Docente percepisce per sette anni stipendi non dovuti. E’ truffa? Sentenza Cassazione

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Ne possono accadere di tutti i colori nella scuola, la casistica che si realizza non finirà mai di stupire.

Il caso che ora segue, trattato dalla Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 26-02-2019) 17-04-2019, n. 16817 riguarda il caso di una docente di religione imputata del reato di truffa aggravata per avere omesso di comunicare la cessazione del proprio rapporto di lavoro quale docente di religione ed avere così continuato a percepire gli emolumenti mensili dall’anno 2004 all’anno 2011 a lei erogati dal Ministero dell’Istruzione. Che tipo di reato si tratta? E’ realmente truffa?

Fatto

Nel corso del processo di primo grado il Tribunale aveva revocato l’ammissione di uno dei testi della difesa, il marito dell’imputata, citato per riferire in relazione all’effettiva disponibilità e gestione del conto corrente nel quale veniva accreditato lo stipendio. Decisione questa assunta poichè il teste non era comparso ed il Tribunale aveva ritenuto che l’audizione dello stesso fosse, in relazione ai fatti contestati nell’imputazione, manifestamente superflua. All’esito del processo l’imputata veniva condannata ed avverso la sentenza così pronunciata proponeva appello la difesa deducendo: la violazione di legge quanto alla revoca del teste, per l’audizione del quale chiedeva la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale; l’erroneità della dichiarazione di responsabilità poichè l’imputata avrebbe dovuto essere assolta in quanto la condotta a lei contestata non sarebbe stata alla stessa ascrivibile ovvero perchè non sussisteva l’elemento psicologico richiesto dalla norma; l’erronea determinazione della pena; il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

La Cassazione accoglie il ricorso nei limiti che seguono

Sulla definizione giuridica del fatto

Il principio iura novit curia, d’altro canto, quale regola generale, “di sistema”, in quanto espressione del principio di legalità ed essenza della giurisdizione, impone di ritenere che la questione circa la corretta qualificazione giuridica da attribuire al fatto contestato sia rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado. La definizione giuridica del fatto non è il fatto e che “modificare la definizione giuridica del fatto” non solo non significa modificare il fatto, ma non significa neppure modificare la imputazione, se è vero sia che la correlazione tra la imputazione e la sentenza resta in tutta la sua pienezza anche se viene data al fatto una diversa qualificazione giuridica”; “dare una diversa qualificazione giuridica del fatto vuol dire, in ultima analisi applicare esattamente la legge, vuol dire “ius dicere“; “è innegabile (…) che il principio di legalità, sul quale è fondato il nostro ordinamento, debba valere per ogni momento del processo” (così nella motivazione della sentenza Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, Di Francesco; da ultimo in relazione ad una diversa fattispecie cfr. anche Sez. 1, n. 9427 del 26/09/2017, dep. 2018, T, Rv. 272486 e Sez. 6, n. 4124 del 14/12/2016, dep. 2017, Nicola, Rv. 269441). Per la soluzione della questione e per individuare la corretta qualificazione giuridica non devono essere necessari accertamenti in punto di fatto e gli elementi da valutare devono emergere dalle sentenze di merito (Sez. 2, n. 17235 del 17/01/2018, cit.; Sez. 2, n. 45583 del 15/11/2005, De 3″ Rv. 232773; Sez. 5, n. 8432 del 10/01/2007, Gualtieri; Sez. 1, n. 13387 del 16/05/2013, dep. 2014, Rossi, Rv. 259730).

E’ onere della scuola comunicare la cessazione del rapporto di lavoro del dipendente

Nella condotta dell’imputata descritta nel capo di imputazione (“serbare un malizioso silenzio”) e da quanto emerso nel corso dell’istruttoria dibattimentale (era onere dell’istituto scolastico comunicare al ministero la cessazione del rapporto o qualsiasi variazione contrattuale.) non emerge alcun comportamento qualificabile quale artificio o raggiro, elemento costitutivo del reato di truffa contestato.

Chi percepisce uno stipendio non dovuto con compie truffa, ma indebita percezione

Il comportamento posto in essere dalla ricorrente, caratterizzato appunto dal “malizioso silenzio” è meramente omissivo ed integra la diversa fattispecie di cui all’art. 316 ter c.p.. Come evidenziato da questa Corte in un caso sostanzialmente sovrapponibile, infatti, “integra la fattispecie di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato e non di truffa aggravata, per assenza di un comportamento fraudolento in aggiunta al mero silenzio, la condotta di colui che, percependo periodicamente l’indennità di disoccupazione prevista per legge, ometta di comunicare all’Istituto erogante (I.N.P.S.) l’avvenuta stipula di un contratto di lavoro subordinato e conseguente assunzione, così continuando a percepire, indebitamente, la detta indennità”. (Sez. 2, n. 21000 del 08/02/2011, Impiombato, Rv. 250262).

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