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E se insegnassimo anche la netiquette? Cioè le buone maniere online?

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La scuola non sta vivendo un clima sereno: gli insegnanti sempre più spesso dicono di essere in allerta e di svolgere la maggior parte del loro preziosissimo lavoro educativo e formativo in tensione.

Certo, quello che hanno riportato e che riportano le cronache riguardo ai fatti di violenza consumati nelle aule, non aiuta a stare tranquilli. Che cosa possiamo fare, allora, per rendere l’apprendimento e la convivenza in classe un momento ancora costruttivo per tutti? Ricercare nuove buone pratiche da condividere insieme agli studenti potrebbe essere un primo passo per trovare un terreno comune.

I dati ci dicono che i ragazzi passano molte ore del loro tempo libero online. Attaccati allo smartphone, su una chat, magari di gruppo, o sui social. Costruiscono per esempio profili Instagram ad hoc, finalizzati a parlare di loro secondo una logica che molto spesso gli adulti non comprendono.

Almeno, non con la stessa immediatezza con cui lo fanno i loro coetanei. Si potrebbe, allora, prevedere un momento all’interno della classe, dove gli insegnanti si fanno raccontare il profilo social dei ragazzi. Come se fosse un esercizio di presentazione di se stessi, o un esercizio di public speaking. In questo modo, i ragazzi sarebbero motivati a rendere a parole quanto hanno ideato, a rendere evidente non solo lo stile dello story telling che hanno scelto per la loro pagina, ma anche lo stile narrativo con cui decidono di condividerlo a parole con gli altri. Gli insegnanti, allora, potrebbero fare riflettere i giovani sul fatto che l’identità virtuale che costruiscono è il loro primo biglietto di visita. E in quanto tale va curato.

Come scambiano comunicazioni sui social? Che linguaggio e che immagini usano i ragazzi per parlare con e agli altri membri che fanno parte della loro cerchia di amici o di follower? Conoscono il modo in cui si intrattiene una relazione o alla prima difficoltà bannano, o smettono di seguire qualcuno che ha cancellato un loro commento? Si potrebbe insegnare loro che le virgole hanno importanza anche sulla loro pagina social e non solo nei temi in classe, per esempio. Che il tono che usano può essere espresso attraverso la punteggiatura, che abusare di punti interrogativi o esclamativi alla fine fa perdere il loro valore, ecc. Insomma, condividere una sorta di galateo sulla buona conversazione e scrittura da utilizzare online potrebbe essere uno stimolo in più a limitare comportamenti scorretti o che possono essere fraintesi.

Le nuove tecnologie possono essere uno spunto per diversi tipi di discussioni con i ragazzi. Molte volte, alcuni insegnanti accettano l’amicizia di uno o più studenti se gli allievi gliela chiedono. Ma se invece insegnassimo di nuovo qual è il confine tra docente e studente? Anziché accettare l’amicizia, allora, si potrebbe proporre un gruppo dove l’insegnante mette a disposizione il suo sapere per approfondire temi verso cui i ragazzi mostrano più interesse, mettendo regole sul linguaggio, sulla quantità di interventi, e sulle immagini e sugli emoticon che possono postare i ragazzi.

La netiquette, ossia le buone maniere online, non si insegnano (quasi) mai nelle scuole. Perché non farlo diventare un momento di discussione all’interno dell’aula? Molti ragazzi conoscono ben poco del galateo nella vita offline e ancora meno in quella online. Facendo confronti con la vita reale e con quella virtuale, però, si potrebbe trovare una best practice da utilizzare sulle pagine social. E anche nella scrittura della pagine di vita reale

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