Fare teatro a scuola: è di scena l’inclusione

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Dopo il successo in Toscana, IntegrArs è pronta a mettersi in gioco anche in altre scuole d’Italia con workshop e spettacoli da vedere anche durante i viaggi d’istruzione!

Vengono dalla bellissima cittadina medievale di Cortona gli echi di una straordinaria esperienza di integrazione tra teatro, scuola e territorio, ma sperano di raggiungere presto un pubblico più ampio. Il Festival del Teatro Inclusivo, organizzato dalla Polisportiva Cam e giunto questo aprile alla sua seconda edizione, ha offerto agli spettatori toscani performance di altissimo livello artistico i cui protagonisti sono stati ragazzi portatori di handicap, normodotati, portatori di altre forme di disagio, dopo un ricco training fatto di incontri con gli esperti delle varie compagnie teatrali che hanno partecipato all’iniziativa.

Il teatro come linguaggio liberatorio che abbatte distanze artificiose e crea solidarietà, quindi, ma la scuola come terreno naturale per l’emancipazione da orizzonti che rischiano di farsi via via sempre più ristretti, conformisti, intolleranti. Ne abbiamo parlato con l’ideatrice e coordinatrice del progetto, sostenuta senza riserve dalla proprietà e dai responsabili della Cam Residenze sanitarie, la regista e operatrice teatrale Maria Rosaria Stigliano, che ha dedicato grande energia non solo all’allestimento degli spettacoli, ma anche a tante ore di formazione nelle classi, e che ora spera di poter portare l’iniziativa di IntegrArs anche in altre scuole e in altri teatri d’Italia.

IntegrArs ha coinvolto in maniera attiva le scuole del territorio toscano. C’è una scuola diversa, quindi, da quella dei Ptof, dei rapporti problematici con le famiglie, dell’assenza di dialogo tra docenti e studenti.

La nostra esperienza ci consente di affermare che una scuola diversa “esiste”, una scuola in cui si lavori davvero per coltivare dei talenti e forgiare uomini e donne “pensanti”, emotivamente maturi e in grado di relazionarsi con le multiformi “vivenze umane”, come in maniera profonda e incisiva ha saputo cogliere Silvia Martini, musico-terapeuta e presidente della giuria nella seconda edizione del Festival IntegrArs. Grazie alla presenza di dirigenti scolastici luminosi e illuminati, e cioè la Dott.ssa Damiano, dell’Istituto comprensivo 2 di Cortona e la Dott.ssa Maria Beatrice Capecchi dell’ IIS “Luca Signorelli” di Cortona, già dallo scorso anno abbiamo intrapreso un meraviglioso percorso di vita che ha come strumento di relazione il Teatro.

Quali scuole sono state coinvolte nell’iniziativa e quali spettacoli hanno messo in scena? Il progetto è entrato nell’orario curricolare?

Le scuole coinvolte nell’iniziativa sono quelle del territorio di Cortona perché siamo partiti dalla nostra realtà, in cui è logisticamente ubicata la realtà dell’Istituto Cam, tenendo un percorso di laboratorio di teatro articolato in vari moduli avente la finalità di una reale presa di coscienza e crescita per i partecipanti.

Sono stati protagonisti i bambini della scuola dell’ Infanzia e della scuola Primaria di Pergo dell’Istituto Comprensivo 2 e i ragazzi della 1°, 2°, 3° classe dell’Istituto sociosanitario di Cortona, dell’ IIS “Luca Signorelli”.

La condivisione di valori e obiettivi con le dirigenti e gli insegnanti è stato determinante perché questo piccolo miracolo potesse avvenire. l progetto si è svolto in orario curriculare, ma L’IIS Luca Signorelli ha messo a disposizione i locali anche in orario pomeridiano, quindi è stato possibile un percorso anche extracurriculare, seguito con continuità e forte entusiasmo.

Questo ci ha consentito di fare un reale lavoro di integrazione che si è concretizzato nella realizzazione dello spettacoloFigli di un Dio minore”, risultato tra l’altro vincitore del Premio Integrazione, fortemente voluto dai membri della giuria per suggellare l’importante lavoro di inclusione svolto, e del premio per “Migliore attrice” assegnato alla nostra Roberta Ciani del Cam.

Oltre allo spettacolo sopracitato, che quindiè entrato in competizione, abbiamo portato una serie di performance che invece erano l’esito puro del percorso di teatro fatto insieme.

Con la scuola dell’infanzia abbiamo presentato “SEMI DI VITA”, un lavoro incentrato sulla vita di un semino. Una riflessione sulla vita, sulla sua ciclicità, sui doni che essa ci fa e che ci induce a pensare che la vita, in qualunque modo si presenti, vale sempre la pena di essere vissuta. Con la scuola primaria abbiamo messo in scena alcuni momenti diPinocchio”: non solo una favola, ma il viaggio del singolo alla conquista della sua umanità.

Con le classi liceali, invece, quali testi avete affrontato?

Con la classe 1° dell’ IIS “Luca Signorelli” abbiamo ripreso alcuni momenti della storia del Piccolo Principe”: “Non si vede bene che col cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi”, la breve performance ruota intorno a questa riflessione. Con la classe 2° abbiamo messo in scena “PERSONAGGI IN CERCA DI EMOZIONI”, che come esito degli incontri di laboratorio di Teatro Integrato ha presentato proprio momenti tipicamente legati alle basi dei corsi di teatro, nello specifico la focalizzazione sul valore della presenza scenica ricercato attraverso la consapevolezza dello sguardo e l’attenzione alla camminata. Il tutto è stato poi completato dalla lettura di frasi tratte dalle principali opere di Pirandello.

Con la classe 3° abbiamo portato in scena “MARCO CAVALLO ESCE”: insieme ai ragazzi dell’Istituto Severini è stato affrontato il tema della Legge Basaglia e si è voluto portare in scena un piccolo momento tratto da “Cera una volta la città dei matti”, quello che ha più colpito i ragazzi, che li ha più commossi e che forse rappresenta il momento del vero cambiamento.

Tengo a ribadire che tutte queste performance hanno visto contemporaneamente in scena i ragazzi delle scuole e i ragazzi dell’Istituto Cam. Sempre fuori competizione, ma nella linea di un percorso di inclusione a 360°, abbiamo realizzato una performance che ha visto protagonisti i ragazzi del Cam e il Centro Diurno ed RSA Sernini (CASA DI RIPOSO DI CORTONA) dal titolo eloquente, “LA MEMORIA DELLA FELICITA’”.

Gli insegnanti delle scuole hanno avuto anch’essi un ruolo?

Gli insegnanti hanno avuto un ruolo importante nel coinvolgimento dei bambini, ragazzi e famiglie al progetto. Aver creduto in maniera convinta all’importanza di quello che abbiamo proposto ha di riflesso dato un valore aggiunto al nostro percorso.

Quanto è stato importante l’elemento agonistico, rappresentato dal concorso, per la motivazione dei ragazzi?

In realtà nel mio immaginario e nella mia idea di questo progetto è previsto un aspettoagonistico” anche per le scuole che però avrebbe un respiro più ampio da un punto di vista della commistione delle arti, innanzitutto perché credo che i vari linguaggi artistici siano tra loro interscambiabili e inscindibili, in quanto ognuno prende linfa vitale dagli altri, e poi per poter ampliare il numero delle scuole partecipanti e le sfumature e i punti di vista da cui si parla di inclusione.

Come mai il teatro può essere uno strumento così potente di integrazione e di inclusione? Quali sono i meccanismi profondi che permettono a un’attività di finzione di raggiungere risultati duraturi sul piano etico?

Il Teatro è per eccellenza il luogo del non giudizio, l’arte che si estrinseca nella catarsi dell’attore e dello spettatore favorendo l’annullamento di qualunque diversità, questo probabilmente è il principale motivo per cui il Teatro svolge una funzione così eticamente rilevante.

Il nostro obiettivo è stato per tutto il tempo quello di contribuire con l’esperienza portata dai nostri ragazzi ad abbattere quelle barriere ideologiche e mentali che troppo spesso alimentano il pre-giudizio.

Per provare a dare una risposta esaustiva alla domanda prendo in prestito quanto detto da maestri del pensiero filosofico e teatrale. Platone ci dice nel Convivio:Prender, sì, da queste cose qui in terra belle; ma avere in ogni istante,per suprema meta quella Bellezza assoluta, e salire su. 
E sarà come per gradini di una scala ascendenti. Mentre Jerzy Grotowski nel 1959 ha dato vita al Teatro Laboratorio che in seguito ha ricevuto lo status di “Istituto di ricerche sulla recitazione“.
Egli propone la povertà in teatro, lo sfrondamento di tutti gli elementi parassitari per arrivare a svelare le ricchezze inesplorate di questa forma artistica. “Il teatro, grazie alla tecnica dell’attore, quest’arte in cui un organismo vivo lotta per motivi superiori, presenta una occasione di quel che potremmo definire integrazione, il rifiuto delle maschere, il palesamento della vera essenza: una totalita’ di reazioni fisico-mentali.Questa possibilita’ deve essere utilizzata in maniera disciplinata, con una piena consapevolezza delle responsabilita’ che essa implica.E’ in questo che possiamo scorgere la funzione terapeutica del teatro per l’umanita’ nella civilta’ attuale” (Grotowski,1968).

Probabilmente questi punti di vista, queste riflessioni ci rivelano in maniera esaustiva il valore del teatro e la sua essenza.

Ho visto che i ragazzi si sono cimentati su testi complessi: “Figli di un di un dio minore”, se ho ben capito messo in scena da una terza superiore di un istituto socio-sanitario, ha lavorato sulle analogie tra il coro delle Baccanti di Euripide e le anime “folli” dei manicomi. In che modo è stato possibile affrontare l’analisi di un testo così complesso?

“Diciamo che il nostro viaggio è iniziato prima di iniziare il nostro lavoro con i ragazzi della 3°. Con i miei ragazzi del Cam ci chiedevamo su cosa lavorare, cosa mettere in scena, in cosa cimentarci per evidenziare anche i “miglioramenti tecnici” frutto del duro lavoro a cui ahimè li sottopongo, perché non è semplice “sopportarmi”, quando mi ci metto sono abbastanza antipatica e noiosa, e quindi prova e riprova ormai mi conoscono e sanno che non mi accontento…. A parte gli scherzi, lavoro con loro da due anni e davvero hanno un’abnegazione e uno spirito di sacrificio encomiabile, sfido chiunque ad avere la loro stessa costanza e continuità. Comunque siamo partiti dall’idea delle Baccanti, abbiamo seriamente cominciato a studiare le analogie tra Dioniso e Cristo, ma non ci bastava, abbiamo cominciato a guardare le diverse versioni messe in scena e osservato tutte le scelte registiche, i costumi usati, le parole scelte e allora ci è venuto in mente che questo coro di Baccanti rese folli dal vino non era così diverso dalla follia delle anime dei manicomi, e questa apparente libertà data dall’essere folli e disinibite in realtà era la vera condanna ad una vita di costrizioni.

E allora perché non approfondire il tema dei manicomi, la svolta della legge Basaglia? Quindi insieme abbiamo guardato i film dedicati a questi argomenti, da “Si puo’ fare” del 2008 con la regia di Fabio Bonifacci a “C’era una volta la città dei Matti”, miniserie televisiva del 2010 con la regia di Marco Turco. Ore e ore trascorse a studiare, parlare, commuoverci dinanzi a scene che tanto ci ricordavano momenti da qualcuno veramente vissuti sulla propria pelle, prima che tutto cambiasse, prima che una nuova dignità fosse conquistata per questi ragazzi. E’ indescrivibile cosa si provi a sentire i loro racconti, a entrare così profondamente nel loro lavoro nelle loro vite così “ferite” e poi partire da questo dolore, da questi ricordi, da queste analogie per recuperare una nuova dignità, una nuova luce.

E’ un compito arduo, ma anche un gran privilegio quello di navigare in così delicate acque per poi portare anime considerate alla deriva a raggiungere la loro salvezza.

E il nostro spettacolo ha voluto raccontare la storia di anime “condannate” alla coercizione, alla sofferenza, vittime della follia, più delle blasfeme norme sociali, che della loro anima, redimersi attraverso una graduale presa di coscienza che abbiamo rappresentato usando la canzone “Anime salvedi De Andrè.

Di tutto questo nostro percorso abbiamo parlato con i ragazzi della 3° dell’ IIS Luca Signorelli mostrando i momenti salienti del nostro viaggio, dei nostri racconti, e loro hanno subito voluto condividere con noi questa storia, provare a raccontarla insieme a noi.

E’ stato un percorso duro ma intenso, emozionante, un vero percorso di crescita e di presa di coscienza, dagli abissi siamo arrivati alla luce e la nostra fatica è stata riconosciuta, e premiata.

Al nostro spettacolo sono stati riconosciuti ben due importanti premi: il premio Integrazione proprio per la reale fusione avvenuta in scena tra i nostri ragazzi del Cam e i ragazzi della scuola, e il premio miglior attrice protagonista, assegnato ad una ragazza dell’Istituto Cam per la luminosa presenza scenica e la perfetta aderenza delle sue movenze alle caratteristiche del personaggio.

Una soddisfazione per tutti, un premio al lavoro svolto e soprattutto un vero riscatto per queste anime belle.

Quali sono stati i momenti o le parole che più ti hanno emozionata?

Le emozioni più grandi sono quelle vissute già durante i laboratori svolti mesi prima del Festival, quando sono nate nuove amicizie e quando man mano che il tempo passava si notava il cambiamento di punto di vista dei ragazzi delle scuole.

E pensare che gli artefici di questi cambiamenti erano i nostri ragazzi nel loro essere senza filtri, senza pre-giudizi, ma emozione allo stato puro che si libera nell’aria e riempie indistintamente chiunque ne venga a contatto.

Ma poi lì sul palcoscenico ogni momento era emozione, pensa che i miei ragazzi si sono esibiti in ben sette diverse performances, immagina quanto lavoro hanno affrontato… Ecco perché possiamo definirli speciali, non si sono tirati mai indietro in nessun momento, hanno dato, dato, dato attingendo a tutte le loro inesauribili e fantastiche forze.

Anche adesso, mentre ricordo quei tre giorni, lacrime di nostalgia e gioia mi solcano il viso.

E poi il loro grazie, i loro abbracci fortissimi da farti mancare il respiro. E che dire delle parole dei ragazzi delle scuole, anche di quelli che all’inizio sembravano più bulli, più duri e che invece sono stati scalfiti eccome da questa valanga di emozioni.

I loro abbracci a sipario chiuso, i grazie che ancora continuano a scrivermi nei loro messaggi sono davvero linfa vitale e il premio più grande per ogni paura, stanchezza, sacrificio fatto.

Adesso qual è il vostro obiettivo? Pensate a un grande festival nazionale?

In realtà già nella prima edizione abbiamo avuto la partecipazione di compagnie provenienti da varie regioni (Lazio, Emilia Romagna, ben due oltre al territorio toscano), mentre quest’anno le compagnie erano provenienti da Toscana e Umbria, ma il nostro obiettivo è far conoscere il nostro lavoro in tutta Italia, portando nelle scuole e nei teatri la nostra esperienza. Ci piacerebbe condividere tramite seminari e workshop quello che è il nostro lavoro. Sarebbe bello, per esempio, che le scuole prendessero parte al Festival, magari organizzando il loro viaggio d’istruzione o le loro visite guidate a Cortona nel periodo del Festival. Potrebbero associare la conoscenza e la visita di una città meravigliosa quale è Cortona ad un momento esperienziale partecipando ai nostri laboratori.

Per capire cosa sia davvero IntegrArs è importante conoscere da vicino il nostro lavoro e i nostri ragazzi!

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