Il dovere di rispettare e far rispettare la nostra onorabilità. Lettera

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Inviato da Giuseppe Firinu – Recentemente la stampa ha reso pubblici molti episodi, a volte gravissimi, di bullismo commessi ai danni di docenti, e la logica porta a pensare che il fenomeno sia ben più ampio di quanto a noi noto.

D’altra parte, senza andare tanto lontano, se ogni docente prende in considerazione la realtà che vive nella propria scuola, anche se non interessato direttamente, sa che ormai il bullismo è un fenomeno diffusissimo che va ad allargarsi a macchia d’olio. È doveroso chiedersi il perché di questa barbarie dei giorni nostri, ed è altrettanto doveroso domandarsi come mai la scuola sembri essere del tutto incapace di porre un argine a quest’ondata di inciviltà, essendo un’istituzione che per contro è chiamata a fornire gli studenti degli strumenti necessari per civilizzare la società, dal momento che tutti i cittadini spendono molti anni a scuola proprio per apprendere, oltre alla cultura, i valori della convivenza, della solidarietà, in una parola i valori della civiltà. Confesso di essere molto più sorpreso dal modo in cui gli insegnanti e la Scuola reagiscono e gestiscono situazioni del genere, rispetto al fenomeno stesso. Il ’68 ha messo in discussione il ruolo genitoriale e il rapporto generazionale, e sembra che molti figli di questa rivoluzione culturale non siano stati in grado di creare modelli alternativi validi e al passo coi tempi. Fino alla generazione di chi ha conosciuto la seconda guerra mondiale, i figli imparavano a fare i genitori semplicemente per emulazione, perché il modello non veniva minimamente messo in discussione. La mancanza di punti di riferimento ritenuti ormai essere sbagliati, ha indotto molti a inventarsi un modello nuovo, ma una cultura mediamente inadeguata nei più ha prodotto una o due generazioni non all’altezza nell’educare i propri figli. Molti sono stati altalenanti nell’impartire un’educazione a volte con le maniere forti, a volte col permissivismo esasperato, sbagliando in entrambi i casi. Non è facile fare il genitore, soprattutto se si è privi di strumenti culturali, e in ogni caso è un’arte difficile. Fondamentale è far pervenire sempre la propria amorevolezza, anche quando si rimprovera con severità. Il genitore deve essere dolce, ma anche fermo, quando serve; incoraggiare sempre, e far sentire la propria vicinanza, ma quando un figlio sbaglia va ripreso, anche con durezza, ma assolutamente sempre con le parole e mai alzando le mani, perché gli interventi violenti dei genitori saranno inevitabilmente un modello negativo da cui i figli potranno difficilmente affrancarsi. Praticamente queste stesse regole dovrebbero valere per i docenti. In un’epoca in cui i modelli sono rappresentati dai vari Sgarbi, invitati in TV perché fanno audience, o dai genitori violenti o troppo permissivi, o politici che si confrontano massacrandosi reciprocamente senza alcun ritegno, francamente stupisce che ci si stupisca che nelle scuole imperversi il bullismo. Ammettiamolo, i bulli sono degni figli dei genitori e di questa società barbaramente violenta.

Che fare, quindi, in casi come quelli saliti alla ribalta? Si reclamano nuove leggi, e in fondo anche questo dà un ulteriore segnale di incapacità da parte della Scuola e dei docenti di essere all’altezza della situazione. In realtà gli strumenti per gestire questo fenomeno e dare risposte adeguate esistono tutti. In primis dobbiamo imparare a tenere alla nostra onorabilità, e a difenderla con le unghie, non solo per noi stessi, aspetto che già basterebbe, ma anche per il ruolo che ricopriamo, quindi per tutta la categoria che rappresentiamo nelle nostre aule. Un giudice o il Presidente di una Camera devono farsi rispettare, e così noi, esattamente. Se vogliamo essere credibili agli occhi della classe dobbiamo esigere sempre il massimo rispetto. Molti colleghi dimenticano troppo spesso che noi siamo pubblici ufficiali, per cui un’offesa diventa “oltraggio”, quindi un reato, come ha stabilito la Corte di Cassazione (sentenza 15367 della V sezione penale): “l’insegnante di scuola media è un pubblico ufficiale, e l’esercizio delle sue funzioni non è circoscritto alla tenuta delle lezioni ma si estende alle connesse attività preparatorie, contestuali e successive, ivi compresi gli incontri con i genitori degli allievi“. Essendo pubblici ufficiali vale la pena di riportare quanto recita l’art. 341 bis del c.p.: “Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone offende l’onore e il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni è punito con la reclusione fino a tre anni”. Questo a livello legale, ma giova ricordare che il riferimento scolastico in merito alle sanzioni da irrogare è lo Statuto delle studentesse e degli studenti del 1998, modificato con il DPR 21 novembre 2007, n. 235. In esso si stabilisce che il CdC ha facoltà di disporre l’allontanamento per un periodo non superiore a 15 giorni. Lo stesso documento contempla al punto “D” l’allontanamento dello studente dalla comunità scolastica fino al termine dell’anno scolastico, a queste condizioni: “1) devono ricorrere situazioni di recidiva, nel caso di reati che violino la dignità e il rispetto per la persona umana, oppure atti di grave violenza o connotati da una particolare gravità tali da determinare seria apprensione a livello sociale; 2) non sono esperibili interventi per un reinserimento responsabile e tempestivo dello studente nella comunità durante l’anno scolastico.” Sfido chiunque ad affermare che negli ultimi casi gravi, diventati tristemente famosi, non ci sia stata violazione della dignità e il rispetto per la persona umana, e che questi non determinino seria apprensione, o che la scuola sia in grado di reinserire questi soggetti responsabilmente.

Laddove il singolo docente non fosse in grado di sporgere querela di parte, per timore o inadeguatezza come educatore, i colleghi e il DS devono sentirsi moralmente in dovere di proteggere non solo l’onorabilità della vittima, ma di quella dell’intera categoria, altrimenti saranno complici dei bulli.

I genitori dei bulli e le vergognose quanto irresponsabili campagne diffamatorie nei confronti dei docenti, oltre al trattamento inadeguato, anche economico, da parte dei governi, sono sicuramente responsabili di questo scempio cui stiamo assistendo da molto tempo, ma ricordiamoci che le maggiori colpe ricadono su di noi docenti, incapaci di mettere in atto tutti gli strumenti in nostro possesso, ad iniziare dalla querela, per difendere la nostra professionalità e la nostra dignità.

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