Durata del TFA ordinario: alcuni chiarimenti

Di Lalla
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Lalla – A seguito della lettera in redazione pubblicata ieri "TFa ordinario in 110 giorni. Chi controlla le Università", chiariamo alcuni aspetti.

Lalla – A seguito della lettera in redazione pubblicata ieri "TFa ordinario in 110 giorni. Chi controlla le Università", chiariamo alcuni aspetti.

I docenti che hanno partecipato al TFA ordinario rivendicano giustamente l’attenzione al percorso, senza che questo sia inficiato da possibili errori di interpretazione sulla validità formativa dello stesso. E tuttavia bisogna prendere atto di alcuni dati di fatto che, messi in luce, dovranno necessariamente essere corretti all’avvio del secondo ciclo.

Le lezioni hanno avuto un’inizio diversificato nei vari Atenei coinvolti, e se ciò è giustificabile, per l’autonomia organizzativa di cui godono le Università e per le problematiche che hanno accompagnato le prove di accesso, va comunque messo in evidenza che per un corso annuale alcune Università nel mese di febbraio non avevano ancora dato avvio alle lezioni (e l’Università citata dalla collega rientra in questo gruppo).

"Ciò che conta sono i crediti – afferma Roberto Pesce, abilitato TFA presso l’Università di Genova – Il TFA ordinario, durando un’annualità accademica, consta per legge di 60 crediti formativi universitari (CFU).

Un CFU è costituito da 25 ore di lavoro, comprendente sia quello svolto in aula (lezioni, laboratori, tirocini) che quello svolto autonomamente dallo studente. Ciascun ateneo decide per ciascun corso la suddivisione di ogni CFU in lavoro in aula e lavoro individuale. L’Università di Genova ha stabilito che per ogni CFU 5 ore fossero svolte in aula e le altre individualmente.

Il conto delle 60×25=1500 ore è giusto, ma comprende sia il lavoro a scuola che quello a casa. La parte di competenza dell’università è quindi 60×5=300 ore; quella di competenza dello studente le rimanenti 60×20=1200 ore.

E’ purtroppo impossibile controllare studente per studente se ognuno abbia effettivamente svolto 1200 ore di lavoro a casa. In ogni caso credo che la maggior parte dei tirocinanti abbia effettivamente svolto questo carico di lavoro (se non di più) che distribuito su circa 150 giorni (domenica e feste incluse a partire dal 19 gennaio) vuol dire circa 10 ore al giorno tra casa e università.

Per quanto concerne le 300 ore in aula, vuol dire appena 2 ore al giorno e quindi fattiibilissimo, considerato che 90 ore sono state fatte durante il tirocinio attivo (diretto e indiretto), le lezioni trasversali (90 ore
distribuite nei weekend, quindi il sabato e la domenica) e 90 ore di corsi e laboratori disciplinari durante la settimana. Rimangono 30 ore, in realtà in pratica di più, dedicate alla stesura della relazione finale. I conti tornano
"

Il Ministero, constata l’eterogeneità di attivazione del percorso e per alcune Università l’impossibilità di chiudere nei tempi previsti dalla normativa, è intervenuto con la nota del 28 febbraio 2013 per fornire dei chiarimenti relativi ai docenti che potessero vantare già esperienza di servizio, nonchè la possibiltà di far rientrare nelle attività di tirocinio non solo le attività didattiche svolte in classe, ma anche preparazione del materiale didattico, o partecipazione in senso più ampio alla vita dell’istituzione scolastica.

Il chiarimento si è reso necessario per tutelare i corsisti del TFA in vista dei prossimi concorsi per il reclutamento degli insegnanti e per l’attribuzione dei contratti di supplenza. Dunque doveroso da parte del Ministero.

Cosa significa questo? Bisogna trovare un equilibrio tra la tutela del corsista e la qualità dell’offerta formativa, che in alcune Università è stata senz’altro ottima, in altre ha lasciato spazio alla disorganizzazione e all’approssimazione, fattori che dovranno essere eliminati nel secondo ciclo del TFA ordinario.

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