Docente polemico e contrastivo può essere trasferito per incompatibilità ambientale. La sentenza

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Il Cons. Stato Sez. VI, Sent., (ud. 22-02-2018) 24-04-2018, n. 2487 affronta un fatto accaduto negli anni ‘90. nello specifico un docente a causa di numerose e reiterate situazioni d’incomprensione e di contrasto con il dirigente scolastico pro tempore dell’Istituto stesso, subì un procedimento di trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale

Gli furono contestati:

  1. continui rilievi verso tutta l’attività svolta dalla Preside fin dal di lei insediamento nell’Istituto, anche con azioni persecutorie;
  2. continue richieste e minacce al personale di segreteria, che manifestò il proprio disagio per tali comportamenti;
  3. intralcio alle attività scolastiche, nonché continui ostacoli al funzionamento degli organi collegiali, con disagi per colleghi, alunni e genitori; – su conforme parere del CNPI, il Provveditore agli studi di Milano emanò quindi il decreto n. 1658 del 6 ottobre 1994, disponendo il trasferimento d’ufficio, per incompatibilità ambientale.

Tale trasferimento fu statuito a causa dell’oggettiva tensione tra il docente e le varie componenti scolastiche dell’Istituto d’originaria appartenenza e per la persistenza di tal suo comportamento, con rischio di ulteriore e pericoloso deterioramento di tal conflittualità.

Così i Giudici in diritto esprimono principi di diritto interessanti che interessano l’esercizio della professione docente:

il trasferimento d’ufficio del pubblico dipendente, per ragioni d’incompatibilità ambientale, è non già una sanzione disciplinare (cfr., p.es., Cons. St., III, 2 febbraio 2012 n. 558), ma una misura per far cessare, con l’immediatezza dell’effetto proprio di tal statuizione, i comportamenti lesivi del prestigio e della funzionalità dell’ufficio cui il dipendente è addetto, quand’anche coinvolgano terzi e al di là della loro rilevanza disciplinare (arg. ex Cons. St., III, 22 agosto 2012 n. 4587; id., 9 aprile 2013 n. 1955); – tal trasferimento, espressione d’una potestà amministrativa latamente discrezionale (arg. ex Cons. St., VI, 11 luglio 1991 n. 452), vuol evitare il perpetuarsi di atteggiamenti del dipendente non improntati a fedeltà istituzionale e collaborazione con colleghi e superiori e, perciò, atti ad ingenerare discredito ed a minare l’ordinario e sereno svolgimento del servizio; – la mancata preservazione di tali valori nello svolgimento dell’ attività di servizio, già in sé nociva, lo è a più forte ragione nei settori sensibili educativo e scolastico, ove l’art. 33, I c., Cost. accorda sì la libertà d’insegnamento, che però s’accompagna ad un sovrappiù di autoresponsabilità in base agli artt. 2 e 97 Cost. e pretende comportamenti di buona fede in ogni manifestazione della funzione del docente;- la correttezza e la buona fede, che sono regole deontiche obbligatorie in ogni contesto ove opera il docente, gli impone un’attività aperta e collaborativa, ossia proprio l’opposto da quel che s’evince dalla relazione della visita ispettiva del 19 e 20 aprile 1993 (in atti) e da altri documenti di causa, in cui l’isp. D.S. dice, con un tono assai meno conciliante di quanto scritto in precedenza, che il prof. S. tentò sempre di appigliarsi a “… qualsiasi cavillo o sottocomma…” per contestare la dirigente scolastica;- a ben vedere, da tali atti emerge costante e mai modificato l’atteggiamento, a tratti ostile e sempre conflittuale del prof. S. verso la Preside, al di là della poca o insufficiente duttilità manageriale di quest’ultima, ma nonostante ella gli avesse offerto da subito un posto di diretta collaborazione con la Presidenza;- non è vero quanto afferma l’appellante, poiché egli si pose fin dall’inizio in contrasto con la stessa Preside e, quantunque ella ebbe alcuni comportamenti scontrosi o anche inopportuni -denotando, per vero, un’insufficiente dimestichezza con buoni stili di direzione scolastica-, il prof. S. non intese avere alcun approccio lealmente collaborativo e, anzi, tese a creare situazioni al limite; – sintomatico di ciò appare agli occhi del Collegio quel che l’appellante fece al Collegio dei docenti in data 9 novembre 1992, quando egli mise in opera un’inutile, quanto illegittima e grave polemica, pretendendo a tutti i costi di parlare, prima degli argomenti rilevanti all’ODG, su quel che credette essere un uso anomalo, da parte della Preside, della voce Varie ed eventuali, sì da ulteriormente alimentare una bagarre pretestuosa in un contesto istituzionale rilevante e ben esposti nella citata relazione ispettiva; – sebbene la relazione stessa non suggerì il trasferimento dell’appellante, né della Preside, non può sfuggire al Collegio quanto l’isp. D.S. colà disse, sui rapporti tra i due, affermando che “… in questo prolungato e articolato contenzioso, compreso quanto lamentato… dal Prof. S. (con impressionante metodica demolitrice di ogni azione o decisione della Preside), è mancato di fatto un vero colloquio chiarificatore…”; – rettamente, quindi e già solo per questi fatti perlopiù pretestuosi, il Provveditore dispose per il prof. S. il trasferimento, che s’appalesa così immune dai vizi da lui contestati (specie quelli circa l’insussistenza di fatti rilevanti), come corretta è pure la statuizione del TAR; – in definitiva, l’appello va rigettato, ma giusti motivi suggeriscono la compensazione integrale, tra le parti, delle spese del presente giudizio.”

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