GDPR, consenso trattamento dati a 14 anni: informare su implicazioni identità digitale

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Gianfranco Scialpi – Il GDPR (Regolamento europeo sulla protezione dei dati) e il decreto di adeguamento (101/18) legittimano il consenso del minore al trattamento dei dati personali. L’atto comporta un impegno per il futuro.

Il GDPR e il decreto danno fiducia al minorenne

Il GDPR e il decreto nazionale di adeguamento al trattamento dei dati personali (101/18), esprimono un atto di fiducia verso il minore. In altri termini, egli entra nella maggiore età, perché può gestire autonomamente la propria identità digitale, esprimendo il consenso al trattamento dei propri dati personali.

Si legge nel GDPR (art. 8 comma 1):”per quanto riguarda l’offerta diretta di servizi della società dell’informazione ai minori, il trattamento di dati personali del minore è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni. Ove il minore abbia un’età inferiore ai 16 anni, tale trattamento è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale.”

Il decreto di adeguamento nazionale fissa in quattordici anni l’inizio della maggiore età digitale, uniformando il GDPR al codice penale ( art. 97)  e alla legge per il contrasto al cyberbullismo (L.71/17).

Il consenso è facile, “il bello viene dopo”

Ora Il consenso non comporta difficoltà. È sufficiente leggere le condizioni “della società dell’informazione” (Facebook, Instagram, WhatsApp…) e firmare. È necessario, invece, che il ragazzo divenga consapevole che il consenso comporta un impegno nella cura della sua identità integrata. Questa infatti è costituita da un mix di reale e virtuale. I due profili non sono separati. Sempre più ibridi (ancora per poco?), si “contaminano” frequentemente. Non a caso L. Floridi sostiene che il nostro esser-ci ( M. Heidegger) sia “.onlife”

A differenza di quella reale, la nostra identità virtuale è immortale. I nostri dati personali rimarranno nel Web. Per sempre!  Fisseranno il nostro profilo! Non potremmo cambiarli, anche se nel frattempo la vita nel suo divenire ci farà essere “altro”, rispetto al nostro passato. Ad esempio, “questa documentazione” depositata nel Web  potrà favorire o compromettere le nostre possibilità lavorative (già oggi molte aziende fanno ricerca nel Web, prima di assumere).

“La saggezza digitale” del ragazzo

M. Prensky parla sempre più di “saggezza digitale”. Usa sempre meno l’altra sua espressione di “nativo digitale”. Nel caso specifico per il ragazzo l’entrata nella maggiore età digitale, deve comportare un cambio di prospettiva temporale.  È necessario che egli sia capace saggiamente di anticipare il futuro, curando la propria immagine digitale immortale con puzzle (immagini, video, testi…), che già oggi possono confermare i rapporti “de visu” e un domani essere utili per il lavoro. Il riversamento nella realtà, risulterà sicuramente positivo e proficuo se la percezione del profilo digitale si avvicinerà all’essere della persona. Non dimentichiamo che ogni relazione, soprattutto quella virtuale, si basa essenzialmente sul sentire. Solo l’approfondimento, che ancora oggi avviene “occhi negli occhi”, può svelare la profondità del nostro essere. Questo momento però, non può essere imposto.

La “saggezza digitale” una “mission impossible”?

Non è difficile comprendere che l’impresa per un quattordicenne è quasi una “mission impossible”. E qui entra in gioco il ruolo dell’adulto, che dovrà ricoprire il compito di guida (il futuro) e di compagno (il presente come contesto che anticipa il futuro).

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