60 anni, alle condizioni odierne, appare davvero incompatibile con l’attuale condizione di salute dei docenti. Prorogare un simile sistema di maestre-nonne equivale a calpestare l’art.28 del DL 81/08 che esige la tutela della salute del lavoratore commisurato a genere ed età del lavoratore.

Di questi tempi diviene sempre più caldo il fronte dei Presunti Maltrattamenti a Scuola (PMS) che sembrano essere strettamente collegati all’elevata anzianità di servizio (56,4 anni di età con anzianità di servizio media > dei 30) che si riflette negativamente sull’usura psicofisica dell’insegnante. Non passa oramai giorno in cui non si annunciano casi di PMS di alunni da parte delle maestre, scatenando l’opinione pubblica in sterili dibattiti sul posizionamento o meno di telecamere che non rappresentano una vera soluzione.

La responsabilità dell’incolumità degli alunni rientra di diritto tra le incombenze medico-legali dei dirigenti scolastici che dovrebbero gestire tali situazioni senza dover scomodare Forze dell’Ordine, magistrati, avvocati e periti ingolfando ulteriormente il sistema giudiziario. Non è altresì tollerabile l’altissimo numero di aggressioni fisiche e verbali di docenti da parte di genitori e/o studenti.

Anche per queste ragioni, oltre che per il fenomeno dei PMS occorre la costituzione immediata di un tavolo interministeriale MIUR-MGG (Ministero di Grazia e Giustizia) per affrontare con criterio le suddette emergenze. Per dirla in una frase: la salute professionale è il punto critico del sistema scuola perché la miglior garanzia per l’incolumità e la crescita degli alunni passa attraverso la tutela della salute degli insegnanti.

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