Formazione dei Dirigenti scolastici. Commento ad uno studio Euridyce. ANP: “ci vuole apprendistato”. Gilda: “Affiancare collaboratore Dirigente eletto da collegio”

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di Daniela Sala – Che il dirigente scolastico scolastico sia una figura cruciale mette tutti d’accordo. E con questa affermazione si apre anche il capitolo della ricerca dell’agenzia Eurydice dedicato appunto ai dirigenti scolastici, una ricerca che mette a confronto metodi di selezione, requisiti e compiti richiesti nei vari paesi europei.

di Daniela Sala – Che il dirigente scolastico scolastico sia una figura cruciale mette tutti d’accordo. E con questa affermazione si apre anche il capitolo della ricerca dell’agenzia Eurydice dedicato appunto ai dirigenti scolastici, una ricerca che mette a confronto metodi di selezione, requisiti e compiti richiesti nei vari paesi europei.

“I dirigenti scolastici – si legge nella ricerca – si trovano oggi a dover affrontare numerose sfide, tra cui non solo l’organizzazione dell’insegnamento ma anche la gestione delle risorse umane ed economiche”. Anche per questo motivo, esclusi Belgio, Lettonia, Olanda e Norvegia, in tutti paesi è richiesta una formazione specifica, in aggiunta alla qualifica di insegnanti. La durata di questa formazione varia dalle 100 ore della Repubblica Ceca ai 6-18 mesi richiesti in Regno Unito. L’Italia si colloca nella media con i suoi 3-4 mesi di formazione obbligatoria.

Sempre in Inghilterra inoltre, così come in Polonia e Islanda oltre alla formazione e all’esperienza didattica è richiesta anche quella amministrativa.
Per quanto riguarda gli anni di esperienza richiesta la maggior parte dei paesi oscilla tra i 3 i 5 anni. In Danimarca, Germania, Austria, Finlandia, Regno Unito, Islanda e Liechtenstein è richiesta ma non è indicata una durata minima. Mentre in Belgio, Lettonia, Olanda, Svezia e Norvegia non è un requisito necessario. In Olanda in particolare sono allo studio progetti particolari orientati al reclutamento di dirigenti scolastici che non abbiano esperienza come insegnanti ma di gestione manageriale anche in settori diversi.

“Teniamo sempre in grande considerazione i dati di Eurydice – afferma Giorgio Rembado dell’Associazione nazionale presidi -, in particolare crediamo che per i futuri dirigenti sia necessaria la pratica in ruoli di collaborazione col dirigente prima del concorso per poter sperimentare sul campo le competenze. Una sperimentazione come quella olandese è senz’altro interessante ma non credo sia adatta al nostro paese”

Anche la Gilda Insegnanti ha partecipato al dibattito sulla dirigenza, proponendo però una soluzione diversa: “La nostra proposta prevede una separazione tra la parte amministrativa e chi coordina la didattica – spiega il segratario Rino Di Meglio –. In pratica all’attuale dirigente si dovrebbe aggiungere una figura eletta dai docenti con un parziale esonero dalla docenza e per un periodo limitato che svolga le funzioni di coordinatore della didattica. Questa figura lascerebbe appunto allì’attuale dirigente le mansioni più propriamente gestionali e sarebbe un primus inter pares. C’è in generale – continua Di Meglio – una carenza di preparazione sul piano giuridico amministrativo e non basta certo un concorso a formare i dirigenti. In francia ad esempio esistono scuole i formazione specifiche mentre nel nostro paese la preparazione è più generica”.

Per quanto riguarda la formazione in effetti la maggior parte dei paesi offre un programma specifico ai neo-dirigenti, ma modi, durata e contenuti variano anche di molto. In Austria ad esempio esistono scuole specifiche (chiamate Leadership Academy) mentre un training specifico comunque è previsto anche in quei paesi in cui non sia un requisito necessario per diventare dirigenti. È il caso ad esempio di Bulgaria, Cipro, Lituania, Ungheria Olanda, Regno Unito e Norvegia. Tutti corsi comunque erogati da enti in qualche modo convenzionati con il Ministero dell’Istruzione.

“Dal momento che si tratta di un incarico gestionale – spiega Rembado – sarebbe fondamentale far sì che i vincitori dei concorsi possano come in Francia un periodo trascorrere un periodo di direzione dell’istituto sotto la consulenza di un dirigente anziano. Spesso infatti i neo-dirigenti in mancanza di un’esperienza diretta sul campo si trovano spesso in difficoltà”.

Quanto al reclutamento, in due terzi dei paesi europei i dirigenti sono selezionati tramite un selezione aperta, cioè la responsabilità di pubblicizzare i posti vacanti e scegliere i nuovi candidati è in capo alle scuole. Mentre però in alcuni paesi non sono previste modalità specifiche di selezione in altri si seguono semplicemente le modalità previste in generale per il pubblico impiego. La Spagna come l’Italia utilizza invece un concorso pubblico e un selezione a più stadi.

La Francia inve applica un metodo misto a seconda della categoria professionale dei dirigenti.
Solo quattro paesi infine (Germania, Grecia, Cipro e Lussemburgo) utilizzano come unico canale la graduatoria dei candidati.

Il rapporto sottolinea infine come la leadership delle scuole sia nella maggior parte dei casi condivisa con altri colleghi ma come gli approcci innovativi siano in realtà molto rari. E a questo proposito l’Italia si colloca insieme ai paesi dell’est europeo, tra quei paesi in cui di fatto non esiste nessuna ridistribuzione della leadership.

E a puntare il dito sulle difficoltà chiedendo un cambiamento urgente si è unita anche la Disal, Associazione dirigenti scolastici, con il manifesto per il futuro della dirigenza scolastica in cui si individuano numerosi “fattori di travaglio della dirigenza”. Tra questi l’abbandono dell’autonomia scolastica, l’incertezza sul governo delle scuole, un “abuso indiscriminato della reggenza e la mancanza di un sistema di valutazione del personale della scuola”. Insomma, si legge nel manifesto “La professione ha assunto caratteri contraddittori. Burocrate o leader educativo? Datore di lavoro o guida di una comunità professionale?”. La proposta della Disal è quella di “denominare ‘direttore di istituto’ una nuova figura, posta alla guida di un I.s.a. Che assuma il volto di una vera e propria impresa sociale, sempre più radicata nella comunità locale, verso la quale il direttore è responsabile".

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