Docenti, niente trasferimenti per 5 anni. Anief: riaprire le GaE

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Anief – Il titolare del Miur non molla sull’introduzione di una norma, in virtù della continuità didattica, la quale però non esiste per via della durata diversa dei cicli scolastici e dell’età dell’obbligo scolastico.

Inoltre, verrebbe violata comunque dall’alto numero di precari chiamati su posti in organico di diritto, come per quelli di sostegno, dove in 50 mila precari dovrebbero essere subito nominati in ruolo. Marcello Pacifico (Anief): Quella del blocco quinquennale appare l’ennesima politica della Lega tesa ad evitare che i docenti meridionali possano trasferirsi al Nord. Perché l’esigenza della continuità didattica non esiste per l’insegnamento curricolare, ma viene poi imposta sul sostegno.

Il Quirinale e il Senato hanno bocciato il vincolo di 5 anni con cui il governo vorrebbe tenere fermi tutti i docenti della scuola pubblica, facendo decadere l’emendamento governativo al ddl n. 989 già approvato alla Camera. Invece di prenderne atto, di mettersi l’anima in pace sull’adozione di una norma palesemente incostituzionale e lesiva dei diritti del lavoratore a potersi ricongiungere con la famiglia laddove vi siano le condizioni, senza limiti temporali, il Ministro dell’Istruzione torna alla carica.

Intervistato da “Il Mattino”, Marco Bussetti ha affermato che i 5 anni di blocco nella medesima scuola servono agli studenti, in quanto garantiscono la continuità didattica, ma anche a lavorare con un’adeguata programmazione educativo-didattica e a dare stabilità agli organici. “Ricordiamo – commenta Orizzonte Scuola – che l’intenzione della maggioranza di Governo è di introdurre il vincolo quinquennale non solo per i neoassunti della secondaria, tramite concorso, ma per tutti i docenti”.

Anief, che si è sempre posto contro questa volontà, ricorda che si tratta di disposizioni normative che contengono dei limiti di carattere costituzionale, perché sovrastano il diritto alla famiglia e al lavoro: già nel 2011, con la Legge 106, si decise per una norma in tal senso. E pure nel 2013, approvando la Legge 128. Poi, però, ci si rese conto dell’illegittimità e impraticabilità di questa norma, anche in palese contrasto con le prerogative sindacali poiché oggi, approvandole, non si terrebbe conto del contratto nazionale sulla mobilità appena sottoscritto ed in vigore fino all’anno 2022.

Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “quella del blocco quinquennale appare l’ennesima politica della Lega tesa ad evitare che i docenti meridionali possano trasferirsi al Nord, come quando l’attuale senatore Mario Pittoni chiese all’allora Ministro Mariastella Gelmini di introdurre lo stesso blocco –  poi derubricato a tre anni dalla legge 128/12 dal Ministro Maria Chiara Carrozza e sospeso per la mobilità straordinaria introdotta dalla legge 107/15 voluta dal governo Renzi – all’indomani della sentenza della Consulta sul trasferimento a pettine ottenuto dall’Anief all’atto dell’aggiornamento delle GaE”.

“Se la scuola dell’infanzia copre un triennio scolastico e interessa soltanto un bambino su quatto – continua il sindacalista autonomo – soltanto la scuola primaria offrirebbe infatti la continuità per cinque anni. Perché la scuola media dura tre anni e quella superiore prevede l’obbligo formativo per il solo primo biennio. Pertanto, l’esigenza di una continuità didattica non esiste per l’insegnamento curricolare, ma viene poi imposta sul sostegno. Per il quale, in verità, il cambio delle cattedre non riguarda tanto i passaggi di ruolo quanto il numero dei precari: oltre 50 mila ogni anno, uno ogni tre cattedre, chiamati a garantire la copertura di posti in deroga, i quali, tra l’altro, per il TAR, su ricorso promosso da Anief, dovrebbero essere collocati in organico di diritto se legati a effettive e perduranti esigenze”, conclude Pacifico.

Anief ribadisce, pertanto, che se davvero si vuole incentivare la continuità didattica si devono programmare le immissioni in ruolo dei supplenti abilitati e specializzati, riaprendo le GaE e stabilizzando tutti i precari che hanno svolto almeno tre anni di servizio, come ci dicono da tempo l’Unione Europea e suoi tribunali.

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