Elezioni 2018, Pittoni (Lega): agevoleremo ritorno a Sud, concorsi solo con “domicilio professionale” in regione, per diplomati soluzioni condivise. Tutto il programma

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Intervista a Mario Pittoni (Responsabile Federale Istruzione Lega) con il quale analizziamo le proposte politiche che il partito presenta agli elettori per quanto riguarda il settore scuola.

Problema mobilità e rientro docenti al Sud?

I trasferimenti più o meno forzosi di insegnanti da una parte all’altra della Penisola sono ormai impraticabili: gli stipendi attuali non consentono più di gestire trasferte di centinaia di chilometri da dove si hanno affetti e interessi, con conseguenze in particolare per la continuità didattica (che si traducono in più fallimenti scolastici) e costi aggiuntivi anche per lo Stato. Attiveremo nei limiti del possibile tutti gli strumenti a disposizione per riavvicinare i docenti al loro territorio. Inoltre, ritenendo che “continuità didattica” e “continuità affettiva” abbiano la stessa dignità, lavoriamo al superamento dell’attuale sistema di reclutamento.

In che senso?

Vi sono realtà dove le famiglie minacciano la ricollocazione dei figli in altro istituto per i troppi avvicendamenti di docenti. Con la “Buona scuola” il valzer delle cattedre è triplicato. Nel 2016 circa 250 mila insegnanti – quasi un terzo dell’intero corpo docente – si sono spostati, mettendo in difficoltà 2 milioni e mezzo di studenti.

Quale sarà la vostra risposta al problema?

Interverremo alla radice: servono concorsi su base regionale. Il nostro progetto punta a creare un precedente nella selezione dei docenti, al quale poi attingere per rivedere l’intero sistema di assunzione nella pubblica amministrazione. In passato tentativi similari si sono arenati sul riferimento alla “residenza”: qualcuno poteva essere tentato di porre il dubbio di costituzionalità. L’abbiamo allora sostituita con il “domicilio professionale” di ispirazione europea.

Può spiegare nel dettaglio cosa intende per domicilio professionale?

E’ indipendente dalla residenza. Si può cioè eleggere nella regione preferita in assoluta libertà e rappresenta pur sempre una scelta di vita e un primo fattore di equilibrio. Una volta chiarito che in ambito regionale il confronto è a pari condizioni, il candidato orienterà la scelta della regione dove concorrere, sulla base del proprio grado di preparazione in rapporto alla qualità media degli altri iscritti e dei posti disponibili, innescando un meccanismo virtuoso ispirato ai principi del federalismo.

Quali sarebbero i vantaggi di questo sistema?

Porto sempre l’esempio del candidato bravo ma di in una regione dove i bravi sono tanti, che potrebbe essere spinto a iscriversi nella regione vicina, che magari ha meno bravi e offre più opportunità di lavoro. A quel punto gli iscritti nell’altra regione avranno ovviamente tutto l’interesse a darsi da fare per crescere professionalmente e non farsi sfuggire l’opportunità.

Chiamata diretta dei docenti, la terrete oppure no?

La “chiamata diretta” dei docenti prevista dalla Buona scuola, sta mostrando tutti i suoi limiti. Si rischia fra l’altro la degenerazione troppe volte vista in campo universitario. Più utile al momento lavorare a correttivi alla disomogeneità di valutazione sul territorio, che affronteremo col reclutamento su base regionale.

Alternanza scuola lavoro, molte le polemiche quest’anno. La cancelliamo?

No, semplicemente l’alternanza dev’essere scuola-lavoro, non scuola-sfruttamento. In troppi casi gli studenti sono coinvolti in situazioni che di formativo non hanno nulla. Vanno individuati percorsi che garantiscano qualità oltre che, ovviamente, congruenza fra alternanza e indirizzo di studi.

Diplomati magistrale, quale soluzione?

Abbiamo lanciato un appello al dialogo tra le parti interessate, presentando anche una nostra proposta, per una soluzione – ovviamente praticabile – il più possibile condivisa. Se arriverà, la politica non potrà che prenderne atto. Altrimenti sarà lei a decidere e non sempre è un vantaggio. Contemporaneamente ci prepariamo ad aprire un altro fronte.

Di cosa si tratta?

Lavoriamo a un provvedimento sostitutivo del comma 131 della legge 107/2015 (Buona scuola), il quale stabilisce che “i contratti di lavoro a tempo determinato… non possono superare la durata complessiva di trentasei mesi, anche non continuativi”, negando a chi nel frattempo non ha ottenuto un contratto a tempo indeterminato la possibilità di proseguire nella carriere, pur avendo maturato anni di esperienza che a questo punto rischia di andare dispersa. Vogliamo restituire il sonno a decine di migliaia di precari che dal 2015 vivono un vero e proprio incubo.

Domanda che ho posto anche ad altri suoi colleghi, secondo lei quale qualità didattica può garantire una maestra a 67 anni?

Anche in questo caso interverremo alla radice con la cancellazione della legge Fornero.

Quali altri punti del vostro programma vuole aggiungere?

Promuoveremo il “costo standard di sostenibilità” delle scuole che, stando ad alcuni studi, potrebbe liberare alcuni miliardi da reinvestire in qualità. Operazione, peraltro, da noi già avviata nel 2010 per l’università e attualmente a circa due terzi del percorso (alcuni parametri sono da rimodulare), con buoni risultati recentemente anche al Sud. Una volta a regime, l’intero Fondo di finanziamento ordinario degli atenei (circa 7 miliardi, che andranno implementati) sarà distribuito con criteri per il 70% oggettivi (costi standard) e per il 30% premiali, come nei Paesi più avanzati.

Altro, per l’università?

Sì, rivedremo l’accesso ai corsi universitari a numero programmato, che oggi avviene tramite test tutt’altro che affidabili. Riteniamo vada garantita una chance a tutti i candidati, scremandoli dopo un certo periodo (un anno?) in base a un adeguato numero di esami da superare. I migliori dovranno poter scegliere il corso di laurea d’interesse, fino all’esaurimento dei posti. In altre nazioni come la Francia è già così: la selezione per Medicina avviene dopo il primo anno di università e un breve tirocinio in ospedale.

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