Docenti di terza fascia: il rischio è quello di non lavorare più. Lettera

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Lettera al Presidente della Repubblica – Anna D’Agostino  –  Presidente, sono una persona, una donna, un’insegnante precaria di terza fascia della provincia di Firenze.

Mi rivolgo a Lei perché da questo autunno vivo uno stato d’angoscia tale da impedirmi di condurre un’esistenza degna d’esser chiamata vita, mi sento ridotta all’impotenza da un sistema che sta stritolando me e migliaia di altri insieme a me. Sono certa che già conosce la situazione della mia categoria, ma le chiedo qualche minuto per leggere la mia storia, unica come quelle di tutti i miei colleghi.

Sono approdata all’insegnamento tardi, a 34 anni, dopo un percorso di vita tortuoso, ho perso diversi treni a pagamento (SSIS, TFA, PAS), dopo i primi due anni di incarichi saltuari finalmente sono arrivati quelli temporanei ma prolungati, che mi hanno consentito di maturare una certa esperienza sul campo, tre anni fa ho cominciato ad essere destinataria di incarichi al 30 giugno, sempre nella stessa scuola. Poco fa, mentre camminavo facevo il conto: è il sesto anno che insegno per almeno 180 giorni. In questo periodo della mia vita ho avuto riconoscimenti e soddisfazioni dai miei colleghi, dai dirigenti, ma soprattutto dai ragazzi e dai loro genitori, solo lo Stato non mi riconosce lo strenuo e costante lavoro che compio, non un euro è stato speso per il mio aggiornamento e per la mia formazione, non solo, mi si chiede denaro per partecipare ad un TFA per il sostegno (150 euro per accedere alla prova preselettiva e tra i 2500 e i 3500 per il corso da frequentare presso l’Università) bandito in poco più di un mese, le cui prove preselettive si terranno nei giorni in cui porterò i miei ragazzi di terza media in gita…

Torno al dunque, questo Governo ha partorito un sistema di reclutamento del personale docente diverso dal precedente, più diretto, non so se questo sia un bene, ma di certo è inadeguato per far fronte a quella che diventerà un’emergenza sociale a meno che non vi si metta mano seriamente. Ad oggi neolaureati e precari e precari storici accederanno ad un concorso “calderone” che prevede tre prove, per superare le quali saranno indispensabili una preparazione nozionistica ed una forte dose di fortuna, non verrà selezionato chi sa insegnare, ma chi ha un’ottima memoria e una sorte favorevole. Come si può pensare che persone che vantano anni di servizio e si sono formate e professionalizzate attraverso l’esperienza, criterio discriminante in senso positivo in qualsiasi altro contesto, siano sottoposte a queste forche caudine? Non è solo l’umiliazione che brucia, ma il terrore di non avere più il lavoro che si ama, il terrore di non avere più un lavoro per guadagnare il necessario per vivere, perché la maggior parte di noi di terza fascia non è più giovane (fa specie scrivere che a 41 anni non sono più considerata giovane): abbiamo tra i quaranta e i cinquant’anni, siamo fuori dal mercato.

Presidente, in classe dico ai miei alunni che Lei ha la funzione di garantire il rispetto della Costituzione, ebbene, proprio secondo la Costituzione il lavoro è il valore su cui è fondata la nostra Repubblica, è un dovere ma anche un diritto e questo Governo lo sta negando a migliaia di persone. Mi sento una persona, una lavoratrice “usa e getta”. Qualche politico ha detto che sono stati vinti alcuni ricorsi che hanno reso impraticabile la strada del concorso riservato, questo non è accettabile.

Le chiedo di farsi portavoce mio e della mia categoria, chiedo la stabilizzazione della posizione lavorativa mia e di tutti coloro che condividono con me questa situazione a dir poco incresciosa.

Da tempo chi è al potere ha deciso di essere cieco e sordo rispetto alle richieste dei cittadini, mai quanto ora mi sento inascoltata, invisibile, io invece esisto ed ho un ruolo importante: da anni formo coloro che saranno gli adulti di domani. La prego di aiutarmi a farmi sentire.

La ringrazio dell’attenzione e del tempo che mi dedicherà e le porgo i miei

Distinti saluti

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