Il coronavirus cambierà il nostro modo di fare scuola. Lettera

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Inviato da Gaetano Fuiano – “In questo periodo un virus invisibile e “misterioso”, nato in una regione lontana, dalle origini incerte e dagli esisti ancora da studiare ha avuto la forza di sconvolgere non solo le nostre vite “sociali” ma ancor più ha messo in discussione il nostro “sentire” la vita stessa.

Il distanziamento sociale è diventato il primo antidoto per tentare di frenare il dilagare dell’epidemia.

Il rischio è quello che il distanziamento vada ad incidere sul nostro essere comunità umana, sulla nostra capacità di pensare, progettare e costruire futuro.”

Iniziavo con queste parole una mia riflessione inviata ai docenti del mio Istituto. Il momento di criticità e di emergenza che stiamo vivendo richiede a tutti uno sforzo di creatività, di adattamento, di pazienza.

Richiede la capacità di costruire ponti di futuro e strade di solidarietà.

In particolare stiamo sperimentando un cambiamento della cornice psicologica e sociale di riferimento, credo si possa affermare che il terreno di esercizio della dimensione emotiva dell’intelligenza è modificato. Il gioco continuo tra la mente razionale, quella che pensa, e la mente emotiva, quella che sente (cfr. Goleman, 1995) si svolge su un campo che è diverso da quello precedente.

Anche il Papa, oltre il nostro essere credenti o no, ci ricorda che è necessario un profondo cambiamento del palcoscenico in cui si svolge la nostra rappresentazione della vita. “In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato.”

Questo cambiamento riguarda necessariamente anche il nostro mondo scolastico!

Non si può immaginare di fare “scuola” senza considerare che in questo tempo ci sono modificazioni tali che creano indubitabilmente delle interferenze interne ad ogni persona, docente o alunno che sia, quali paure, debolezze, solitudine, crisi delle certezze (questo è il tempo in cui un invisibile virus sta chiedendo a tutti di modificare il mondo vissuto e percepito), spaesamento, senso del lutto e della mancanza. Accanto a queste interferenze interne si manifestano quelle interferenze esterne che derivano dalla prospettiva di precarietà e incertezza che molte famiglie vivono come conseguenza della tipologia di lavoro dei genitori (pensate a chi ha genitori nel Sistema Sanitario o in fabbrica su linee di produzione!), ma anche al rischio di chiusura dell’attività commerciale o professionale o comunque dell’azzeramento in molti casi del reddito familiare (attività commerciali, studi e molte altre attività libero professionali anche di alta qualificazione, partite IVA). Queste “interferenze” si aggiungono alla più profonda dimensione del cambiamento strutturale del nostro modo di essere nel mondo.

Le persone con cui oggi facciamo didattica a distanza sono in qualche modo “diverse” da quelle che abbiamo incontrato nelle nostre aule e nei nostri corridoi.

Come siamo diversi noi.

Sappiamo comunque che la cifra che caratterizza il nostro essere “uomini e donne di scuola” è la dimensione di speranza e di futuro, l’abbiamo nel DNA.

A dimostrazione di questo ci sono l’impegno, la creatività, la passione, la competenza messi in campo per organizzare percorsi efficaci di insegnamento/apprendimento. Il desiderio di continuare ad essere “vicino ai nostri ragazzi”.

Il desiderio di continuare a fare scuola. Fra qualche settimana o fra qualche mese usciremo dalla situazione emergenziale, lo speriamo tutti.

Cosa rimarrà di questa esperienza? Molti insegnanti sono stati costretti o comunque spinti ad utilizzare le tecnologie, per alcuni è stata una continuazione di ciò che in qualche modo era già nel loro modello di scuola. Ciò che hanno vissuto i docenti come sarà poi riveicolato nella scuola? Una volta terminata l’emergenza torneremo fra i banchi e non si potrà far finta che nulla sia accaduto. Nulla sarà più come prima e questo varrà per il mondo intero, per l’ economia, per la socialità, per la politica, varrà anche per la suola. Che lo si voglia o no saremo chiamati a gestire un cambio di scenario della scuola, del modello di scuola. Come di molte altre dimensioni del nostro esistere.

La Didattica a Distanza si sta rivelando una strada efficace di vicinanza e di emersione di aspetti e sfumature molto interessanti. Si sta aprendo una prospettiva nuova e diversa che, in qualche modo, potrebbe rivelarsi utile per “aumentare” l’ efficacia dell’agire didattico.

Indubitabilmente è cambiato il “luogo” della rappresentazione didattica e forse sta mutando la stessa narrazione della didattica che quotidianamente siamo chiamati a scrivere. L’incontro fisico con

“l’altro” è stato praticamente azzerato nelle sue forme tradizionali, le relazioni sociali “faccia a faccia” mutate radicalmente, l’impossibilità di interazioni in presenza hanno modificato lo scenario. Come dicevo in uno scritto precedente questo periodo “…può determinare la vicenda umana che andremo a costruire e l’evolversi della storia di ognuno di noi, il modo in cui noi ci formiamo, le modalità di relazione con un contesto, i criteri che utilizzeremo per la mappatura del mondo attuale e di quello che andremo a costruire.”

E nelle linee guida per la mia scuola “…in momenti di emergenza e di chiusura dello spazio fisico della scuola, è importante costruire una nuova concezione di spazio, oserei dire una nuova “piazza”.”

Credo che molto dipenderà dalla nostra voglia, dal coraggio ma anche dal desiderio di oltrepassare le colonne d’Ercole del nostro pensare e fare scuola.

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