Educazione civica deve essere insegnata con l’esperienza. Lettera

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Gianni Mereghetti  – Carissimo direttore, la questione dell’Educazione civica o Educazione alla legalità sta diventando una delle questioni centrali della scuola che il ministro Bussetti sta costruendo destrutturando la Buona Scuola.

È’ importante ridare importanza alla educazione civica che suggerirei di chiamare educazione al bene comune o educazione alla convivenza civile nella prospettiva della reciprocita’.
Ed è imprescindibile che diventi disciplina scolastica, non si può accettare la sua riduzione a progetti volontari o ad iniziative che hanno un fondo ideologico.
Tutte le studentesse e gli studenti hanno diritto a conoscere i fondamenti e le caratteristiche della convivenza civile in cui si trovano a vivere e devono farlo così da diventarne protagonisti.
Non è nemmeno da discutere se l’educazione alla convivenza civile debba essere introdotta nel curriculum scolastico, è fondamentale farlo per contribuire al percorso di maturazione che ogni ragazzo e ogni ragazza compie dentro la scuola.
Una educazione reale non può prescindere dal prendere in considerazione il valore dell’altro, le modalità della convivenza e le forme dello stato in cui vive legate a quelle dell’Unione Europea. Introdurre l’educazione alla convivenza civile vuol dire aiutare le nuove generazioni a diventare protagoniste di questo mondo in cui vivono, facendo crescere in loro l’apertura all’altro, ad ogni altro.
Il problema quindi non è se introdurre o no questa nuova disciplina, ma come insegnarla.
Bisogna evitare che venga fatta come un insegnamento di regole o di teorie o come studio delle leggi della convivenza, questo è da evitare nel modo più assoluto!
L’educazione alla convivenza civile deve essere fatta partendo dall’esperienza che studenti e studentesse fanno e dialogando con loro.
Il primo modo di educare alla convivenza civile è far aprire gli occhi dentro la classe e aiutare ognuno a entrare in rapporto con l’altro, a scoprirlo, a conoscerlo.
È da una esperienza di rapporti che si impara a guardare a dimensioni sempre più ampie. Lo stato lo si capisce e lo si giudica sempre a partire da un’esperienza, e da questa esperienza si trae la possibilità di diventare protagonisti dentro la società.
Per questo è altrettanto importante che l’insegnamento dell’educazione alla convivenza civile abbia una parte operativa, cioè ragazzi e ragazze facciano esperienze concrete in cui cogliere il valore dell’altro o in cui incontrare chi opera per il bene comune fino a condividerne alcuni aspetti della loro iniziativa. Sarebbe interessante ad esempio che dopo lezioni teoriche gli studenti e le studentesse facessero esperienza in un centro disabili dove educarsi al valore della gratuità oppure facessero un lavoro di conoscenza dei bisogni del loro paese fino a progettare degli interventi e a realizzarli.
Quindi, bisogna introdurre e presto questa nuova disciplina, ma in modo dinamico e moderno! Dando una prospettiva operativa a questo insegnamento decisivo nella storia di maturazione umana che ogni studente e studentessa vive a scuola.

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