Idee a basso costo ma di grande impatto per salvaguardare la salute dei docenti, al neo-ministro Azzolina

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Ogni volta mi pongo la stessa domanda. Invano. Per la terza volta in un anno torno a chiedermi con un filo di speranza: “Arriverà mai un ministro illuminato che deciderà di occuparsi della salute dei docenti come punto di partenza?”.

Verrò puntualmente deluso anche stavolta? Proviamo a riflettere e invitiamo il nuovo titolare del Dicastero dell’Istruzione a farlo con noi.

Torniamo indietro nel tempo fino a quel memorabile anno che fu il 1968 e chiediamoci se le riforme, operate dalla politica nella scuola in mezzo secolo, hanno raggiunto i risultati sperati: è aumentato il prestigio dei docenti? Il rispetto nei loro confronti? Il potere d’acquisto del loro stipendio? L’attrattiva della professione tra i giovani? La percentuale di docenti maschi? La politica previdenziale? La tutela della salute professionale? Il riconoscimento delle malattie professionali? E via discorrendo.

Le risposte sono tutte impietosamente, ma inesorabilmente negative. Coerentemente si sono consolidati gli stereotipi della professione, sono aumentate le aggressioni fisiche da parte dell’utenza (genitori e studenti), è cresciuta la conflittualità tra docenti e con lo stesso dirigente scolastico, infine è prima comparso, quindi esploso il fenomeno delle denunce per presunti maltrattamenti a scuola (PMS) da parte delle maestre. Davvero un quadro poco edificante cui molti (incluso l’ultimo ministro) hanno cercato, peraltro senza riuscirci, di porre rimedio pensando di sanare la questione con una “mancetta” nemmeno a tre cifre.

Credo sia opportuno spiegare per l’ennesima volta che il problema non è esclusivamente economico. Lo dimostrano Paesi come la Germania dove il salario è doppio rispetto a quello italiano ma il malcontento e la salute dei docenti sono malridotti come da noi e l’80% dei prepensionamenti per motivi di salute presentano diagnosi psichiatriche. Per non parlare della Francia e dell’Inghilterra in cui viene fatto registrare tra gli insegnanti il tasso suicidario più alto rispetto a tutte le categorie professionali. Questi dati stupefacenti sono ignoti all’Opinione Pubblica. Ancora più incresciosa è la totale ignoranza circa le malattie professionali che determinano le inidoneità all’insegnamento per motivi di salute. I dati a disposizione rivelano che le patologie psichiatriche presentano un’incidenza cinque volte superiore rispetto alle patologie disfoniche (per le quali è spesso riconosciuta la causa di servizio).

La professione insegnante è ad alto rischio di usura psicofisica per la particolare tipologia di rapporto con la medesima utenza (asimmetrico, intergenerazionale, assiduo, protratto negli anni, confidenziale, affetto dal “fenomeno Dorian Gray” al contrario…) e le conseguenze non vanno trascurate ma prevenute e monitorate. Purtroppo, gli stessi insegnanti non conoscono le loro patologie professionali e pochissimi sono i dirigenti scolastici che effettuano la necessaria formazione e informazione previste dal DL 81/08 (artt. 28, 36, 37). Di peggio fanno quei presidi che, burocratizzando la questione, somministrano questionari che dimostrano un basso livello di Stress Lavoro Correlato nel loro istituto, finendo così col contraddire gli esiti di studi scientifici internazionali.

Occorre colmare un vuoto assoluto nella formazione istituzionale dei dirigenti. Costoro devono essere formati circa le loro numerose incombenze medico-legali di cui le due più importanti sono la tutela della salute dei docenti e la salvaguardia dell’incolumità degli alunni. Ricordo che il DM 382/98 prevedeva in materia la formazione dei presidi che a loro volta avrebbero dovuto provvedere alla prevenzione nei docenti. Niente di tutto ciò è mai stato fatto nonostante siano passati più di vent’anni, né un solo euro è mai stato stanziato ad hoc.

Riassumendo, mi sento di consigliare al nuovo ministro i seguenti passi per rialzare le sorti della scuola partendo dall’intervento sul cuore (ammalato) della stessa. Si tratta dei primi interventi, realizzabili nell’arco del 2020 con pochi spiccioli (un paio di milioni di euro totali), per riflettere in seconda battuta sulle questioni salariale e previdenziale che non devono prescindere dalla salute professionale della categoria.

In sintesi, le azioni suggerite si articolano nei seguenti passaggi:

  1. Riconoscimento ufficiale delle malattie professionali degli insegnanti attraverso uno studio retrospettivo nazionale sulle inidoneità all’insegnamento per causa di salute.
  2. Attività di prevenzione, uniforme in tutte le scuole, dello Stress Lavoro Correlato nei docenti (ex art. 28 DL 81/08) e relativa formazione sui diritti e doveri nella tutela della salute sul lavoro.
  3. Formazione dei dirigenti scolastici sulle loro incombenze medico-legali

A complemento di quanto sopra sono raccomandabili, al nuovo ministro, due ulteriori interventi urgenti dettati dalla contingenza:

  • chiedere la rappresentatività della scuola nell’ambito delle Commissioni Interministeriali, volute dalla legge di bilancio, su “lavori gravosi” e “previdenza”;
  • promuovere un vertice col Ministero di Grazia e Giustizia per affrontare e risolvere immediatamente il fenomeno dei cosiddetti presunti maltrattamenti a scuola che, va ricordato, è esclusivamente italiano.

L’auspicabile sostegno delle Parti Sociali al ministro servirà da viatico per ben operare in questo ambito finora da tutti trascurato.

Non credo sia di poco conto passare alla storia come il politico che ha ufficialmente riconosciuto le reali malattie professionali degli insegnanti, attuandone al contempo la prevenzione.

Chi vivrà, vedrà.

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