Gli insegnanti dovrebbero assecondare richieste genitori per evitare attacchi verbali e fisici? Lettera

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Germana Cubeta – Negli ultimi anni la stampa sta riportando sempre più frequenti episodi di attacchi verbali e fisici di genitori verso gli insegnanti dei figli che spaziano da pugni in faccia, sferrati per toni e atteggiamenti non graditi, a denunce per i troppi compiti assegnati o per valutazioni, a loro avviso, non adeguate alle capacità dei ragazzi.

Nelle chat di tutta Italia giornalmente si criticano le scelte didattiche di maestri e professori. L’insegnante viene scrutato, si cerca di capire se è all’altezza del ruolo, se è in ritardo con il programma o se invece sta andando troppo velocemente, ci si lamenta dei troppi compiti assegnati, che rendono inconciliabili le attività pomeridiane, o degli insegnanti che fanno lavorare poco, insomma ci si lamenta di tutto.

I genitori promuovono o bocciano i docenti e non esitano a proporre la loro sostituzione in caso non siano soddisfatti del servizio. La scuola si è trasformata in un mercato in cui gli utenti negoziano ogni cosa, entrando nel merito di questioni di ordine didattico, metodologico, psicologico e organizzativo.

La trasformazione delle istituzioni scolastiche in aziende autonome in competizione tra di loro, e l’idea di equiparare la fruizione di beni immateriali, come la formazione e la cultura, in beni di consumo sta creando molta confusione e sta snaturando la funzione della scuola.

Molti genitori pensano che la costruzione della cultura sia un processo misurabile nei tempi che loro credono idonei e attribuiscono i risultati negativi agli insegnanti. I brutti voti vengono scambiati per atteggiamenti persecutori verso i ragazzi, per non parlare delle note che si trasformano in veri e propri scontri con gli insegnanti. La loro parola viene messa in dubbio e le ragioni dei ragazzi portate avanti a spada tratta.

Che ripercussioni sociali avranno questi atteggiamenti? Che cittadini pensano di formare? Molti ragazzi credono che l’invito degli insegnanti a rispettare le regole sia un atto persecutorio, al primo richiamo si rifugiano dietro i genitori che li autorizzano a perpetrare comportamenti socialmente non adeguati.

La comunicazione tra la scuola e le famiglie, che in origine avrebbe dovuto avere finalità positive, mettendo al centro gli studenti e le loro esigenze, purtroppo si è trasformata via via in una lotta senza confini. Il buon senso, infatti, non è bastato a stabilire limiti alle richieste dei genitori e a far loro comprendere che i ruoli istituzionali devono essere rispettati proprio per il bene dei ragazzi.

L’articolo 33 della Costituzione recita che “l’arte e la scienza sono libere e libero è il loro insegnamento”. L’ingerenza però degli stakeholders nel settore dell’istruzione sta rendendo questo principio sempre più difficile da applicare in quanto ogni singola scelta verbale o gestionale viene subito strumentalizzata dagli alunni e dalle famiglie.

Gli insegnanti, dunque, dovrebbero limitarsi ad assecondare le richieste delle famiglie, piegando la loro professionalità ed esperienza ad intuizioni superficiali ed approssimative che per ovvie ragioni non hanno presente un quadro d’insieme? O ancora peggio dovrebbero impiegare una parte del loro tempo a spiegare ai genitori ogni singola fase del processo per evitare che l’errata interpretazione delle scelte didattiche diventi un arma contro di loro?

Siamo proprio fuori strada. É necessario rivedere l’intero processo e definire una volta per tutto i ruoli e limiti di ingerenza.

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