Docente offende verbalmente gli studenti, dà calci a sedie e zaini. Cosa deve fare il dirigente

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“Pazzi per la Scuola” è il libro che ho pubblicato nel 2010: gli insegnanti potevano parafrasarne il titolo come più conveniva loro: “innamorati pazzi della scuola”, “la scuola rende pazzi”, “a scuola circolano dei pazzi”.

La realtà insegna che tutte e tre le interpretazioni potevano andare bene, a seconda del lettore. A testimoniare quanto sopra ecco un episodio paradigmatico, ampiamente camuffato per motivi di privacy. La storia non è tanto significativa per le stramberie commesse dalla protagonista, quanto per l’incapacità del dirigente a gestirla. Questi infatti dispone di un unico strumento per intervenire risolutamente: l’accertamento medico d’ufficio e contestuale sospensione cautelare ai sensi del DPR 171/11. La vicenda non vuole fungere da richiamo al preside di turno, peraltro incappato in una situazione complessa e non comune, ma desidera essere d’auspicio che i dirigenti possano essere finalmente formati dal MIUR circa le loro incombenze medico-legali: formazione peraltro prevista per legge dal lontano DM 382/98.

La vicenda

Scrive un genitore.

Gentile dottore, approfitto della sua disponibilità per un parere e un confronto sulla vicenda che le sto per descrivere. A novembre scorso, dopo poche settimane dall’insediamento della supplente della cattedra di Geografia in due terze di un Liceo Classico, diversi genitori, tra cui io, prendiamo coscienza che qualcosa non sta funzionando durante le lezioni a partire dalle numerose azioni disciplinari adottate dalla docente nei confronti degli alunni e degli insulti e provocazioni verbali, tra cui questi comportamenti denunciati dagli studenti:

  • rispondere urlando alla richiesta di spiegazioni per i voti attribuiti alle verifiche scritte;
  • assegnare note disciplinari in maniera arbitraria e ingiustificata seguendo criteri alfabetici e non di responsabilità soggettiva (note assegnate anche ad alunni assenti);
  • assumere atteggiamento di sfida portando il viso a distanza ravvicinata da quello dei ragazzi;
  • sequestrare penne, fogli e banchi agli studenti;
  • colpire con calci sedie e zaini;
  • offendere verbalmente gli alunni con frasi e parole del genere “donna inutile”, “cretino”, “deficiente”, “avete rotto i co……”.

A metà anno, durante un acceso confronto con la classe, la docente proibiva a una studentessa di prendere parola e le impediva fisicamente di andare dal preside per denunciare il trattamento subito.

Il caso volle che lo stesso giorno la scuola avesse organizzato un incontro con i genitori che permise a una rappresentanza di genitori di incontrare la docente, alla presenza di altri insegnanti.

Il quadro che ci si presentò davanti fu estremante preoccupante. La percezione comune fu quella di non trattarsi di questioni puramente didattiche o disciplinari. La professoressa, alla richiesta di chiarimenti, si espresse con un inquietante crescendo di esternazioni e manifestazioni gestuali, con argomentazioni incomprensibili e fuori contesto quali il richiamo all’eccesso di “amore genitoriale”, alla posizione dei “terrapiattisti”, al “sequestro dei banchi” e al “metodo del tappo” (nelle proprie orecchie). A nulla valsero i tentativi di riportare il confronto su un piano di maggior razionalità,  poiché la docente mostrava segni di scarso equilibrio psico-emotivo che generò un clima di forte disagio tra i presenti.

A distanza di pochi giorni scrivemmo una lettera al dirigente nella quale gli chiedevamo di avviare rapidi accertamenti, sentendo anche il corpo docente delle classi interessate, e di prendere tutte le precauzioni del caso per evitare che la situazione potesse degenerare in episodi potenzialmente pericolosi. Credevamo che un intervento rapido e risolutivo non potesse essere rinviato, per il bene dei ragazzi e del loro percorso formativo nonché per la salvaguardia dell’equilibrio psicofisico della stessa insegnante. A distanza di due settimane rinnovammo le richieste al dirigente chiedendogli di incontrarlo quanto prima. L’incontro avvenne quasi subito e il dirigente ci comunicò di aver contestato i comportamenti anomali alla professoressa invitandola a “evitare” eccessi, ma – sosteneva – in assenza di una denuncia precisa e circostanziata da parte di noi genitori su singoli episodi, non avrebbe potuto intervenire con eventuali ulteriori azioni disciplinari.

Nel frattempo, la docente assunse un atteggiamento “remissivo” nei confronti degli alunni, una sorta di “convivenza tollerata” ma dall’equilibrio assai precario.

Di fronte all’inerzia della scuola ad affrontare il problema, per rimandarlo alla fine dell’anno scolastico, fu chiesto un secondo incontro con il dirigente che ribadì l’impotenza a intervenire senza fatti specifici denunciati. Il preside scartava altresì l’ipotesi della riduzione di orario perché era “sconveniente cambiare l’orario in corso d’anno”.

Nel corso di una recente lezione, oltre alle “anormali” azioni e reazioni docente-classe di fronte alle proteste di mio figlio che non voleva che il suo zaino venisse preso a calci dalla professoressa, questa, iniziando a inveire contro tutti gli studenti con frasi (“andate aff……, str…., vi nascondete dietro le gonne delle vostre famiglie che si vanno a lamentare dal preside e io non posso fare niente, neanche darvi le note”) e gesti (mostrando il dito medio) si dirigeva contro il ragazzo che stava in piedi in fondo alla classe, lo spingeva con le spalle al muro per poi portargli entrambe le mani intorno al collo. A quel punto intervenivano i compagni e un docente, entrato nel frattempo nell’aula a seguito delle urla, e allontanavano la professoressa.

Successivamente abbiamo saputo dal preside che la docente era intenzionata a dare le dimissioni dall’incarico e che si era ripresentata a scuola ma non era stata fatta entrare.

Pur non avendo competenze mediche era evidente che le condizioni di equilibrio psichico della docente richiedessero un parere medico e le resistenze del dirigente ad assumere provvedimenti hanno messo a forte rischio l’incolumità dell’utenza scolastica ed in particolare di mio figlio.

Vorrei capire, secondo lei, quali azioni dovrebbe adottare il dirigente per tutelare lavoratori e utenza, in questa o situazioni analoghe.

Grazie e a presto.

Riflessioni. Siamo di fronte a un caso di evidente psicopatologia (disturbo psicotico?) che va accertato al più presto nelle debite sedi. Di fronte a una sintomatologia così ricca ed eloquente (discorsi sconclusionati, deliri persecutori, “insalate di parole”, aggressività fisica e verbale, minacce, insulti reiterati, urla, atteggiamenti di sfida, assegnazioni di note senza motivo e criterio anche a studenti assenti etc) il dirigente, senza indugiare, ha il dovere di richiedere l’Accertamento medico d’ufficio in Collegio Medico di Verifica ai sensi dell’art. 3 del DPR 171/2011. Contestualmente, per mettere al riparo da rischi i ragazzi, deve chiedere la sospensione cautelare immediata fino ad esecuzione della suddetta visita medica collegiale che stabilirà se il docente è idoneo all’insegnamento. A tal fine è assai importante che i genitori forniscano al dirigente tutta la documentazione scritta attestante le “stranezze” del docente citando fatti, circostanze, episodi, testimoni etc senza mai esprimere giudizi o opinioni di sorta sulla docente. Anche le famiglie sembrano essere consapevoli, di fronte ai copiosi segni clinici del caso, che si tratta di un problema medico e non di cattiveria o indole perversa dell’insegnante. Altra cosa importante è che il dirigente consulti il fascicolo personale del docente per vedere se vi sono episodi simili nelle scuole precedenti o negli anni recenti (verosimilmente in questo caso il riscontro sarà positivo). A tale fine può certamente chiedere notizia ai dirigenti che hanno eventualmente avuto in carico la docente prima di lui. Del tutto sconsigliabile, se non censurabile, l’immobilismo burocratico dietro al quale il dirigente scolastico si trincera: in tal modo rimane doppiamente inadempiente (reato omissivo ai sensi del 2° comma, art. 40 cpp) di fronte al dovere di tutelare la salute del lavoratore e l’incolumità dell’utenza.

Da sottolineare infine quanto riferisce il dirigente ai genitori (“…che la docente era intenzionata a dare le dimissioni dall’incarico e che si era ripresentata a scuola ma non era stata fatta entrare). Non riuscendo a tamponare la vicenda con artifici burocratici, il preside spera ingenuamente nelle dimissioni spontanee della docente del tutto inattendibili. Infatti, la professoressa allontanata dalla scuola (sarebbe bello sapere in quale modo: malattia? Sospensione? Aspettativa? Altro?) vuole rientrare a ogni costo ma le viene impedito l’ingresso nell’Istituto. L’atteggiamento dell’insegnante non sorprende perché questo tipo di pazienti ha una vita di relazione decisamente povera (non sposato/accompagnato), se non addirittura nulla, e la vita scolastica professionale rappresenta l’unico aggancio col mondo esterno cui non possono rinunciare.

Da ultimo, varrebbe la pena accertare se, ed eventualmente come, il dirigente ha attuato nella scuola la prevenzione di legge dello Stress Lavoro Correlato (art. 28 DL 81/08).

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