Docenti e ATA da enti locali assunti al Ministero Istruzione: Italia condannata da Strasburgo a risarcire differenze retributive. Sentenza

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La I Sezione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, con la Sentenza del 30 gennaio 2020, ha condannato lo Stato italiano a risarcire venti dipendenti della scuola che, nel passaggio dal datore di lavoro ente locale al Miur, si erano visti diminuire il trattamento retributivo e sacrificare la progressione di carriera.

La vicenda

I venti italiani che hanno interpellato Strasburgo, inizialmente, erano stati impiegati dalle autorità locali, presso delle scuole statali, con diverse qualifiche:

  • docenti,
  • assistenti amministrativi,
  • assistenti tecnici,
  • funzionari amministrativi,
  • assistenti didattici di laboratorio.

Il passaggio dall’ente locale al Miur

A decorrere dal gennaio 2000, in virtù dell’art. 8 della L. n. 124/99 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico), venivano trasferiti sotto l’egida del MIUR.

Il calcolo della retribuzione da parte dei due datori

La retribuzione, nel corso del rapporto con l’ente locale, consisteva in:

  • uno stipendio di base,
  • ulteriori elementi retributivi aggiuntivi.

A differenza del regime di remunerazione gestito dalle autorità locali, lo stipendio per i dipendenti del MIUR veniva calcolato secondo il metodo dell’aumento progressivo, nel corso degli anni, della paga base, ed in considerazione della durata del servizio.

Le cause nazionali

Secondo la dizione dell’art. 8, a tale personale doveva essere riconosciuta, ai fini giuridici ed economici, l’anzianità maturata presso l’ente locale di provenienza. Non avendo ottenuto il pieno riconoscimento della durata di servizio presso gli enti locali, i ricorrenti hanno adito la giustizia nazionale, sostenendo che la conversione della loro la retribuzione, nel servizio presso il nuovo datore di lavoro (MIUR), al momento del trasferimento, era stata illegittima e dannosa, quindi avevano richiesto l’inserimento nel grado professionale corrispondente alla loro intera durata del servizio, a partire dalla data del trasferimento, come pure la determinazione di ogni indennizzo loro spettante.

L’influenza della legge finanziaria 2006 sull’esito delle cause

Nel corso dei procedimenti, pendenti a diversi livelli di giurisdizione, veniva emanata la legge finanziaria 2006 (articolo 1, c. 218, l. n. 266/2005) che aveva assegnato una determinata interpretazione all’art. 8 della l. n. 124. I giudici nazionali hanno quindi accolto la tesi difensiva del MIUR, respingendo le pretese dei ricorrenti, e ciò in base a due riferimenti:

  • l’art. 1 c. 218 della legge finanziaria 2006,
  • le sentenze della Corte Costituzionale n. 234 del 2007 e 311 del 2009.

La violazione del diritto ad un processo equo

I ricorrenti hanno lamentato che la sopravvenuta entrata in vigore della finanziaria 2006 aveva interferito sui procedimenti giudiziari che gli stessi avevano intrapreso, così influenzando il loro diritto a un processo equo, con l’effetto di aver violato l’art. 6 della CEDU, secondo cui ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge. La Corte di Strasburgo, nel condividere la tesi degli operatori scolastici, ha infatti ritenuto che l’interferenza legislativa causata dall’applicazione delle disposizioni retroattive (quelle contenute nella finanziaria 2006) alle cause già pendenti, al fine di determinarne l’esito, non può essere giustificato da motivi di interesse generale, così riconoscendo la violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione.

La compromissione della progressione di carriera

I ricorrenti hanno inoltre invocato la violazione dell’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Cedu), sostenendo di aver visto la loro progressione professionale influenzata negativamente dall’applicazione delle norme retroattive contenute nella finanziaria 2006, specificando di essere stati privati di una serie di prestazioni al momento del trasferimento al Miur, come i premi di prestazione. Più in particolare, i ricorrenti hanno evidenziato gli importi corrispondenti alla differenza tra lo stipendio percepito dalla data del trasferimento e lo stipendio che avrebbe dovuto essere loro versato sulla base del riconoscimento della loro durata di servizio, come accumulato presso le autorità locali. I ricorrenti hanno fatto riferimento alla scala retributiva applicabile presso il Miur, mettendo in risalto la differenza tra il grado professionale assegnato al momento del trasferimento e il grado che avrebbero avuto se l’interferenza legislativa controversa non si fosse verificata.

La condanna dello Stato italiano

In base alla riconosciuta violazione dell’art. 6, paragrafo 1, della Cedu, e dell’art. 1 del protocollo addizionale alla Cedu, lo Stato italiano è stato condannato a pagare, ai venti richiedenti, entro tre mesi dalla data in cui la sentenza diventerà definitiva:

  • i danni pecuniari (differenze salariali e da compromessa progressione di carriera),
  • i danni non pecuniari,
  • le spese di giustizia,
  • gli interessi.

Testo sentenza

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