Genitori fuori dalla scuola: Galli Della Loggia ha ragione, perché

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In un articolo pubblicato ieri, la nostra Elisabetta Tonni riportava una sintesi efficace delle maggiori critiche che, da autorevoli quotidiani, sono state rivolte all’editorialista del Corriere Ernesto Galli della Loggia per il suo appello al neo-Ministro dell’Istruzione.

Come si sa, quando si parla di scuola gli animi si scaldano in fretta, affluiscono al cervello alla velocità della luce ricordi e frustrazioni legate alla propria infanzia o a quella dei propri figli, condite spesso da un repertorio altrettanto vivido di luoghi comuni che non stiamo qui ad elencare.

Mi vorrei soffermare sul punto 4 del decalogo, ovvero l’abolizione di qualsiasi rappresentanza dei genitori all’interno della scuola. A me questa proposta sembra contenere spunti di riflessione oltremodo interessanti. Mi spiego meglio. Chi ritiene che il genitore debba entrare nella scuola come portatore di interesse del proprio figlio, parte da una concezione estremamente pessimistica della società e dell’istituzione scolastica. Un bambino, un ragazzo, proviene dalla sua famiglia, ma non appartiene ad essa. La famiglia svolge un ruolo essenziale di cura, di supporto, di prima formazione, ma il compito dell’emancipazione lo divide inizialmente per poi delegarlo definitivamente alla scuola. Chi ha vissuto, da discente, anni felici sui banchi, conosce bene quel senso di comunione totale con i propri insegnanti, quel sentimento di affidamento, quel desiderio di adozione. Insomma, non sarò l’unica a cui la figlia di cinque anni comunica con disarmante candore di amare le proprie insegnanti quanto i genitori!

A qualcuno queste affermazioni potranno sembrare una lettura un po’ fuori moda della Repubblica di Platone o una riesumazione della pedagogia di Macarenko, ma locuzioni dal sapore veterotestamentario come “alleanza scuola-famiglia” iniziano a venirci un po’ a noia, strumentali come sono state finora a una narrazione della scuola e della società che si vorrebbero lontane da tensioni, ma alla fine dei conti pervicacemente mendace e dimentica del fatto che l’eliminazione dei conflitti non ha fatto che promuovere pigrizia intellettuale e conformismo ideologico.

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