Educatori e docenti non possono avere lo stesso stipendio

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Le ricorrenti dal settembre’ 1999 (Ropa) erano state adibite per disposizione del Comune ad attività di sostegno di bambini con difficoltà portatori di handicap mentali e fisici all’interno di scuole statali site nel comprensorio del Comune. Tale situazione, temporanea, si era protratta fino all’estate 2002.

Durante tale periodo avevano avuto inquadramento, calendario, orario di lavoro identici a quelli avuti in precedenza in applicazione dell’art. 31 del CCNL. Le lavoratrici contestavano la legittimità di tale trattamento e invocavano l’applicazione della normativa in tema di mansioni superiori e l’applicazione dell’art. 32-bis del suddetto CCNL, con la condanna del Comune al pagamento delle somme indicate o di quelle ritenute dal Giudice.

Il Tribunale accoglieva la domanda relativa all’art. 32- bis CCNL, ritenendo che sussistesse una assimilazione tra docenti ed educatori in ragione dell’art. 33 del CNL, ma respingeva la domanda relativa alle mansioni superiori, atteso che non si era verificato demansionamento e non vi era stato il consolidarsi del diritto ad una qualifica superiore. La Corte di Appello, invece, dava ragione all’Amministrazione ed il contenzioso giungeva in Cassazione che Sezione Lavoro che con Sentenza n. 15301 del 12/6/2018 così si pronunciava:

La distinzione tra il personale docente ed educativo, criteri

La distinzione tra le due figure si rinviene, in particolare, nella legge n. 104 del 1992, laddove l’art. 13, nel prevedere misure che rendano effettivo il diritto allo studio delle persone disabili, al comma 3, stabilisce in relazione alle scuole di ogni ordine e grado, l’obbligo per gli enti locali di fornire l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali, oltre a prevedere una distinta attività di sostegno mediante l’assegnazione di docenti specializzati. I Comuni hanno specifica competenza, atteso che ai sensi dell’art. 139 del d.lgs . 112 del 1998 sono rimesse agli stessi per le scuole primaria e secondaria inferiore i servizi di supporto organizzativo dei servizio di istruzione per gli alunni con handicap o in situazione di svantaggio.

La distinzione tra docente ed educatore trova conferma nella stessa prospettazione delle ricorrenti laddove a pag. 3 del ricorso, nell’esporre i fatti di causa affermano che in generale nel nuovo incarico (attività di sostegno in favore di bambini con difficoltà e portatori di handicap all’interno di scuole statali) -coadiuvavano le insegnanti statali, anche di sostegno, con funzioni di aiuto/guida e socio/educative, partecipavano a corsi formativi, ai consigli di classe, ai colloqui con i genitori ed anche agli scrutini, effettuando altresì frequenti incontri con i referenti del Servizio di neuropsichiatria dell’età evolutiva dell’USL di Bologna Nord”.

L’attività educativa del personale comunale si affianca a quella di docenza

L’attività educativa prestata da personale comunale (nella specie istruttore educativo) presso le scuole statali per il sostegno agli alunni con handicap si affianca alla attività di docenza per una piena integrazione scolastica della persona disabile, garantendo una piena integrazione per il diritto all’istruzione, e non costituisce attività ulteriore, sia scolastica integrativa che di doposcuola. Tali attività presso la scuola statale potranno ben esserci, ma costituiscono un quid pluris rispetto alla prestazione scolastica ordinaria, come articolata per gli alunni con disabilità, che qui viene in rilievo. Né a tale ambito potrebbero ricondursi le attività svolte durante la chiusura scolastica dalle lavoratrici nell’ambito delle attività di assistenza sociale o scolastica proprie del Comune (campo solare del Comune, assistenza a bambini bielorussi ospitati dalle famiglie del Comune), su cui vertono alcuni capi di prova, di cui la Corte d’Appello motivatamente riteneva la mancanza di rilievo.

Le interpretazioni dell’ARAN non hanno carattere vincolante

Né può portare ad una diversa interpretazione la nota dell’ARAN richiamata, atteso peraltro che come affermato dalla stessa ARAN (RAL725 Orientamenti Applicativi), le risposte a quesiti formulati dalle amministrazioni nell’attività di assistenza delle pubbliche amministrazioni per la uniforme applicazione dei contratti collettivi, espressamente prevista dall’art. 46, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, non hanno carattere vincolante e non rivestono neanche la caratteristica della -interpretazione autentica – per la quale, invece, è prescritto uno specifico procedimento negoziale.

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