Federalismo e organici: quali scenari?

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dp – In attesa che il federalismo diventi realtà, la Fondazione Agnelli ha pubblicato uno studio su "Federalismo e istruzione", a cura di Massimo Bordignon e Alessandro Fontana, nel quale vengono ipotizzati diversi scenari relativi alla gestione regionale degli organici.

dp – In attesa che il federalismo diventi realtà, la Fondazione Agnelli ha pubblicato uno studio su "Federalismo e istruzione", a cura di Massimo Bordignon e Alessandro Fontana, nel quale vengono ipotizzati diversi scenari relativi alla gestione regionale degli organici.

Intanto premettiamo che secondo quanto previsto dalla normativa alla base della futura organizzazione federale della scuola italiana, il personale (dirigente, docente ed ATA) resterà comunque alla dipendenza organica del MIUR, con trattamento economico e stato giuridico definito dalla contrattazione nazionale di comparto. Le regioni si dovranno occupare della gestione "funzionale" del personale, cioè i criteri di distrubuzione tra gli istituti. Ma si prevede anche la possibilità di un ulteriore livello regionale di contrattazione collettiva.

La gestione "funzionale" delegata alle regioni conduce ad ipotizzare diveri scenari di gestione del personale, che comunque (e ciò è valido soprattutto per il sud, come vedremo nei prossimi articoli sull’argomento) punteranno ad una gestione all’insegna del risparmio, o, comunque, all’insegna del contenimento perchè la spesa non lieviti. Così si ipotizzano meccanismi negoziali che mirino a premiare le regioni che riusciranno a ridurre strutturalmente l’organico dei docenti attraverso il trasferimento delle "risorse risparmiate alle Regioni stesse, perchè le reinvestano nella scuola", o comunque meccanismi che consentano l’aumento degli organici, ma a spese delle Regioni (facilmente ipotizzabile quali regioni potranno permettersi un aumento di organico).

Anche il livello contrattuale regionale pone diverse questioni da risolvere, per il quale vengono delineati diversi scenari che puntano ad elaborare un meccanismo "equo" di gestione sussidiaria delle risorse, che diventi anche strumento meritocratico per puntare ad un aumento della qualità dell’istruzione.
Intanto, il livello regionale di contrattazione viene visto dallo studio come una occasione per condurre "a una definizione territoriale degli stipendi più in linea con l’effettivo costo della vita", problema che viene visto alla base della carenza di "vocazione" nelle regioni del nord.
Ma si può andare oltre e ipotizzare un trasferimento di soldi addizionali alle scuole da parte delle Regioni, "lasciando poi ai dirigenti (all’interno di paletti predeterminati) degli istituti la decisione di come attribuirle tra i docenti interni come remunerazione extra e tra docenti esterni per corsi integrativi, contrattando la decisione con la rappresentanza sindacale a livello di istituto." Ciò, però, comporterebbe un aumento di potere nelle mani dei dirigenti scolastici, che viene visto dallo stesso studio come potenzialmente "controindicato", potenzialmente inefficace o addirittura dannoso.

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