Docenti e collaboratori scolastici poco consultati; caro Ministro ci ascolti. Lettera

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Inviato da Fabiana Danesi e Davide Dodesini – Gentile Ministro Fioramonti,

in questi giorni troverà sul suo tavolo migliaia di ‘urgenze’ provenienti dal mondo della scuola e dell’università. Ci associamo a quanto le viene richiesto, perché sicuramente le storture del sistema di reclutamento, trasferimento, immissione in ruolo e quant’altro, sono problemi che un Ministro della pubblica istruzione può e deve affrontare.

Tuttavia, le chiedo anche di porsi come scopo, altrettanto impellente, quello di avviare una grande discussione pubblica a partire dal mondo della scuola, soprattutto con la parte meno consultata del sistema, ovvero docenti e collaboratori scolastici – i dirigenti hanno canali di comunicazione più rodati – affinché si possano mettere in evidenza finalità di lungo respiro, che consentano alla scuola di ritrovare una certa serenità.

Le assicuro che i molti cambiamenti, introdotti negli ultimi quindici anni, sono stati maldigeriti e più che ‘svecchiare’ il sistema – come era sicuramente nelle intenzioni dei promotori del cambiamento – hanno ingolfato le nostre professionalità sottraendoci tempo – e voglia – a danno di quanto quotidianamente svolgiamo in classe e a scuola.

È necessaria una revisione radicale di quanto orienta il nostro lavoro, e per farlo non basta più un riconoscimento puramente formale – siete l’avanguardia educativa del paese, la scuola è importante, la scuola come baluardo ecc. – ma richiede piuttosto un nuovo coinvolgimento di tutti i soggetti che vi operano: studenti, docenti, genitori, personale amministrativo e collaboratori.

Per troppi anni le decisioni sono state calate dall’alto verso il basso, spingendo, così, operatrici e operatori ad adeguarsi sul piano formale (ovvero compilando le carte). Questo modus operandi non ha davvero favorito una reale messa in discussione della sostanza del fare scuola.

Molte e molti docenti si sono ancorati alle loro “sudate carte” e hanno difeso i contenuti contro le competenze solo perché il disegno di rinnovamento, a tappe forzate, obbligate e pieno di formalità burocratiche, ha tolto loro l’energia per sperimentare diversamente il loro modo di insegnare.

Nessuno pensa che siano le nozioni a qualificare la scuola, tuttavia l’imposizione di una didattica per competenze senza una riflessione approfondita sulle finalità della scuola nel suo insieme, è stato come voler curare un malato con gli zuccherini senza conoscere a fondo la malattia di cui soffre.

Una riflessione aperta e franca è necessaria al rinnovamento reale della scuola; non può essere fatta da esperti – i quali possono al massimo favorire il confronto sulle idee – e deve coinvolgere attivamente coloro che quotidianamente vivono e lavorano nella scuola.

Le innovazioni didattiche sono una manna quando possono essere liberamente scelte e se han trovato lo spazio per essere sperimentate. Dal momento in cui vengono più o meno velatamente imposte, quel che si ottiene è solamente una loro applicazione formale, il che non conduce affatto al risultato desiderato.

Si ricordi Ministro: la vera ricchezza della scuola italiana è la diversità di approcci pedagogici (dai più tradizionali ai più innovativi) a cui sono esposte/i le/gli studenti.

Lei, Ministro, ha una grande occasione, ovvero quella di sfruttare la fame di rinnovamento reale che si respira nelle aule e nei corridoi delle nostre – brutte perlopiù – ma amate scuole.

Credo, insieme a molte colleghe e molti colleghi, di poterle suggerire qualche operazione semplice e altre molto più complesse e indispensabili a un ripensamento del sistema scolastico italiano.

Perlustri in lungo e in largo le scuole di provincia, le scuole delle frontiere cittadine, si accorga del disagio che molte e molti esprimono, ma anche delle passioni e delle grandi energie che vi vengono elargite.

Riduca drasticamente il numero di alunni per classe; ne ha l’occasione, considerato il significativo calo demografico in corso nel nostro paese.
Imponga uno snellimento burocratico, una semplificazione operativa, una riduzione delle incombenze che rubano tempo al nostro studio, alla nostra programmazione delle esperienze didattiche e alla nostra vita.

Consideri la possibilità di offrire ai docenti di ogni ordine e grado un anno sabbatico retribuito (almeno uno in tutta la carriera!) per poter studiare, riposare, rinnovarsi.

Consenta alle e ai docenti di frequentare corsi di lingua, disciplinari o di prendere seconde lauree deducendo interamente quei costi dalle loro dichiarazioni dei redditi.

Faccia in modo che le/i docenti con anni di esperienza possano, qualora sentano il bisogno di ridurre le ore in classe, dedicarsi alle attività di preparazione di chi entra nel mondo della scuola.

Utilizzi le sue migliori risorse di comunicazione per condurre una campagna mediatica che valorizzi chi lavora o studia nel ramo tecnico e professionale delle scuole superiori, affinché si possa ricominciare a fare della scuola un luogo per ridurre le ingiustizie.

Le scuole non sono parcheggi, in attesa che la bomba sociale esploda. Le bombe sociali vanno disinnescate proprio attraverso la scuola.

Favorisca un ripensamento dei ruoli e delle finalità dei diversi ordini scolastici perché non basta dotare le aule di LIM, aprire le classi o destrutturarle; è necessario definire quali sono le finalità per le quali lo si sta facendo.

Si assuma l’onere di ripensare le nostre scuole, dotandole di quanto è necessario affinché le/i docenti abbiano un loro spazio di lavoro (dotato di tutto il materiale), le/gli studenti abbiano spazi di aggregazione, mense per i rientri pomeridiani e le attività extracurricolari. Solo così le scuole possono aspirare a essere anche centri di educazione permanente, nonché presidi di democrazia e giustizia sociale in ogni angolo del nostro territorio.

Faccia in modo che il governo di cui fa parte investa cospicue somme nell’edilizia scolastica affinché questo luoghi possano essere accoglienti, belli, sostenibili e facciano da volano alla voglia di imparare e insegnare.

Riconosca agli operatori e alle operatrici della scuola un giusto riconoscimento economico. Non lavoriamo meno dei nostri colleghi europei e, quindi, perché non essere parificati anche sul piano dei loro stipendi e del loro riconoscimento sociale?

A tal proposito, si faccia promotore di una campagna di comunicazione per far capire a chi non lavora nella scuola, che non godiamo di tre mesi di vacanza e che il nostro lavoro non è né leggero né improduttivo. Abbiamo più vacanze di molti altre/i lavoratrici e lavoratori, ma operare nella scuola con passione e dedizione consuma moltissime energie. Quelle diverse settimane di riposo sono la necessaria ricarica per continuare a dedicarsi con immutata generosità al nostro lavoro, ma anche un tempo dedicato a leggere, raccogliere spunti, nutrirsi di cultura al fine di rinnovarsi costantemente. La narrazione popolare del docente che lavora solo mezza giornata e ha mesi e mesi di vacanze è un’immagine ingiusta e frustrante.

Consenta di ripensare un modo di fare valutare il sistema scolastico tenendo conto dei punti di partenza, degli investimenti e dell’organizzazione, del luogo in cui la scuola si trova a operare, della provenienza e socio-economica come variabile imprescindibile per leggere tutti i risultati. Non si valuta solo attribuendo percentuali, perché una valutazione seria serve a modificare, non a mortificare le scuole.
Si faccia carico di affrontare con serietà le disabilità degli alunni con un piano di assunzione di docenti di sostegno per un numero sufficiente di ore. Non è pensabile andare avanti con la prassi attuale: 6/9 ore ad alunno in modo che un docente sia distribuito su 2/3 casi. Andare avanti così significa non garantire il giusto tempo per l’apprendimento di questi ragazzi che necessitano della massima attenzione. L’inserimento e l’accoglienza di questi alunni sono un fiore all’occhiello della nostra scuola, che in altre realtà europee non sempre è presente e quindi dovremmo prendercene particolare cura.

Doti ogni scuola di psicopedagogisti a tempo pieno per affrontare le difficoltà quotidiane di studenti, docenti e famiglie. Figure tanto più necessarie a fronte dei tanti disagi adolescenziali che non possiamo e non dobbiamo mai sottovalutare e che come docenti non possiamo affrontare con la dovuta professionalità.

Offra a studentesse e studenti occasioni per sperimentare tutti i linguaggi e i saperi, consentendo così anche a chi non ha possibilità di mettere in gioco i propri talenti di scoprirli e giocarseli. Solo così si può generare energia e promuovere davvero pari opportunità.

Le auguriamo buon lavoro.

 

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