Docente chiede a studentessa di sposarlo, sanzione disciplinare o accertamento medico?

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La storia che ci accingiamo a raccontare è piuttosto singolare, e al contempo delicata, così da meritare una particolare attenzione nel nascondere tutti i riferimenti dei fatti occorsi al fine di evitare ogni riconoscimento dei protagonisti.

L’analisi della vicenda tuttavia serve a riflettere sulla correttezza dei comportamenti assunti a carico del docente coinvolto: hanno operato bene e professionalmente il dirigente scolastico, l’USR e il Collegio Medico di Verifica (CMV) seguendo un criterio logico e soprattutto nel rispetto dei reciproci ruoli, delle regole nonché delle competenze? Vediamo i fatti.

La storia

La vicenda vede protagonisti un docente delle scuole superiori di secondo grado e una sua allieva di quasi 18 anni. Per un insieme di ragioni il docente, single, si infatua della sua studentessa e arriva a dichiararle pubblicamente l’intenzione di sposarla. Da qui scatta l’allarme e il docente viene immediatamente sospeso dall’insegnamento in attesa che l’USR si pronunci circa la sanzione da irrogare.

A stretto giro giunge il provvedimento definitivo che sancisce per il professore una sospensione di tre mesi dall’insegnamento e richiede contestualmente un accertamento medico d’ufficio in CMV. Il Collegio Medico esplora in particolare il profilo psichico dell’insegnante che, tuttavia, secondo i certificati specialistici esibiti (provenienti da struttura pubblica), risulta integro e perfettamente compatibile con l’insegnamento. Nonostante i referti psichiatrici, la CMV decreta un’inidoneità temporanea all’insegnamento di un anno. Il docente vuole fare ricorso alla CMO di II istanza a Roma ma viene convinto dal suo medico di fiducia a rinunciare per lasciar passare un po’ di tempo tra l’accaduto e la ripresa dell’insegnamento.

Allo scadere del suddetto periodo di inidoneità all’insegnamento il dirigente della nuova scuola (nel frattempo il docente aveva opportunamente chiesto e ottenuto il trasferimento in altra sede) richiede il nuovo accertamento in CMV specificando quanto segue nella relazione per il Collegio Medico: “…Dalla lettura dei documenti riservati provenienti dalla precedente scuola, sono venuta a conoscenza in modo più dettagliato dei fatti che hanno avuto a protagonista il docente… Tali episodi sono stati sanzionati con tre mesi di sospensione dal servizio e la richiesta di visita medica collegiale in CMV. Si ritiene sia necessario un adeguato approfondimento sulle condizioni psicofisiche del professore che tornerebbe al continuo contatto con adolescenti… Il professore non ha mai fatto menzione con la scrivente dei fatti accaduti nella scuola di provenienza e non ha messo la sottoscritta in condizione di verificare l’effettiva consapevolezza riguardo alla loro gravità”.

Per affrontare il nuovo giudizio della CMV, stavolta il professore decide di ricorrere al sottoscritto come medico di parte per riacquisire la possibilità di tornare a insegnare dopo un anno di attività trascorse in biblioteca e segreteria. Le quattro certificazioni specialistiche (tre psichiatriche e una della Medicina del Lavoro) raccolte nell’arco dell’anno ribadiscono la totale assenza di controindicazioni a riprendere la propria professione e la perfetta idoneità del professore a insegnare, specificando altresì che un quadro psicopatologico potrebbe semmai emergere qualora il docente fosse ancora costretto a non esercitare la sua professione a più di un anno di distanza dello sciagurato episodio.

Sostenuta la visita medica in CMV, il giudizio medico-legale tarda a giungere così da indurre il sottoscritto a chiederne le ragioni. La risposta dalla segreteria però non è rassicurante (“La CMV ha deciso di richiedere un’integrazione della relazione al dirigente scolastico”) e il sottoscritto – su mandato del proprio assistito – telefona alla scuola chiedendo di poter parlare col dirigente scolastico che però non si fa trovare, negandosi ostinatamente. La dirigente dunque non richiamerà mai e dirà successivamente al professore di non aver mai scritto alcuna integrazione per la CMV oltre ad affermare di essere rimasta infastidita dal tentativo del medico di contattarla. Il verdetto della CMV arriverà comunque pochi giorni dopo, decretando, inspiegabilmente, il rinnovo della temporanea inidoneità all’insegnamento per un anno.

Riflessioni

Sono numerosi gli spunti di riflessione che questo episodio ci offre. Proviamo ad affrontarli.

  1. Dobbiamo innanzitutto stabilire se il caso in esame è di competenza disciplinare (e dunque da sanzionare seguendo le ben note procedure) o di competenza medica e, come tale richiedente un accertamento medico: tertium non datur. E’ pertanto incomprensibile il contestuale avvio del procedimento disciplinare con l’accertamento medico d’ufficio.
  2. Per la dirigente invece il procedimento disciplinare e l’accertamento medico hanno la stessa natura al punto da scrivere nella relazione che “…Tali episodi sono stati sanzionati con tre mesi di sospensione dal servizio e la richiesta di visita medica collegiale in CMV”.
  3. La dirigente nega poi un colloquio al medico di parte senza fornire spiegazioni. Il comportamento è certamente da stigmatizzare non tanto per la scortesia mostrata, quanto per non aver accolto, in qualità di datore di lavoro e di responsabile della salute del lavoratore, l’istanza di chi coopera nel prezioso compito di tutelare la salute del suo docente.
  4. Anche in merito ai contenuti la dirigente si contraddice addebitando al professore le sue mancanze. Infatti scrive che “Il professore non ha mai fatto menzione con la scrivente dei fatti accaduti nella scuola di provenienza e non ha messo la sottoscritta in condizione di verificare l’effettiva consapevolezza riguardo alla loro gravità” quando poche righe prima aveva affermato che “Dalla lettura dei documenti riservati provenienti dalla precedente scuola, sono venuta a conoscenza in modo più dettagliato dei fatti che hanno avuto a protagonista il docente”. In altre parole non toccava di certo al professore pubblicizzare i passati eventi presso la sua nuova sede, mentre spettava indubbiamente al preside leggere il fascicolo personale del nuovo venuto acquisendo tutti gli elementi sul nuovo arrivato.
  5. Anche la CMV ha avuto un comportamento difficilmente codificabile. Infatti sia in occasione della prima che della seconda visita è andata contro i pareri espressi dagli specialisti (psichiatri e medici del lavoro) decretando inspiegabilmente l’ennesima inidoneità all’insegnamento.
  6. La CMV ha anche chiesto un’integrazione della relazione sul professore alla dirigente, ma la scuola nega di aver inviato alcunché. Non rimane che effettuare un accesso agli atti per comprendere una dinamica altrimenti inspiegabile.
  7. E’ sconosciuto il ruolo che ha giocato l’USR nella vicenda, tuttavia è noto che un rappresentante del MIUR (datore di lavoro) integra per legge la CMV, in barba al fatto che questi non è un medico, né dovrebbe mai venire a conoscenza di diagnosi riguardante i propri lavoratori.
  8. Il ricorso alla CMO appare pertanto l’unica via possibile per ristabilire la verità circa la condizione di salute psicofisica del professore che vuole tornare a esercitare la sua professione, consapevole di aver sbagliato ma altrettanto determinato a ricominciare ad insegnare.

Conclusioni

Una vicenda pasticciata che, cominciata male, rischia di finire peggio. Una volta appurato che il comportamento del professore doveva essere sanzionato e che lo stesso non era da imputarsi alla sua condizione psichica, tutte le cose avrebbero dovuto tornare al loro posto dopo l’opportuno cambio di sede. Si è invece assistito a un continuo rimpallo di responsabilità tra dirigente scolastico, CMV e verosimilmente USR che hanno, per incompetenza o malafede, miscelato inopinatamente sanzioni disciplinari con provvedimenti medici. Negare ai dirigenti scolastici l’apposita formazione istituzionale circa le loro incombenze medico-legali produce inevitabilmente frutti avvelenati.

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