Escludere la tecnologia dal contesto didattico sarebbe anacronistico. Lettera

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Inviato da Prof. Francesco Garofalo  – Viviamo in un’era in cui gli schemi interattivi hanno plasmato il nostro stile di vita. Sappiamo per conoscenza diretta che Internet ha ampliato e in parte occupato la maggior parte dello spazio della comunicazione giornaliera riservata alle interazioni interpersonali.

Ciascuno di Noi è consapevole che tale strumento di comunicazione consente, al gruppo dei pari in modo particolare, di condividere informazioni, conoscenze e saperi da fonti infinite e complesse.

La tecnologia, pertanto, è talmente entrata nella vita degli studenti che si è impossessata del loro tempo, espropriando i loro sguardi e la loro attenzione dal contesto reale in cui sono immersi.

Se la scuola e la didattica, che si individua nel corso dello sviluppo delle varie unità di apprendimento, dei progetti, non terranno conto di questi processi “virtuali” che si sono appropriati della maggior parte del tempo giornaliero, significa vanificare qualsiasi gesto educativo e formativo prodotto dal docente; significa collocare la “scienza dell’insegnamento” in una posizione di estraneità dal contesto fisico e sociale in cui si intende sviluppare.

In questa ottica è impensabile che le aule, da rendere innanzitutto tranquille sul piano della sicurezza, siano spoglie di sussidi tecnologici che garantiscano forme di interattività con il mondo globale. E’ impensabile che le frontiere del sapere possano delimitarsi nei confini del libro di testo e delle conoscenze del docente quando la tecnologia, internet, offrono l’opportunità di accedere a consapevolezze immediate, a sintesi di ricerche scientifiche, culturali e sociali che sovente superano, ampliano o smentiscono i saperi introdotti nei libri di testo la cui velocità dei tempi rende “remoto”.

Internet, per certi aspetti, è diventato per i nostri studenti, parte integrante del loro tessuto cognitivo, una componente rilevante sul piano dell’interazione sociale le cui conseguenze nella sfera dello sviluppo della personalità, delle singole identità, lasciano campo aperto a immediate e future ricerche scientifiche e culturali.

Non si intendono aprire dibattiti, in questa sede, sull’utilità o meno di adoperare in classe il “cellulare” il cui rapporto relazionale tra utente e strumento si consuma in modo diretto, ponendosi come rapporto a due “uomo – macchina”. Non si intende schierarsi a favore o meno sull’uso del cellulare ovvero dello smartphone in classe. Ciascuno conserva la propria opinione al riguardo e giustifica la scelta in base a conoscenze personali. Un fatto è inconfutabile: l’invenzione dello smartphone ha prodotto una delle rivoluzioni culturali più rilevante degli ultimi secoli. Estraniarlo dal contesto didattico è, quindi, antistorico, anacronistico. Come tutti gli strumenti tecnologici a disposizione dell’uomo esso richiede una particolare attenzione d’uso onde evitare che un impiego improprio (abuso) possa provocare danni e dipendenze a scapito del miglioramento delle condizioni stesse dell’uomo moderno.

In questa sede, comunque, si vuole porre l’accento sull’uso di strumenti informatici che interessano, non il singolo studente, ma l’intero gruppo classe; dove il singolo studente venga coinvolto emotivamente nel gruppo, partecipi alla vita dell’intero organismo, viva insieme agli altri la “lezione”, e così via. Compito del docente è quello di individuare non un metodo ma “metodi” capaci di fruire dei benefici della tecnologia e della scienza per implementare le capacità di apprendimento, l’attenzione e il benessere emotivo del gruppo dei pari. La classe è in primo luogo un organismo attivo, dinamico in cui, nel pieno rispetto delle singole identità etiche e culturali, si producono emotività e motivazioni, attenzioni e apprendimenti. I contesti simbolici aiutano a produrre gratificazioni solidali che a loro volta aiutano a determinare, nell’ambito del contesto classe, armonia e serenità nel sapere.

Un’aula vuota, priva di supporti tecnologici, espropriata dai moderni sussidi tecnologici sarà portatrice di svantaggi culturali rispetto a contesti che ospiteranno mezzi e strumenti che si interfacciano, a livello sociale, coinvolgendo emotivamente non solo il singolo studente – rapporto unilaterale studente- smartphone, ma rapporto “sussidio telematico e gruppo”-

La comunicazione, in sintesi si colloca al primo piano della conoscenza. La scuola ha il dovere di accrescere l’autonomia degli studenti ricorrendo all’utilizzo, non solo della parola, della comunicazione non verbale, ma anche all’utilizzo delle immagini, dei colori, suoni, in sintesi a simboli, mappe e movimenti che consentono una corretta e rapida identificazione dei contenuti proposti all’intero gruppo classe.

La Lim in questo ottica è un insostituibile strumento di didattica inclusiva che consente lo sviluppo di varie riflessioni coinvolgendo tutti: chi necessita di vedere l’immagine con accanto la parola, chi necessita di ascoltare il suono, chi ha bisogno di manipolare un oggetto… Ciascun studente, compresi i DSA, possono intervenire suo lavoro proposto, selezionato e coordinato dal docente. L’introduzione della LIM, infatti, ha dimostrato che l’ambiente scolastico perde la sua severità e diventa attraente, più vicino all’habitat cognitivo dello studente, valorizzando le abilità con l’espletamento delle attività laboratoriali mirate ad acquisire nuove competenze con l’ausilio di strumenti compensativi. La Lim peraltro concede una miriade di funzionalità che consentono di cambiare il colore della pagina e il colore “dell’apprendimento”, rendendolo più piacevole in quanto consente di proporre i concetti utilizzando diversi canali comunicativi e codici interpretativi. Pensare, pertanto, che all’interno delle aule esistono ancora e sopravvivono alle nuove tecnologie le lavagne con pietra di ardesia, gesso e cassino è veramente anacronistico, fuori dal tempo.

Una scuola moderna, avanzata, inserita nel contesto europeo che guarda alle conoscenze del mondo, deve saper connettersi con i bisogni cognitivi dei giovani, coltivati in primo luogo nel terreno della tecnologia ( nativi digitali). Avversare la tecnologia non aiuta l’uomo ad evolversi, non favorisce l’elevazione dei più deboli e vulnerabili ma apre le porte a forme di “moderne” schiavitù che nascono e si diffondono a causa dell’analfabetismo digitale e dell’analfabetismo informatico. Le aule devono mutare nella loro fisionomia, l’organizzazione scolastica deve improntarsi essenzialmente sulla modernità recependo le innovazioni culturali, ma nel contempo la figura del docente sarà chiamata a trasformare la sua funzione “disciplinare” a “interdisciplinare”, la sua funzione di insegnante a “ricercatore”, “facilitatore” “mediatore”, selezionatore e coordinatore di saperi e conoscenze. Un compito non facile, complesso così come complessa oggi è la società in cui egli sarà chiamato a svolgere il suo servizio che è e rimarrà nobile per lo sviluppo e la crescita del vivere insieme.

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