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Dispersione scolastica, servono laboratori. Un esempio di matematica

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Enrico Maranzana – Gli studenti in difficoltà sono l’oggetto delle analisi sulla dispersione scolastica: l’errata identificazione del campo d’indagine ne vizia gli sviluppi.

L’ambito di studio è limitato ai destinatari della comunicazione formativa: le responsabilità dell’emittente sono occultate. Il carattere dialogico dei rapporti educativi è fuori scena.

Il problema “dispersione” avrebbe assunto una connotazione diversa se fosse stato osservato quanto avviene ordinariamente nelle scuole: la ripartizione temporale delle attività di classe è un significativo indicatore. Una scansione verosimile è: 30% destinato alle lezioni cattedratiche, 40% alle verifiche scritte e orali, 10% alle esercitazioni in classe e in laboratorio, 10% alla correzione, 10% alle divagazioni.

Scelta didattica che implica:

  • Una comunicazione unidirezionale e intransitiva.
  • Percorsi tracciati dai libri di testo.
  • L’acritica adesione alle tematiche proposte.
  • La stimolazione dello studio con il voto: una motivazione estrinseca.
  • La subordinazione, l’obbedienza, il senso del dovere.

Scelta didattica insensibile al fatto che la conoscenza è un prodotto finito, statico, l’esito di ricerche, “cosa morta”.

Se il cardine dell’insegnamento fossero i laboratori, in cui gli studenti affrontano i tipici problemi delle discipline, l’attività scolastica si caratterizzerebbe per la specificazione dei risultati attesi, per la formulazione di ipotesi, per la sperimentazione di strategie, per il controllo degli esiti del lavoro svolto. La motivazione all’impegno scolastico sarebbe autentica, perché collegata al successo nelle ricerche.

Un’attività laboratoriale esemplificativa è visibile in rete: “Laboratorio di matematica: Archimede”.

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