Genitore accusa maestra, sottoposta a procedimento penale e perizia psichiatrica. Tutto falso, ma 20 anni per risarcimento danni

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Più di vent’anni di giudizio per vedersi riconosciuto, una maestra, un danno per accuse subite da genitore. Gravi le accuse che hanno costretto la maestra ad un calvario giudiziario e disciplinare.

I fatti

Nel settembre del 1998 una docente di scuola elementare, agiva in giudizio per chiedere dei risarcimenti danni, perché era stata ingiustificatamente e violentemente contestata da alcuni genitori, e in particolare dal convenuto, nel corso dell’anno scolastico 1993-94. Veniva, ad esempio, definita come “un mostro”” al cospetto degli altri genitori nel corso di una riunione, oppure venivano inviate numerose lettere alla direttrice didattica dell’Istituto, attribuendo all’attrice comportamenti particolarmente gravi nei confronti dei bambini, tanto che, in conseguenza delle sue reiterate affermazioni diffamatorie, ella era stata addirittura sottoposta a valutazione psichiatrica medico-legale. Ma vi fu di più. Venne addirittura sottoposta procedimento penale per i reati di cui agli artt. 572 e 582 c.p. dal Procuratore della Repubblica di Pisa – reati da cui sarebbe stata poi assolta per insussistenza del fatto e come da procedura, per i detti reati, venne sottoposta alla sospensione dal servizio. Sia nel primo che nel secondo grado, la maestra, vedeva le proprie istanze respinte. E la causa giunge, dunque, in Cassazione civ. Sez. III, Ord., (ud. 14-02-2018) 12-04-2018, n. 9059 che così si pronuncia.

La sentenza

In primo luogo i Giudici contestano ai giudicanti dei gradi inferiori di non aver verificato con pienezza tutti gli elementi probatori.

Sul medesimo piano generale di valutazione della prova, va affermato il principio secondo il quale, al cospetto di una pluralità di fatti storici, ciascuno portatore di una propria, singola valenza indiziaria, il giudice non può procedere alla relativa valutazione attraverso un procedimento logico di scomposizione atomistica di ciascuno di essi, per poi svalutarne, singolarmente e frammentatamente, la relativa efficacia dimostrativa. La concordanza indiziaria di ciascuno dei fatti acquisiti al processo ne postula, difatti, la imprescindibile necessità di una compiuta analisi di tipo sintetico, all’esito di un ragionamento probatorio complesso e sincronico, non potendo evidentemente predicarsi alcuna “concordanza” di ciascun indizio a se medesimo, se la valutazione non segue il necessario percorso logico dell’analisi per sintesi e non per somma (per di più, inammissibilmente scomposta). In tale errore di diritto è incorso il giudice di appello, adottando, conseguentemente, una motivazione la cui insanabile ed intrinseca contraddittorietà è destinata a dissolversi oltre il limite dell’apparenza.”

Gravità dei fatti contestati non possono essere sminuiti e scriminati

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